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S. Alfonso Maria de Liguori La vera Sposa di Gesù Cristo IntraText CT - Lettura del testo |
CAPO I. - De' pregi delle vergini che si consagrano a Dio.
1. Le vergini che hanno la sorte di dedicarsi all'amore di Gesù Cristo, con consagrargli il giglio della loro purità, elle primieramente diventano care a Dio, come gli son cari gli angeli: Erunt sicut angeli Dei in caelo (Matth. XXII, 30). Ciò opera la virtù della castità. Quindi disse S. Ambrogio che chi conserva questa virtù è angelo, chi la perde è demonio: Castitas angelos facit; qui eam servavit, angelus est; qui perdidit, diabolus (S. Ambr., Lib. I, de offic.).1 Narra il Baronio (Anno 480, n. 23, in compend.) che morendo una verginella, chiamata Georgia, si vide volarle d'intorno una gran moltitudine di colombe, le quali, portatosi poi il di lei corpo alla chiesa, si posarono sul tetto e propriamente su quella parte che corrispondeva al luogo del cadavere, e si videro ivi stare sino che quello fu seppellito; e tali colombe furon da tutti giudicati angeli, che facean corteggio a quel corpo verginale.2 Con
ragione chiamasi la verginità virtù angelica e celeste, mentre, come dice lo stesso S. Ambrogio, questa virtù ha trovato nel cielo ciò che dee imitar sulla terra; mentr'ella in cielo ha ritrovato il suo esercizio, non ritrovando altrove che in cielo il suo proprio sposo: E caelo accersivit quod imitaretur in terris; usum quaesivit e caelo, quae sponsum sibi invenit in caelo (S. Ambr., Lib. de Virg.).3
2. Inoltre una vergine che dedica la sua verginità a Gesù Cristo, ella diventa sposa di Gesù Cristo; onde l'Apostolo non dubitò di dire, scrivendo a' suoi discepoli: Despondi... vos uni viro virginem castam exhibere Christo (II Cor. XI, 2): Io ho promesso a Gesù Cristo di presentargli le anime vostre come tante caste spose. E Gesù medesimo nel Vangelo, nella parabola delle vergini, voll'essere chiamato il loro sposo: Exierunt obviam sponso... Introierunt cum eo ad nuptias (Matth. XXV, 1, 10). Perciò il nostro Salvatore, parlandosi dell'altre persone, fa chiamarsi maestro, pastore o padre; ma parlandosi delle vergini, si fa chiamare sposo. Quindi scrisse S. Gregorio Nazianzeno quel nobil verso: Castaque virginitas decoratur coniuge Christo.4 Un tale sposalizio si fa per mezzo della fede: Sponsabo te mihi in fide (Osee II, 20). Questa virtù della verginità è stata specialmente meritata agli uomini da Gesù Cristo, che per ciò si dice che le vergini sieguono l'Agnello: Sequuntur Agnum quocumque ierit (Apoc. XIV, 4). Disse la divina Madre ad un'anima che una sposa di Gesù Cristo dee amar tutte le virtù, ma singolarmente la purità, perché questa maggiormente la rende simile al suo divino sposo.5 E S. Antonio di Padova scrisse che quantunque tutte l'anime giuste sono spose del Signore, secondo quel che già disse prima
S. Bernardo: Sponsa nos ipsi sumus, et omnes simul una sponsa, et animae singulorum quasi singulae sponsae (Serm. II, in dom. I post. Epiph.);6 nulladimeno specialmente sono sue spose le vergini a Dio consagrate: Omnes animae sponsae sunt Christi, specialius tamen virgines (S. Ant. Pad., Serm. de Virg.).7 Onde da S. Fulgenzio è chiamato Gesù Cristo lo sposo di tutte le sagre vergini: Unus omnium sacrarum virginum sponsus (S. Fulg., Ep. III, cap. 4).8
3. Ora una donzella che vuol pigliare stato nel mondo, s'ella è prudente, procura prima d'informarsi con diligenza chi sia, tra coloro che la pretendono, il più degno, e che possa farla più contenta in questa terra. La religiosa, in far la sua professione, ella si sposa con Gesù Cristo. Cosi appunto le dice il prelato, come si ha nel Cerimoniale de' Vescovi: Io ti sposo a Gesù Cristo, che ti custodisca illesa. Ricevi dunque come sua sposa l'anello della fede, acciocché, se a lui fedelmente servirai, sii coronata in eterno.9 Informiamoci dunque dalla sposa de' sagri Cantici, che ben è intesa di tutti i pregi di questo divino sposo, chi egli sia. Dimmi, o sagra sposa, qual è il tuo diletto, che fra tutti gli oggetti è l'unico tuo amore, e che ti rende fra le donne la più contenta e fortunata? Qualis est dilectus tuus ex dilecto, o pulcherrima mulierum? (Cant. V, 9). Ella risponde: Dilectus meus candidus et rubicundus, electus ex millibus (Ibid. 10). Il mio amato, dice
