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S. Alfonso Maria de Liguori La vera Sposa di Gesù Cristo IntraText CT - Lettura del testo |
Avvertimenti alla badessa.
I. Voglio supponere che voi siate stata eletta superiora non per vostra ambizione ed industria, ma solo per volontà di Dio; altrimenti vi direi che difficilmente riuscirà felice il vostro governo, mancandovi l'aiuto divino, che Dio non concede a chi da lui non è chiamata a tal carica. Narra il P. Leonardo da Porto Maurizio che in un certo monastero moriva una badessa, la quale, benché avesse ricusato un tale ufficio,
pure stava cruciata da molti scrupoli circa il governo tenuto del monastero.1 Or, io dico, che sarà di colei che se l'ha procurato per via d'impegni? Se poi siete stata eletta senza vostra cooperazione, persuadetevi che con tale onore vi vien posta sulle spalle una croce di troppo gran peso e pericolo. Scrisse il P. Torres a sua sorella, quando fu fatta superiora del suo monastero: Preghi Dio che l'assista, acciocché non abbia a morir crepata sotto tante croci, martire senza merito e senza corona.2 Pensate voi pertanto che dovreste render gran conto a Dio, se mai per causa vostra manca l'osservanza e s'introducono abusi. Dicea quel gran padre, il P. Doria scalzo carmelitano, che le religioni più si son rilassate per male di emicrania, che di podagra, cioè più per difetto de' capi che de' piedi:3
e volea dire che la mancanza non tanto è venuta da' sudditi, quanto da' superiori che hanno chiusi gli occhi alle inosservanze ed agli abusi.
Perciò voi, sorella, prima d'entrare al vostro officio, ringraziate le vostre suore dell'onor che v'han fatto, ma poi protestatevi che se accettate la carica per servirle, non volete perder l'anima; onde dite loro che sappiano anticipatamente non esser voi per concedere o permettere a chicchessia cosa in cui vi sia scrupolo di coscienza. Serve ciò affinché le monache non ardiscano poi di pretender cose inconvenienti; e se mai le pretendono, non si aggravino ricevendo la negativa. E così voi potrete governare con maggior libertà di spirito.
II. Invigilate indi all'osservanza delle regole e ad impedire gli abusi, i quali, introdotti una volta nel monastero, è moralmente impossibile che più si tolgano. E non importa che sieno picciole cose, perché col tempo si faranno grandi. Come sono entrati tanti abusi ne' monasteri, specialmente circa la povertà? a principio sono stati minimi, ed appresso si son fatti massimi. Narra il P. Francesco della Croce, carmelitano scalzo, che apparve una badessa dopo sua morte ad una sua confidente, e dissele che molto penava nel purgatorio per aver trascurata nel tempo del suo governo l'osservanza delle regole e l'esecuzione degli ordini del prelato.4 Questa pativa nel purgatorio, ma oimè, quante superiore vedremo nel giorno del giudizio patir nell'inferno, per gli abusi introdotti o permessi in tempo del loro officio! La superiora di più dee girare per
lo monastero, e vedere ed informarsi se si eseguiscono gli ordini dati. A che servono gli ordini, quando non si adempiono? E perciò è meglio dar pochi ordini che sieno osservati, che molti i quali poi sieno negletti. Quando le suddite vedono che la badessa poco si cura se sono eseguite o no le ubbidienze che impone, facilmente poi disprezzano tutto ciò che ella dice.
Invigilate, acciocché ciascuna officiale adempisca il suo obbligo; ma astenetevi poi d'intricarvi molto nei loro offici.
Di più astenetevi di metter nuovi pesi e nuove leggi, perché ciò molto rincresce alle religiose. Quel che dovete procurare è che si osservino le leggi che vi sono. Se nonperò trovaste decaduta l'osservanza di qualche regola, come della frequenza de' sacramenti, dell'assistenza delle ascoltatrici al parlatorio, dell'orazione comune, delle penitenze che prima si usavano a mensa e simili, non sarebbe novità il procurare di rimetterla, anzi siete obbligata a far ciò, per quanto potete.