ella, è tutto candido per la sua innocenza, ed è tutto all'incontro rubicondo per l'amore che l'infiamma verso le sue spose; egli in somma è così vago, così perfetto in tutte le virtù, ed è insieme così cortese ed affabile, che rendesi fra tutti gli sposi il più caro ed amabile che vi sia e vi possa essere: Illo nihil gloriosius, dice S. Eucherio, nihil pulchrius, nihil magnificentius.10 Intendano dunque, scrisse S. Ignazio martire, quelle vergini avventurate che si son consagrate a Gesù Cristo, intendano ch'elle hanno avuta la sorte di ottenere uno sposo, che né in cielo né in terra potranno mai trovarlo così bello, così nobile, così ricco e così amabile: Virgines agnoscant cui se consecrarunt, sponso nimirum speciosissimo, nobilissimo, opulentissimo; amabiliorem nec in caelo nec in terris invenire numquam poterunt (S. Ign. Mart., Epist. ad Antioch.).11
4. Perciò la B. Chiara di Montefalco dicea tener così cara la sua verginità che, prima di perderla, si sarebbe contentata di patire le pene dell'inferno per tutta la sua vita.12 Perciò ebbe ragione anche la gloriosa verginella S. Agnese, come narra S. Ambrogio, quando le fu offerto per isposo il figliuolo del
prefetto di Roma, di rispondere ch'ella avea trovato uno sposo assai migliore: Sponsum offertis? meliorem reperi.13 Lo stesso rispose S. Domitilla, nipote dell'imperator Domiziano, ad alcune donne le quali volean persuaderle che senza suo detrimento ben potea sposarsi col conte Aureliano, giacché quegli, benché fosse gentile, si contentava ch'ella restasse cristiana. «Ma ditemi, rispose la santa, se ad una donzella fosse offerto un monarca ed un villano, chi mai ella si eleggerebbe per isposo? Io per maritarmi con Aureliano, avrei da rinunziare alle nozze del Re del cielo: non sarebbe questa una pazzia il farlo? E perciò dite ad Aureliano che non mi pretenda.» E così per conservarsi fedele a Gesù Cristo, a cui avea donata la sua verginità, si contentò più presto di morire bruciata viva, come la fece morire il suo barbaro amante (Appres. Croiset, ai 12 di maggio).14 Lo stesso rispose la vergine santa Susanna, quando gli fu portata l'ambasciata dell'imperator Diocleziano, che volea farla imperatrice, sposandola a Massimino suo genero, ch'egli avea già creato Cesare (Croiset, agli 11 d'agosto); onde l'imperatore poi la fece morire.15 E così anche altre sante vergini rinunziarono i monarchi, per isposarsi con Gesù Cristo: la B. Giovanna infanta di Portogallo rifiutò Ludovico XI re di
Francia: la B. Agnese rifiutò Ferdinando II imperatore: Elisabetta figliuola del re d'Ungheria, erede del regno, rifiutò Errico arciduca d'Austria, ed altre fecero lo stesso.16
5. Inoltre quella vergine che si consagra a Gesù Cristo, diventa tutta di Dio coll'anima e col corpo. Ciò appunto espresse S. Paolo, quando disse: Mulier innupta et virgo cogitat quae Domini sunt, ut sit sancta corpore et spiritu; quae autem nupta est, cogitat quae sunt mundi, et quomodo placeat viro (I Cor. VII, 34): La vergine che si è donata a Dio, non pensa che a Dio e ad esser tutta di Dio; ma la donna maritata, essendo del mondo, non può non pensare e non istare applicata che alle cose del mondo. Quindi soggiunse l'Apostolo: Porro hoc ad utilitatem vestram dico... ad id quod honestum est et quod facultatem praebeat sine impedimento Dominum obsecrandi.17 Sicché le povere maritate hanno molti impedimenti a farsi sante; e quanto elleno sono più nobili nel mondo, tanto maggiori sono gl'impedimenti.
6. Per farsi santa una donna bisogna che prenda i mezzi, che frequenti i sagramenti, che faccia molta orazione mentale, che pratichi molte mortificazioni interne ed esterne, che ami i disprezzi, le umiliazioni e la povertà; in somma, che stia tutta intenta a vedere che può fare per dar gusto a Dio; e perciò è necessario ch'ella sia distaccata dal mondo || e da tutti i rispetti, soggezioni e beni del mondo. |18 Ma qual tempo, qual comodo, quale aiuto, qual raccoglimento può avere una maritata per istarsene continuamente applicata alle cose di Dio? Nupta cogitat quae sunt mundi. La maritata dee pensare a provveder la famiglia, a educare i figli, a contentare il marito e tutti i di lui parenti, genitori, fratelli, i quali talvolta sono più molesti del marito, onde, come dice lo stesso Apostolo, il suo cuore ha da esser diviso, dividendo l'amore tra il marito, figli e Dio. Che tempo può avere una maritata di attendere a far molta orazione, a frequentar la comunione, se non ha tempo sufficiente neppure per accudire ai bisogni della casa? Il marito vuol essere servito, e grida ed ingiuria, se non trova i suoi comandi
adempiti subito e a suo modo: i servi inquietano la casa or con gridi e contrasti, or con dimande importune: i figli, se son piccioli, or piangono, or cercano tante cose; se poi son grandi, apportano disturbi, timori ed amarezze assai maggiori, ora per li mali compagni con cui conversano, ora per li pericoli in cui si trovano, ora per l'infermità che patiscono. or andate a far orazione ed a star raccolta in mezzo a tanti pensieri ed intrighi! In quanto poi alla comunione, appena le sarà permesso di andare a comunicarsi nelle domeniche. Le resterà sì bene il buon desiderio, ma le riuscirà moralmente impossibile l'attendere con maggior assiduità e cura agli affari dell'anima. Potrebbe sì bene meritare in quella stessa privazione di comodi, che non ha, per attendere alle cose di Dio, colla pazienza e rassegnazione alla divina volontà, ritrovandosi in quello stato infelice di tanta soggezione; potrebbe, è vero, ma in mezzo a tanti disturbi e distrazioni. senza orazione, senza lezioni spirituali, senza sagramenti, sarà molto difficile e quasi impossibile l'avere questa virtuosa pazienza e rassegnazione.
7. Ma volesse Iddio che le misere maritate altro danno non incorressero che d'essere impedite di far le loro divozioni, di più orare e più spesso comunicarsi! Il maggior male si è il gran pericolo, in cui continuamente si trovano le infelici, di perdere l'anima e la grazia di Dio. Debbono comparir da loro pari, debbono pagare i servi, mantener la casa, debbono conversare nelle case degli altri, almeno per ragion di visite, con tante sorte di gente, ed in casa propria debbono praticar necessariamente co' cognati e con altri parenti o amici del marito; oh quanti pericoli in queste occasioni di perdere Dio! Ciò non l'intendono le donzelle, ma ben lo sanno le maritate, che alla giornata tali pericoli incontrano, e ben lo sanno i confessori che le loro confessioni ascoltano.
8. Lasciamo poi da parte la vita misera ed infelice, che fanno tutte le maritate; e dico tutte, senza eccezione. Io che per tanti anni ho ascoltate le confessioni di tante maritate, nobili ed ignobili, non mi ricordo di averne trovata una contenta. Maltrattamenti da' mariti, dissapori da' figli, bisogni di casa, soggezione di suocere e di cognate, dolori di parto, a cui va sempre accompagnato il pericolo di morte, gelosie del consorte,
scrupoli e angustie di coscienza circa la fuga delle occasioni, circa l'educazione de' figli, compongono una orribile e continua tempesta, in cui vivono le povere maritate sempre gemendo e lagnandosi con se stesse, per aversi eletto di propria volontà uno stato così infelice. E Dio faccia che in questa tempesta non abbiano a farvi perdita anche dell'anima, sicché non abbiano a patire un inferno in questa vita ed un altro inferno nell'eternità. Questa è la bella sorte che si procurano e si scelgono da loro stesse quelle donzelle che vanno al mondo.- Ma come? replicherà taluna, dunque fra tutte le maritate non vi è alcuna che sia santa? - Sì, rispondo, ve ne sarà alcuna, ma chi? quella che si fa santa tra i martiri, con soffrirli tutti per Dio e con somma pazienza, offerendoli tutti a Dio con pace ed amore, senza inquietarsi. Ma quante maritate se ne ritrovano di questa perfezione? Se ne ritrovano alcune, ma come le mosche bianche. E se alcuna se ne ritrova, sentirete ch'ella non fa altro che pentirsi e piangere per dolore d'essere andata al mondo, quando potea consagrar la sua verginità a Gesù Cristo e darsi tutta a Dio e viver contenta.