Invigilate specialmente acciocché nel monastero non vi sieno amicizie particolari, né di fuori né di dentro. E dove voi non potete arrivare, dovete adoprarvi affinché vi ripari il prelato, il quale forse avrà data ad alcuna in buona fede la licenza di parlare, ma quando voi sapete che l'amicizia è cattiva e porta scandalo all'altre, dovete farla intendere al prelato, acciocché rivochi la licenza. In far ciò non vi mancheranno lagnanze, e forse anche ingiurie dalle parti offese, ma non v'è rimedio; quest'obbligo porta seco la carica di superiora, per cui dovete attendere più al bene spirituale che al temporale delle vostre suddite. Qui anche di passaggio vi raccomando a non permettere che le monache dormano accompagnate.
Invigilate ancora acciocché i servienti del monastero non portino alle monache viglietti, né imbasciate inconvenienti: e trovandoli rei, subito licenziateli. Invigilate di più circa dell'ingresso degli uomini, che non entrino quelli che non sono precisamente necessari per li servigi del monastero. Il P. Bartolomeo di S. Carlo nel suo libro: Scuola di verità (Avvert. XXXVI, § 4), rapporta un decreto della S. C., dove si proibisce agli uomini di entrar ne' monasteri, fuorché per quei soli servigi per cui non han forze sufficienti le converse (Piacenza 1614, 6 di giugno). Ivi anche si riferisce un altro decreto, che
chi introduce fanciulli di qualunque età ne' monasteri, incorre le censure di clausura violata (Napoli 1580, 22 di marzo).5
Procurate in oltre che si facciano i capitoli secondo ordina la regola, ed in quelli parlate con fortezza contra i difetti più comuni e specialmente contra gli abusi che vedete introdursi. Non è necessario che facciate la predica, ma bisogna che parliate e vi facciate a sentire.6
III. Se poi volete l'osservanza delle altre, bisogna che voi siate la prima a darne l'esempio. Diceva il B. Giuseppe Calasanzio: Guai a quel superiore, che colle parole esorta ciò che distrugge poi coll'esempio!7 L'abbadessa è posta sul candeliere, donde è osservata da tutte. Come potrà mai pretendere dalle suddite l'assistenza all'orazione, all'Officio divino ed agli altri atti comuni, se ella spesso vi manca? Non avrà neppure animo di parlare; e se parlerà, poco sarà intesa, poiché l'altre più attenderanno a' suoi esempi che alle sue parole. Attendete pertanto ad assistere a tutti gli atti comuni e specialmente all'orazione, della quale la superiora ha più bisogno dell'altre, essendo a lei necessario doppio alimento per se e per le suddite. Nell'orazione dovete particolarmente pregare il Signore che v'assista colla sua luce e col suo aiuto, per ben portare la carica che avete. Procurate ancora di assistere all'Officio divino
ed alla mensa, dove, quando voi mancate, facilmente accaderanno molti sconcerti.
Astenetevi poi con gran cautela da qualunque cosa particolare, tanto nel vitto quanto nel vestire e ne' mobili della cella; ed ordinate alle officiali che non abbiano maggior riguardo a voi che a qualunque conversa; altrimenti, se del superiorato vi servite per li vostri comodi particolari o de' vostri parenti, tenete per certo che non anderete esente dall'ammirazione ed anche dalla mormorazione di tutto il monastero.
IV. Procurate d'esser voi sola a governare il monastero, e non lo fate governare dall'altre. È una cosa che riesce di molta molestia e disturbo alle monache, il dover ubbidire a chi non è superiora. E perciò evitate di dipender sempre dal consiglio d'una sola sorella, e peggio sarebbe poi se questa fosse conversa. Negli affari rilevanti prima raccomandatevi a Dio, indi consigliatevi con più d'una, e poi fate quel che meglio vi pare, attenendovi per lo più al consiglio della maggior parte delle vostre consultrici.
State ancora attenta a trattar tutte con egualità e di non far parzialità ad alcuna, senza necessità d'infermità o d'altra giusta causa. Specialmente nel dispensare gli offici, non vi fate trasportare dalla passione o da qualche rispetto, ma guidatevi colla prudenza cristiana; altrimenti degli sconcerti che ne avverranno, voi ne dovete dar conto a Dio.
V. Siate umile ed affabile con tutte. Figuratevi, quando siete fatta superiora, che voi avete da esser la serva di tutte. Evitate perciò di governare il monastero con alterigia. Coll'umiltà e mansuetudine, non già colla gravità, guadagnerete i cuori delle vostre sorelle, e così le vostre correzioni ed avvisi saran presi con pace. Diceva S. Maria Maddalena de' Pazzi: L'amore e la confidenza sono i vincoli che legano il cuore delle suddite; ma questi vincoli vengono poi sciolti dalla superbia.8 Se voi non vi dimostrate affabile, le suore perderanno
la confidenza di comunicarvi i loro bisogni ed amarezze, di cercarvi le dovute licenze, e di avvisarvi de' disordini del monastero; e così riuscirà infelice il vostro governo. Non basta aver buon cuore; se il tratto è aspro, tutti vi fuggiranno. Bisogna per tanto che benignamente ascoltate tutte quando vengono, senza distinzione; altrimenti poco saprete gli sconcerti che accadono, e tanto meno potrete rimediarvi. E se taluna ha soggezione con voi, animatela con dimostrarvi più affabile verso di lei.
Quando avete da assegnare gli offici o da imponere qualche impiego o da proibire qualche cosa alle monache, astenetevi
di far precetti d'ubbidienza - se non ve ne fosse assoluta necessità in qualche caso raro - e sfuggite quanto potete le parole imperiose e profferite con voce alta. Parlate più presto pregando: Vi prego, sorella, di far la tal cosa. Fatemi la carità, ecc. Mi avete da fare un favore, ecc. Procurate in somma di esser più amata che temuta. Ed a colei che vedete abile a portare solamente dieci libbre, non ce ne imponete venti.
Specialmente siate molto dolce nel far le correzioni. Dice S. Ambrogio: Plus proficit amica correptio quam accusatio turbulenta; illa pudorem incutit, haec indignationem movet. Amicum magis te credat quam inimicum (Lib. VIII, in Luc. c. 18).9 Più profitta una correzione amichevole, che fa conoscere il difetto, che un rimprovero aspro, il quale muove a sdegno: bisogna che 'l corretto vi tenga più per suo affezionato che per avverso. E S. Giovan Grisostomo dice: Vis fratrem corrigere? Lacrima, exhortare, comprehende pedes, osculari non erubescas, si modo mederi vis (Hom. IV, ad pop. Ant.).10 Vuoi vedere il tuo fratello corretto? Piangi, esortalo, abbracciati a' piedi suoi, e non ti vergognare anche, se bisogna, di baciarcigli, se vuoi presto vederlo guarito. - Pertanto tutte le prime correzioni procurate di farle con gran dolcezza ed in particolare; e benché a qualche mancanza vi bisognasse anche la correzione pubblica, per essere stato pubblico il difetto, pure premettete la correzione in segreto colla suora che l'ha commesso, lodandola da una parte delle sue buone qualità, e dall'altra correggendola; e poi ditele che non si aggravi, se le farete la correzione in pubblico, essendo ciò necessario per bene della comunità. Oh quanto più giovano le ammonizioni
fatte così che con asprezza e severità! Quando la superiora si porta con dolcezza, guida le sue suddite, come suol dirsi, con un filo di seta. - Le monache vi chiamano e vi tengono da madre: voi dunque dovete trattarle da figlie con tutto l'affetto. Particolarmente bisogna che usiate carità e prudenza colle monache antiche. Dice S. Gregorio: Iuvenes plerumque severitas admonitionis ad profectum dirigit; senes vero deprecatio blanda.11 Per lo più, dice il santo, co' giovani conviene usar austerità, quando bisogna, come diremo qui appresso; ma co' vecchi bisogna adoprar le preghiere e la dolcezza, dicendo per esempio: Sorella mia, voi sapete quanto vi stimo: vi prego di non mancare alla tal regola. Noi che siamo anziane, bisogna che diamo esempio alle giovani.
Alle volte bisogna aspettare per settimane e mesi il tempo opportuno, acciocché riesca più fruttuosa la correzione. Il rimedio dato a suo tempo all'infermo lo guarisce, dato in altro tempo l'uccide. Talvolta bisogna ancora chiudere gli occhi e dissimulare, fingendo di non vedere il difetto; ciò s'intende quando il difetto è leggiero e si ferma solamente in chi lo commette, e non passa in esempio. Molte cose bisogna rimetterle a Dio, e pregarlo ch'esso vi rimedii. E S. Francesco di Sales, parlando specialmente de' difetti delle monache vecchie scrisse così in una lettera (Lib. IV, lett. 7): Bisogna aver riguardo alle vecchie; queste non possono accomodarsi cosi facilmente; non sono tanto flessibili, perché i nervi dello spirito, come quelli del corpo, già si sono assodati.12
All'incontro quando i difetti son di conseguenza, come se sono di scandalo o di aggravio all'altre monache, o pure si oppongono all'osservanza di qualche regola, allora bisogna parlare. Se voi tacete e dissimulate per non perdere la benevolenza di talune, perderete quella di Dio. Bisogna ancora in certi mali, per esempio, di amicizie o di odiosità accese, non
aspettare, ma dar subito rimedio, perché questi mali quanto più durano, più si rendono irreparabili.