9. Dunque la vera fortuna e lo stato più sublime e felice è di quelle donzelle che, rinunziando al mondo, si consagrano a Gesù Cristo e si dedicano tutte al suo divino amore. Elle son libere da' pericoli, ne' quali son necessitate a ritrovarsi le maritate. Elle non son ligate coll'affetto né a' figli, né agli uomini della terra, né a robe, né a vesti, né a vanità di donne; poiché dove alle maritate bisognano vesti ricche ed ornamenti per comparire da loro pari e per compiacere i mariti, ad una vergine consagrata a Gesù Cristo basta una tonaca che la ricopra; anzi darebbe ella scandalo, se volesse adornarsi e dimostrasse vanità nelle vesti che porta. Di più le sagre vergini non han cura di casa, non di figli, non di marito; tutto il lor pensiero e cura è di piacere a Gesù Cristo, al quale han consagrata l'anima, il corpo e tutto il loro amore. Sono elle sciolte da' rispetti mondani, dalle soggezioni del secolo e de' parenti, son lontane da' rumori del mondo; onde hanno più comodo e più tempo di frequentar la comunione, di fare orazione, di leggere libri spirituali; ed hanno la mente più libera per pensare all'anima e per istar raccolte ed unite con Dio. Quae enim est virgo, dice Teodoreto, ab inutilibus cogitationibus liberam habet
animam.19 E perciò la vergine non ha altro che fare che conversare di continuo familiarmente con Dio. Ciò appunto, dice Ecumenio, significa quel che scrisse l'Apostolo: Ut sit sancta corpore et spiritu;20 spiega il suddetto interprete: Corpore sancta propter castitatem, spiritu sancta propter familiaritatem cum Deo.21 Se la vergine, dice S. Anselmo, non avesse altro premio, dovrebbe bastarle il solo vantaggio d'essere libera dalle cure del mondo, per poter pensare solo a Dio: Si nulla merces amplior virginem sequeretur, sufficeret haec sola praelatio: Cogitat quae Domini sunt (S. Ans., in I Cor. VII).22 Quindi soggiunge il santo che le vergini consagrate a Dio, non solo avranno una gran gloria in cielo, ma anche in questa terra godranno il premio anticipato d'una continua pace: Non solum in futuro saeculo gloriam, sed et in praesenti requiem habet virginitas (Loc. cit.).23
10. Le sagre vergini che attendono alla perfezione sono le dilette di Gesù Cristo, mentr'elle gli han consagrata l'anima e 'l corpo, e ad altro non attendono in questa vita che a dargli gusto. S. Giovanni appunto per essere vergine fu chiamato il diletto di Gesù Cristo: Quem diligebat Iesus (Io. XIII, 23). Onde canta di lui la santa Chiesa: Virgo est electus a Domino, atque inter ceteros magis dilectus (In die 27 dec. Resp. noct. I). - Le vergini son chiamate le primizie di Dio: Virgines enim sunt. Hi sequuntur Agnum quocumque ierit. Hi empti sunt ex hominibus primitiae Deo et Agno (Apoc. XIV, 4). Ma perché mai le vergini diconsi primizie di Dio? Lo spiega Ugon cardinale: Perché siccome i primi frutti son più graditi, Sicut primitiae fructuum delectabiliores sunt, così le vergini consagrate a Dio gli sono più gradite e care.24
11. Dicesi di più che lo sposo divino si pasce tra' gigli: Qui pascitur inter lilia (Cant. II, 16). Questi gigli sono appunto le vergini che si conservano pure per piacere a Dio. Scrive un sagro interprete su questo passo de' Cantici, che siccome il demonio si pascola delle sozzure dell'impudicizia, così Gesù Cristo si pasce de' gigli della castità: Sicut diabolus caeno libidinis saginatur, ita Christus castimoniae liliis pascitur.25 E 'l Ven.
Beda asserì che 'l canto delle vergini sante piace più al divino Agnello che il canto di tutti gli altri santi: Cantus a virginibus modulati, suaviorem Agno harmoniam efficiunt quam si omnes alii sancti canere contenderent (Beda in Apoc. XIV, 14).26 Ma quel che più rileva è che non vi è lode bastante a spiegare il pregio della verginità: Ponderatio non est digna continentis animae (Eccli. XXVI, 20). E perciò dice Ugon cardinale che negli altri voti si concede la dispensa, ma non già nel voto della verginità, perché il pregio della verginità non v'è prezzo che possa adeguarlo: Inde est quod votum continentiae non habet dispensationem, quia non habet compensationem.27 Ciò ben lo diede ad intendere Maria santissima con quelle parole con cui rispose all'Arcangelo: Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco? (Luc. I, 34). Dimostrando esser ella pronta a rinunziare più presto la dignità di Madre di Dio, che il pregio di sua verginità.
12. Dice S. Cipriano che la verginità è la regina di tutte le virtù ed è il possesso di tutt'i beni: Virginitas est regina virtutum,
possessio omnium bonorum (S. Cypr., de virg.).28 E S. Efrem, parlando della verginità, scrive: Hanc si amaveris, a Domino in omnibus prosperaberis (De virt. cap. 9).29 Le vergini che conservansi intatte per Gesù Cristo, son da lui favorite in tutte le cose. Aggiunge S. Bernardino da Siena e dice che la verginità rende atta l'anima a vedere lo sposo divino per mezzo della fede in questa vita e per mezzo della gloria nell'altra: Virginitas praeparat animam ad videndum in praesenti Iesum sponsum per fidem, et in futuro per gloriam.30 Ed oh qual gloria immensa apparecchia Gesù Cristo in paradiso alle sue spose, che in questa terra gli han consagrata la loro verginità! Alla gran Serva di Dio Lucrezia Orsini Dio fe' vedere il luogo sublime, in cui son collocate le donzelle che consagrano a Gesù Cristo la loro verginità; ond'ella poi esclamava: Oh quanto son care a Dio ed a Maria le vergini!31 Insegnano i dottori che le vergini in cielo sono onorate colla laureola, ch'è una special
corona d'onore e di gaudio.32 Che per ciò dicesi nell'Apocalisse, parlandosi delle vergini: Et nemo poterat dicere canticum, nisi illa centum quadragintaquattuor millia, qui empti sunt de terra (Apoc. XIV, 3). Commentando questo luogo S. Agostino dice che i gaudi che Gesù Cristo dona alle vergini, non sono dati all'altre sante che non sono state vergini: Gaudia propria virginum Christi non sunt eadem non virginum, quamvis Christi; nam sunt alia.33
13. Ma per essere santa una vergine e vera sposa di Gesù Cristo, non basta che sia vergine, ma bisogna che sia ancora vergine prudente, ed abbia bastante olio alla lampada, cioè nel suo cuore, per tenerlo sempre acceso d'amore verso il suo sposo. Le vergini stolte anche furono vergini, ma perché trascurate nel provvedersi d'olio, furono discacciate dallo sposo divino, allorché voleano entrare alle nozze, con dir loro in faccia: Nescio vos.34 Una vergine dunque che vuol esser vera sposa del Redentore, altra cura e pensiero non dee avere in questa terra che di amare e di piacere a Gesù Cristo. Dice S. Bernardo che Gesù Cristo, essendo nostro Signore, vuol essere da noi temuto: rendendosi poi nostro padre, vuol essere onorato; ma rendendosi sposo, vuol essere amato: Si sponsum se exhibeat, mutabit vocem et dicet: Si ego sponsus, ubi est amor meus? Exigit ergo Deus timeri ut Dominus, honorari ut pater, ut sponsus amari (Serm. LXXXIII, in Cant.).35
14. E per esser fedele questa vergine in amare il suo sposo ed in serbargli intatto il giglio della sua verginità, bisogna che prenda i mezzi.
I mezzi principali sono l'orazione, la comunione, la mortificazione e la ritiratezza. - Benché di questi mezzi se ne tratterà a lungo dentro dell'opera, nulladimeno giova qui in breve accennarli.
Il primo mezzo per amar Gesù Cristo è l'orazione mentale. Questa è la beata fornace, in cui s'infiamma l'anima del divino amore: meditatione mea exardescet ignis (Ps. XXXVIII, 4). E nelle tentazioni contro la purità, bisogna subito ricorrere a Dio per aiuto colle preghiere. Dicea la Ven. Suora Cecilia Castelli: Senza la preghiera non si conserva la purità.36 E prima lo disse Salomone: Et ut scivi, quoniam aliter non possem esse continens, nisi Deus det... adii Dominum (Sap. VIII, 21).
Il secondo mezzo è la santa comunione. Questa è la cella, dice S. Bonaventura, in cui il re del cielo introduce le sue spose, ed ordina ne' loro cuori la santa carità, amando il prossimo come se stesse e Dio sovra ogni cosa.37
Il terzo mezzo è la mortificazione. Sicut lilium inter spinas, sic amica mea inter filias (Cant. II, 2): Siccome il giglio si conserva tra le spine, così una vergine non si manterrà pura, se non tra le mortificazioni. Lo stesso dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi: La castità non fiorisce che tra le spine.38 Una religiosa che voglia conservarsi fedele a Gesù Cristo in mezzo ai divertimenti, agli attacchi mondani, alle conversazioni co' secolari alle grate, dando libertà a' suoi sensi, ora alla gola
di soddisfarsi, ora agli occhi di mirare, ora all'orecchie di sentire, è cosa impossibile. Bisogna ch'ella si conservi tra le spine delle mortificazioni. Parlando S. Basilio delle vergini dice: Nulla in parte moechari convenit virginem; non lingua, non aure, non oculis, non tactu, multoque minus animo (S. Bas., De vera virg.).39 Una vergine, per mantenersi pura, bisogna che sia onesta colla lingua, usando una somma modestia nelle parole, ed astenendosi quando può di parlare cogli uomini: onesta nelle orecchie, fuggendo come la morte di sentire discorsi di mondo: onesta negli occhi, tenendoli chiusi e riserbati a non rivolgerli mai in faccia agli uomini: onesta nel tatto, usando in ciò tutta la cautela e cogli altri e con se stessa: onesta sovra tutto nell'animo, procurando di resistere ad ogni pensiero impuro, subito che quello s'affaccia nella mente, col ricorrere per aiuto a Gesù ed a Maria. Siccome una regina tentata da uno schiavo negro, senza rispondergli, gli volta le spalle e lo disprezza, così bisogna che faccia una sposa di Gesù Cristo, allorché si affaccia qualche pensiero impuro a molestarla. Bisogna ancora, per conservarsi fedele e senza macchia, che mortifichi il corpo co' digiuni, astinenze, discipline ed altre penitenze. Almeno, se non ha sanità da praticar queste mortificazioni, bisogna che si abbracci con pace le sue infermità, i suoi dolori e i disprezzi e maltrattamenti che riceve dagli altri. Le spose dell'Agnello lo sieguono per dove egli va: Sequuntur Agnum quocumque ierit (Apoc. XIV, 4). Gesù Cristo, vivendo su questa terra, ha camminato per una via, non già di delizie e d'onori, ma di pene e di obbrobri: e perciò le vergini sante hanno così amati i dolori e i disprezzi, e sono andate anche a' tormenti ed alla morte giubilando e ridendo.