Bisogna nel correggere usar, come si è detto, tutta la dolcezza; ma quando si vede che colla dolcezza non si arriva, bisogna parlar forte, come dice l'Apostolo: Argue, obsecra, increpa (II Tim. IV, 2). La Superiora dee aver cuore di mele nel trattare, ma petto di bronzo nel rimuovere gli abusi e rilasciamenti dell'osservanza. Fra le regole di S. Agostino dicesi che 'l superiore dee adoperar co' sudditi timore ed amore: amore cogli umili e docili, timore co' superbi e duri di testa.13 Dice un autore che certe persone hanno il cuore come vestito di cuoio, che non sente, se non è ferito col ferro. E perciò dove voi non potete arrivare né colla dolcezza né colle parole aspre, bisogna che date di mano alle penitenze, e penitenze anche pesanti, quando è pesante il difetto. Dicea S. Bonaventura che questa è la differenza che corre tra i monasteri osservanti e tra i rilasciati: non già che negli osservanti non ci sieno difetti, perché in ogni luogo non vi sono angeli, ma uomini; ma ne' rilasciati i difetti non si riprendono, ne' riformati si riprendono e si castigano.14
In ciò nondimeno vi prego ad osservare due cautele, acciocché andate sicura di non errare: la prima, di non venire a' castighi - intendo quando il castigo è notabile - se non quando ve n'è assoluta necessità per l'emenda della sorella e per l'esempio dell'altre; le penitenze gravi sono come i ferri infocati, che non si adoprano che nelle cancrene, cioè ne' mali in altro modo incurabili. La seconda, che non operiate
di furia, ma avanti di venire al castigo, prima vi raccomandiate a Dio, indi vi consigliate coll'altre, e poi operiate.
State pertanto avvertita a non dar penitenze e neppure a far correzioni forti, in tempo che state disturbata. Talvolta vi sembrerà giusto il rintuzzar subito l'audacia di alcuna sorella insolente, che forse vi perde il rispetto in vostra presenza; ma allora vi prego ad astenervi di far la correzione, perché facilmente allora la farete con ira; ed ella poco gioverà, stimando la suddita che quella sia più presto effetto di sdegno che di carità. Oltreché quando la suddita sta adirata e le sta offuscata la mente dalla passione, niente le gioverà la correzione. Aspettate perciò allora che si sedi l'adiramento così in voi come in colei, e poi correggete secondo si conviene. E se la correzione dee esser forte, procurate sempre di usar vino ed olio, cioè dopo la correzione dite alla sorella che voi l'amate e che tutto fate per suo bene.
Quando vi sono portate accuse, non vi mettete subito a far correzioni e dar penitenze, ma ascoltate prima la parte ed appurate bene le cose, e poi operate. Spesso accade che si travede, e si prendono per delitti cose che forse non sono neppure difetti leggieri. Alcune superiore sono, come suol dirsi, di primo informo,15 s'impressionano di ciò che prima viene lor riferito, e subito danno di mano a' rimproveri e penitenze; e da ciò ne nascon poi mille disturbi e sconcerti, mentre il fatto sarà andato altrimenti in verità di quel ch'è stato rappresentato.
Dio vi guardi poi che in tempo del vostro governo aveste a vendicarvi contro di alcuna sorella, che si fosse opposta al vostro superiorato, o che v'abbia contraddetto, o sparlato di voi in qualche cosa: guardatevi, dico, di mortificarla o di tenerla umiliata per tal riguardo; questo sarebbe uno scandalo troppo vituperevole. Più presto dovete procurare di onorare una tal sorella, che vi è stata contraria, e preferirla in tutto ciò che potete, senza scrupolo di coscienza. Così darete molto gusto a Dio, e grande edificazione al monastero.