15. Il quarto mezzo è la ritiratezza. Il Signore chiama le guance della sua sposa belle come quelle della tortorella: Pulchrae sunt genae tuae sicut turturis (Cant. I, 9): perché la tortorella fugge la compagnia degli altri uccelli ed ama la solitudine.
Una monaca allora comparirà bella agli occhi di Gesù Cristo, quando sarà solitaria e farà quanto può per nascondersi dagli occhi degli uomini. Dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi che la castità è un fiore che non isbuccia se non ne' giardini chiusi e tra le spine.40 Di più una religiosa alla clausura del monastero dee anche unirvi la clausura de' sensi, e perciò non dee accostarsi alla porta, grate e finestre, se non solo per necessità dell'ufficio o dell'ubbidienza. Dice S. Girolamo che questo sposo è geloso, non vuole che la sposa dia a vedere la sua faccia ad altri: Zelotypus est Iesus; non vult ab aliis videri faciem tuam (Ep. ad Eustoch.).41 Onde molto gli dispiace che la sua sposa cerchi di comparire e conversare co' secolari. Non fanno così le vergini sante, cercano sempre di nascondersi; e dovendo farsi vedere, cercano più presto di deformarsi per esser più presto abborrite che desiderate. Riferisce il Bollando di S. Andregesina vergine che, per farsi abborrire, pregò Dio che la facesse diventare deforme; e fu esaudita, mentre subito dopo tal preghiera comparve piena di lebbra, in tal modo che tutti la schifavano.42 Narra di più Giacomo di Vitriaco (In Spec. Exempl., exemplum 19) di S. Eufemia che, essendo ella amata da un certo signore, per liberarsene che fece? un giorno tagliossi con un coltello il naso e le labbra, dicendo a se stessa: Vana mia bellezza, non sarai più a me occasione di peccato.43 Narra parimente S. Antonino
e lo conferma il Baronio (Anno 870, n. 39) di S. Ebba, badessa del monastero Collingamense, che, temendo ella l'invasione de' barbari, con un rasoio si tagliò il naso col labbro superiore sino a' denti, ed al suo esempio tutte le altre monache, ch'erano trenta, fecero lo stesso. Vennero già i barbari, e vedendole così difformate, per dispetto posero a fuoco il monastero, e le fecero morire tutte bruciate vive; onde la Chiesa poi le pose tutte nel catalogo de' martiri.44 Ciò non è lecito farlo ad altre; quelle sante ciò fecero per impulso dello Spirito Santo. Del resto da ciò vedasi quel che han fatto le vergini amanti di Gesù Cristo, per non farsi desiderare dagli uomini. Dee almeno per tanto la religiosa procurar di nascondersi dalla vista degli uomini. La religiosa, quando si sposò con Gesù Cristo, rinunziò al mondo ed a tutte le vanità del mondo: questo fu il patto che fece, mentre le fu detto allora: Abrenuntias huic saeculo et omnibus vanitatibus eius? Ed ella rispose: Abrenuntio.45 Se dunque, scrive S. Girolamo, o sposa del Redentore, hai rinunziato al secolo, osserva il patto e non voler conformarti alle vanità del secolo: Nunc autem, quia saeculum reliquisti, serva foedus quod spopondisti, et noli conformari huic saeculo (S. Hieron., Ep. 18, ad Demetriad.).46
16. Per tanto se volete conservarvi pura, qual dee essere una sposa di Gesù Cristo, troncate le occasioni. Amate una santa ignoranza di tutte quelle cose, che si oppongono alla purità. Lasciate di leggere quei libri e quelle cose, che possono molestar la vostra mente. Ritrovandovi nelle grate, se mai udite discorsi non conformi al vostro stato, fuggite presto o almeno procurate subito di mutar discorso, altrimenti avrete molto a patire in discacciare le tentazioni che vi assaliranno: il fuoco se non brucia, almeno tinge. Certe cose che paiono minime, come uno sguardo, una parola d'affetto, un picciolo dono, possono essere una scintilla, che diventi un incendio d'inferno in cui restiate consumata. Non vi fidate di voi. In questa materia non vi è cautela che basti. Credete a chi ne sa mille casi di ruine. Non dite: Non passerò avanti; perché vi troverete precipitata, senza che ve ne accorgiate. Se in simili casi non siete caduta, ringraziatene Dio, ma per l'avvenire tremate. I santi sono andati ad intanarsi ne' deserti per custodire la castità, e voi volete esporvi alle occasioni? Specialmente se siete giovane, come vorrete conservarvi pura, trattando con giovani materie di mondo, burlando con essi e sorridendo a quei detti che dovrebbero ricoprirvi di rossore? Fuggite, fuggite. E poi siate sincera col confessore, in dirgli non solo le vostre tentazioni, ma le occasioni ancora che loro date; e cercate a lui consiglio per trovare il modo da rimuoverle.
17. È grande il gaudio che sente Gesù Cristo in quel giorno in cui si sposa con una vergine. Ciò sta espresso ne' sagri Cantici: Egredimini et videte, filiae Sion, regem Salomonem in diademate, quo coronavit illum mater sua in die desponsationis
illius et in die laetitiae cordis eius (Cant. III, 11). Ma ciò s'intende di quelle vergini, che tutte si dedicano all'amore di questo divino sposo, e così si preparano alle di lui nozze. Per tali sposalizi vuol egli che seco si rallegri e faccia festa tutto il paradiso: Gaudeamus et exsultemus et demus gloriam ei, quia venerunt nuptiae Agni, et uxor eius praeparavit se (Apoc. XIX, 7).47 Gli ornamenti poi con cui Gesù vuole adornate le sue spose, altri non sono che le sante virtù, e specialmente la carità e la purità: Murenulas aureas faciemus tibi, vermiculatas argento (Cant. I, 10). Le catenette d'oro ornate di argento significano appunto le virtù della carità e purità. Queste dunque sono le vesti e gioie preziose, con cui il Signore adorna le sue spose, siccome dicea la vergine S. Agnese: Dexteram meam et collum meum cinxit lapidibus pretiosis. Induit me Dominus cyclade auro texta, et immensis monilibus ornavit me (Resp. in festo S. Agn. 21 ian.).48
18. Le genti del mondo cercano il mondo, ma le spose di Dio non cercano altro che Dio; onde di loro va propria
mente detto: Haec est generatio quaerentium eum (Ps. XXIII, 6). Queste religiose che vedete chiuse in cotesto monastero, povere ed umili, sappiate che sono quell'anime, le quali non cercano altro bene che Dio. In ciò dunque, o spose del Redentore, parla S. Tommaso da Villanova, voi dovete gareggiare: non già chi tra voi sia di miglior nascita, di miglior talento o meglio provveduta, ma chi sia più cara al divino sposo, chi di lui più familiare, chi più umile, più povera e chi più ubbidente: In hoc ad invicem zelate, quaenam huic
sponso carior, quaenam familiarior existat, quae humilior, quae obedientior.49 E S. Girolamo, scrivendo alla vergine Eustochio che volea consegrarsi a Gesù Cristo, così le disse: Filia, accedens ad servitutem Dei, praemonet te Spiritus Sanctus: Sta in iustitia et praepara animam tuam ad tentationem. In humilitate patientiam habe, quoniam in igne probatur aurum... Nemo autem potest duobus dominis servire. Terram itaque iam despicies, et Christo copulata cantabis: Pars mea Dominus (S. Hieron., Ep. 22 ad Eustochium):50 Figlia, giacché ti metti a servire Dio, bisogna che ti prepari a patire con umiltà e pazienza, mentre col fuoco si prova l'oro. Niuno può servire a due signori: al mondo e a Dio. Posto dunque che ti sei dedicata a Dio, bisogna che lasci il mondo e, fatta sposa del tuo Redentore, canti sempre dicendo: Dio solo è tutto il mio tesoro
e l'unico mio bene. - Per questo fine alle monache si muta il nome nel giorno della professione, per significare che da quel giorno elle muoiono al mondo, per vivere solo a Gesù Cristo, che per esse è morto. Ciò per altro dovrebbero far tutti gli uomini, secondo parla S. Paolo: Pro omnibus mortuus est Christus, ut et qui vivunt, iam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est (II Cor. V, 15). Ma se ciò nol fanno tutti, almeno dee farlo una religiosa, ch'è stata eletta dal Redentore per sua sposa. La Ven. Suor Francesca Farnese non avea mezzo più grande per infervorar le sue religiose alla perfezione che il ricordare loro che erano spose di Gesù Cristo: «È certo, dicea, che ognuna di voi è stata eletta da Dio per esser santa, mentr'egli vi ha tanto onorate con farvi sue spose».51
19. Scrive S. Agostino, parlando ad una vergine consagrata: O vergine fortunata, se non conosci la tua sorte, considera quel che ne dicono i santi. Sappi che tu hai uno sposo il più bello fra tutti gli oggetti del cielo e della terra, e che ti ha dato il pegno dell'amor che ti porta, con eleggerti fra tante donzelle per sua sposa diletta, acciocché intendi l'affetto con cui dei corrispondergli: Si ignoras te, o nimis felix inter mulieres, ex iudicio sanctorum perpende. Sponsum habes pulcherrimum. Misit pignus amoris; in ipso munere poteris agnoscere quo affectu illum diligere debeas (S. August., tom. 9, De dil. Deo, cap. 4).52 Quindi ripiglia S. Bernardo e dice: Nihil tibi et mundo; obliviscere omnium, soli omnium serves te ipsam, quem ex omnibus tibi elegisti (In Cant., serm. 40):53 O sposa di