VI. Circa le licenze che vi domandano le suore, state accorta a non conceder mai quelle che aprono la via a qualche abuso, il quale poi possa farsi comune o apporti molestia alle
altre. Queste licenze bisogna negarle con fortezza, senz'alcun riguardo di amicizia, di gratitudine o d'altro rispetto umano. Il compiacere all'altre e far danno all'anima propria, non è carità, ma pazzia.
Altrimenti poi dovete portarvi circa quelle licenze o dispense che son ragionevoli e non recano danno: queste bisogna concederle con facilità, se non volete vedere molte inosservanze della regola, che, commesse senza licenza, sono vere trasgressioni. Perciò i superiori han facoltà di dispensare dalle regole ne' casi particolari, perché non rare volte è necessaria o almeno è utile la dispensa.
VII. Procurate che le sorelle sieno provvedute quanto si può ne' loro bisogni, e specialmente circa i cibi e le vesti. Se 'l monastero è povero e poco può dare, procurate che almeno quel poco sia ben fatto. Dice S. Antonino (3 p. tit. XVI, c. 1, § 2) che il superiore il quale non somministra le cose necessarie a' sudditi, quando comodamente può, e così dà causa a' peculi particolari, non può essere scusato da colpa grave.16 Ma, oh Dio, io dico, qual barbarie è quella di alcune superiore, che per la vanità di far nuove fabbriche e di meglio fornire la chiesa di marmi e d'argenti, fanno patire la comunità! Certi monasteri hanno rendite soverchie, ed all'incontro le povere monache patiscono; ma queste poi, perché non tutte hanno lo spirito di soffrire la mancanza delle cose necessarie, cercano di provvedersi come meglio possono, per vie diritte o storte; lasciano ancora l'orazione e la frequenza de' sagramenti per attendere a' lavori, e così il monastero va a ruina. Siate voi, vi prego, più liberale che stretta colle vostre sorelle nel provvederle, se volete esigerne poi la buona osservanza;
e perciò astenetevi di far nuove cose, che non sono necessarie, se non volete veder meglio aggiustata la casa materiale, e ruinata la spirituale.
Attendete specialmente all'inferme, che sieno ben trattate ed assistite circa le medicine ed i cibi, e procurate loro i maggiori sollievi che potete. La cura delle inferme ha da essere una delle più principali della superiora. Il Signore raccomandò con modo speciale a S. Teresa l'assistenza alle inferme.17 Quando sapete per tanto che alcuna suora sta inferma, subito andate a vederla, e se v'è bisogno di medico, subito fatelo chiamare, e poi raccomandate alle altre che l'assistano; e mentre dura l'infermità, procurate d'informarvi s'è bene assistita, e voi non lasciate ancora di visitarla spesso. Avverte nondimeno il P. Leonardo da Porto Maurizio che con quelle religiose le quali per ogni picciolo male cercano particolarità ed esenzioni dagli atti comuni, la superiora non dee esser molto condiscendente, perché ciò facilmente può causare scandali ed abusi contro la comune osservanza.18
Questo è in quanto alla provvidenza del temporale. Ma molto più vi dee premere poi la provvidenza dello spirituale.
Perciò procurate che si facciano bene, con ritiratezza e divozione gli esercizi spirituali ogni anno per otto o dieci giorni, colle prediche o sieno meditazioni, date dal miglior soggetto che potete avere, ancorché doveste mandarlo a prendere da lontano con qualche spesa: queste spese sono d'assai maggior gloria di Dio, che le spese di musiche, d'apparati e di pasti. E pregatene il prelato ch'esso vi procuri de' buoni soggetti.
Sovra tutto state attenta a far che le vostre monache abbiano il confessore straordinario, almeno due o tre volte l'anno; al quale poi almeno si presentino le sorelle, se non vogliono confessarsi, come ordinò Benedetto XIV nella sua bolla Pastoralis.19 E non vi lusingate che le monache non abbiano bisogno dello straordinario, per ragion che niuna lo cerca; spesso chi ne ha maggior bisogno, meno lo richiede: colei, per non dar sospetto della sua coscienza imbrogliata, non parla; e frattanto, confessandosi coll'ordinario, seguirà a far confessioni e comunioni sagrileghe. Oh che gran conto avran da dare a Dio molte superiore per questa trascuraggine! Vi prego a non essere in ciò trascurata voi. - E quando poi vengono questi confessori straordinari, oppure ordinari nuovi, procurate sempre dar loro le notizie più importanti per lo bene della comunità, acciocché essi sappiano su quali cose debbono più invigilare.
Di più vi raccomando di attendere che nella vostra chiesa si celebrino le Messe con divozione e senza strapazzo di Gesù Cristo. Io già ho scritto in un'Operetta a parte che quei sacerdoti i quali sbrigano la Messa con molta fretta - giungendo alcuni a dirla in meno d'un quarto d'ora - non possono essere scusati da peccato mortale, così per la grave irriverenza che usano verso un tanto sacrificio, come per lo grave scandalo che recano al popolo.20 Or qual vituperio è vedere poi le monache
che, per l'ansia di sentire più Messe, acclamano queste Messe strapazzate e questi indegni sacerdoti che meriterebbero d'esser discacciati da ogni chiesa! Forse in niuna chiesa si strapazzano tanto le Messe, quanto nelle chiese di monache; e perché? perché le monache vogliono le Messe brevi. Che disordine! e replico, che vituperio! Voi pertanto che siete superiora, procurate che dalla vostra chiesa sieno licenziati questi sacerdoti indivoti, che precipitano le Messe. Reca più divozione una Messa divota, che cento Messe dette con fretta e con irriverenza.
VIII. Diciamo ora qualche cosa circa la musica e 'l canto delle monache. In sé il canto nella chiesa è cosa buona, perché si fa in lode di Dio; ma nel canto delle monache, io tengo per certo che ci ha più parte la vanità e 'l demonio che Dio.
Ma, dirà taluna, che male v'è in cantare? Che male v'è? Rispondo per prima che vi è perdita di tempo e di gran tempo; perché la musica è un'arte, che, se non si possiede perfettamente, non solo non alletta, ma positivamente dispiace. - In secondo luogo il canto è causa di mille distrazioni, vanità, disturbi ed irriverenze alla chiesa. Quali irriverenze non succedono nella Settimana Santa, nelle lezioni che cantano le monache in certi monasteri? Vengono i cavalieri non per divozione, ma per sentire quella o quell'altra monaca, e per dire, alzando la voce in fine, bravo, appunto come si pratica ne' teatri. A quel bravo allora fanno eco i demoni, secondo quel che narra il P. Leonardo da Porto Maurizio, scrivendo che in un convento, mentre cantava con molta vanità un certo religioso in chiesa, s'intese una voce: Bravo, bravo! canta, canta. Il frate, più invanito, seguiva a cantare, e la voce seguiva a dire: Bravo, canta, canta. Ma infine poi si vide la chiesa piena di fumo, e s'intese una puzza intollerabile, e così scovrissi chi era quegli che applaudiva a un tal canto.21 Credete
mai voi che una monaca che canta a solo, con canto figurato, dia divozione agli uomini che la sentono? Io per me non lo credo; tentazione si, ma non divozione. - In terzo luogo il canto a taluna può esser occasione di perdere Dio, mentre dovrà prender lezione da uomini, e talvolta da maestri giovani; e non è difficile che colla familiarità il demonio faccia qualche gran guadagno.
Non pensate ch'io dica ciò, perché io sia nemico della musica, perché la musica mi piace, e da secolare vi sono stato molto applicato - meglio mi fossi applicato ad amare Dio; - né disapprovo il canto fermo alle monache, o al più il canto figurato in concerto e a modo di canto fermo. Ma il canto figurato a solo ad una monaca, io dico che affatto non conviene. Pertanto se nel vostro monastero non è introdotto il canto figurato, guardatevi d'introdurlo voi, specialmente, come ho accennato, se le monache dovessero prender lezione dagli uomini. Se poi, per disgrazia del vostro monastero, tal canto è già introdotto, io vi pregherei a far quanto potete per abolirlo. Ma se poi non potete, procurate almeno che non vengano ad insegnarlo maestri giovani.
Per ultimo, voi che siete superiora, avvertite di dare il tempo sufficiente alle sorelle converse di farsi l'orazione, la comunione e qualche altra divozione; altrimenti non vi lamentate poi se quelle sono disubbidienti, superbe e senza divozione. Se voi non date loro il comodo di usare i mezzi per acquistar la divozione, come volete che sieno divote? - Vi prego ancora di raccomandare alle vostre officiali, dopo che avete distribuiti gli offici, che ciascuna legga gli avvertimenti ch'io
soggiungo qui appresso circa i loro impieghi, acciocché ognuna sappia i suoi obblighi principali, e 'l modo come dee portarvisi.