Gesù, lascia di pensare più a te stessa e al mondo; tu non sei più tua né del mondo, ma sei di quel Dio a cui ti sei donata. Scordati dunque d'ogni cosa, e pensa a conservarti per quel solo tuo sposo, che in questa terra t'hai eletto. Elegit te Deus tuus, siegue a parlare il santo, et quot abiectae sunt, quae hanc, quae tibi data est, gratiam consequi non potuerunt! Omnibus illis Redemptor et sponsus tuus te praetulit; non quia tu dignior illis, sed quia prae omnibus dilexit te.54 Tu ti hai eletto Dio; ma Dio è stato il primo ad elegger te per sua sposa. Quante altre donzelle egli nel mondo ha lasciate, che non han potuto ottenere il favore a te fatto? A tutte quell'altre ti ha preferito il tuo Redentore, non perché eri tu di loro più degna, ma perché più di loro egli t'ha amata. Propterea dicit Dominus, conclude il santo: Ecce tempus tuum, tempus amantium. Haec igitur recolens in corde tuo, in eo reponas spem tuam et dilectionem tuam, qui in caritate perpetua dilexit te, et attraxit te miserans Iesus sponsus tuus.55 Perciò ti dice il Signore che il tempo della vita che ti resta è tempo d'amare, riponendo tutta la tua speranza e tutto il tuo amore in Gesù tuo sposo, che sin dall'eternità t'ha amata e per sola sua bontà ti ha posta nel mondo, e poi con tante finezze ti ha tirata al suo amore.
20. Allorché dunque, o sposa di Gesù Cristo, il mondo dimanda il tuo affetto, rispondigli con S. Agnese: Discede a me, pabulum mortis, quia iam ab alio amatore praeventa sum:56 Scostati da me, pascolo di morte; tu pretendi il mio amore, ma io non posso amar altri che il mio Dio, il quale è stato il primo ad amarmi. E ciò appunto è quel che dice la monaca, allorché riceve il velo dal prelato nella sua professione: Posuit signum in faciem meam, ut nullum, praeter eum, amatorem admittam:57 Il mio sposo mi ha coperto il volto con questo velo, acciocch'io, non vedendo e non essendo
veduta, non ammetta altro amante che solo esso Gesù mio sposo. Questa è la santa superbia, dice S. Girolamo, che dee sempre nudrire una sposa di Gesù Cristo nel suo cuore: Dei sponsa properas, così egli parla, disce superbiam sanctam. Scito te illis esse meliorem, et dic: Inveni quem quaerebat anima mea, tenebo eum et non dimittam (S. Hieron., Ep. 22).58 Giacché sei sposa d'un Dio, dice il santo, impara ad esser santamente superba. Le spose del mondo vantansi de' loro sponsalizi con personaggi nobili e ricchi; ma tu vantati di avere avuta una sorte migliore, essendo stata fatta sposa del Re del cielo. Di pertanto con giubilo e gloria: Io ho trovato chi ama l'anima mia, lo stringerò sempre col mio amore, e, così stretto, nol lascerò mai da me partire. L'amore è quello che stringe l'anima con Dio: Caritatem habete, quod est vinculum perfectionis (Coloss. III, 14).
21. Sì che troppo grande è la sorte d'una vergine, che può vantarsi e dire: Ipsi sum desponsata cui angeli serviunt:59 Colui al quale ambiscono di servire gli angeli del cielo, quegli è lo sposo mio. Annulo suo subarrhavit me, et tamquam sponsam decoravit me corona:60 Il mio Creatore meco si è sposato,
ed essendo egli re e signore del tutto, mi ha donata la corona di regina. Ma avverti bene, o religiosa che leggi: questa tua corona, mentre vivi in terra, non è eterna, la puoi perdere per tua colpa: Tene quod habes, ut nemo accipiat coronam tuam (Apoc. III, 11). Affinché dunque da niuno ella possa esserti rapita, tienila forte; e perciò distaccati dalle creature e stringiti sempre più con Gesù Cristo, coll'amore e colle preghiere, supplicandolo sempre che non permetta che tu abbi da lasciarlo: Iesu, mi sponse, ne permittas me separari a te. E quando si presentano le creature per occupare il tuo cuore e discacciarne Gesù Cristo, dì coll'Apostolo, confidando nell'aiuto divino:61 Quis me separabit a caritate Christi?... Neque mors neque vita... neque creatura alia poterit me separare a caritate Dei.62