- CAPO VII - Della mortificazione interna o sia annegazione dell'amor proprio.
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§ 2
- Dell'ubbidienza.
1.
La virtù più amata dalla religiosa ha da esser quella dell'ubbidienza, poiché
tutta la perfezione della religione, dice S. Bonaventura, importa la privazione
della propria volontà: Tota religionis
perfectio in voluntatis propriae subtractione consistit.1 Non v'è
sagrificio più grande che un'anima possa offerire a Dio, che l'ubbidire alle
regole ed agli ordini de' superiori; perché siccome la cosa a noi più cara è la
libertà della nostra volontà, secondo dice l'Angelico: Nihil est homini amabilius libertate propriae voluntatis (Opusc.
XVIII, de
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Perfect. c. 10);2 così non possiamo noi far dono
più caro a Dio, che consagrargli la propria volontà. Melior est obedientia, quam victimae, dice lo Spirito Santo (Eccl.
IV, 17):3 Piace più a Dio l'ubbidienza, che tutt'i sagrifici che
possiamo offerirgli. Chi sagrifica a Dio le sue robe dispensandole in limosine,
il suo onore abbracciando i disprezzi, il suo corpo mortificandolo co' digiuni
e colle penitenze, gli dona parte di sé; ma chi gli sagrifica la sua volontà,
sottomettendola all'ubbidienza, gli dona tutto quel che ha, ed allora può dire
a Dio: Signore, avendovi data la mia volontà, non ho più che darvi. Inoltre
dice S. Gregorio che per mezzo delle altre virtù noi doniamo a Dio le cose
nostre, ma coll'ubbidienza veniamo a dargli tutti noi stessi: Per alias virtutes nostra Deo impendimus,
per obedientiam nosmet ipsos (Lib. VI, in Reg. c. 2).4 Oltreché
scrisse lo stesso S. Dottore che l'ubbidienza porta seco e custodisce
nell'anima tutte l'altre virtù: Obedientia
virtus est quae ceteras virtutes in mentem ingerit et custodit (S. Greg.,
Mor. lib. XXXV, c. 22).5 S. Teresa dice: Iddio da un'anima che sta risoluta d'amarlo, non vuol altro se non che
ubbidisca.6 Ed in altro
luogo, parlando anche dell'ubbidienza, dice: Sa il demonio che qui consiste il
rimedio d'un'anima, e perciò si adopera molto per impedirlo.7
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2.
Diceva il Ven. P. Sertorio Caputo che l'ubbidienza portava seco anche il merito
del martirio; perché siccome col martirio si sagrifica il capo, così
coll'ubbidienza si sagrifica a Dio il proprio volere, ch'è il capo
dell'anima.8 Quindi dice il Savio che l'uomo ubbidiente riporterà le
vittorie contro tutti gli assalti de' nemici:
Vir obediens loquetur victorias (Prov. XXI, 28). Sì, dice S. Gregorio, con
giusta ragione gli ubbidienti vincono tutte le tentazioni dell'inferno, perché
siccome essi coll'ubbidienza soggettano agli uomini la loro volontà, così
rendonsi superiori a' demoni, che per la loro disubbidienza caddero: Victores sunt qui obediunt, quia dum
voluntatem aliis subiiciunt, ipsis lapsis per inobedientiam angelis dominantur
(S. Greg., lib. IV, in I Reg. c. 10).9 Soggiunge Cassiano che quando
una persona mortifica la propria volontà, vengono per conseguenza a
distruggersi in lei tutt'i vizi, poiché tutt'i vizi provengono dalla volontà
propria: Mortificatione voluntatum
marcescunt vitia universa.10 Promette Dio a chi rinunzia la propria
volontà, di sollevarlo dalla terra e renderlo quale spirito celeste: Si avertere feceris voluntatem
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tuam.... sustollam te super
altitudinem terrae (Is. LVIII, 13).11 Aggiunge S. Lorenzo
Giustiniani che un'anima che sagrifica a Dio la volontà propria, gli diventa sì
cara che ne otterrà quanto dimanda: Qui
se Deo tradidit, voluntatem propriam immolando, omne quod poposcerit,
consequetur.12
3.
Scrive S. Agostino che avendo Adamo colla disubbidienza perduto se stesso e
tutto il genere umano, a tal fine principalmente si fece uomo il Figlio di Dio,
per insegnarci col suo esempio l'ubbidienza.13 Cominciò pertanto Gesù
Cristo sin da fanciullo ad ubbidire a Maria ed a Giuseppe. Seguì a far lo
stesso in tutta la sua vita; sin tanto che finalmente, per ubbidire, giunse a
morire con una morte infame di croce:
Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philip. II, 8). Dice
S. Bernardo che i disubbidienti redimunt
se, ne obediant: non ita Christus. Ille siquidem dedit vitam,
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ne perderet obedientiam (Epist.
41).14 Molti faticano e stentano per esentarsi dall'ubbidienza; non
fece così il nostro Redentore; egli per non perdere l'ubbidienza, si contentò
di perder la vita. Pertanto rivelò la divina Madre ad una sua serva che Gesù
Cristo morì con un affetto speciale verso le anime ubbidienti.15
4.
Il Ven. P. de Leonardis, fondatore della religione della Madre di Dio,
importunato da' suoi discepoli, acciocché scrivesse e desse loro le regole,
scrisse su d'un foglio questa sola parola: Ubbidienza;16
volendo con ciò significare quel che diceva il P. Sertorio Caputo, cioè che
nella religione è la stessa cosa ubbidienza e santità, e ch'è lo stesso essere
ubbidiente che l'esser santo.17 Insegna S. Tommaso che 'l voto
dell'ubbidienza è quello che propriamente costituisce il religioso.18 E
secondo ciò dicea S. Teresa che una religiosa la quale non è ubbidiente, non
può chiamarsi religiosa.19 A che serve una
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monaca che non sa
ubbidire? Vi sono molte che sanno di belle lettere, di poesia, di lingue,
d'istorie, ma poi non sanno ubbidire. Una religiosa che non sa ubbidire, non sa
niente.
5.
All'incontro dicea S. Teresa che l'ubbidienza è la via breve per giunger presto
alla perfezione.20 Narrasi nelle Vite de' Padri che uno di loro vide
una volta due ordini di beati: uno di coloro che lasciando il mondo erano
vivuti ne' deserti, esercitandosi ivi sempre in orazioni e penitenze; un altro
di coloro che per amore di Gesù Cristo si erano sottoposti all'ubbidienza,
vivendo soggetti alla volontà degli altri. Vide poi che questi secondi godeano
maggior gloria degli eremiti, perché quelli aveano bensì piaciuto a Dio ne'
loro esercizi, ma sempre avean fatta la propria volontà; ma gli ubbidienti
avean donata a Dio la loro volontà, che gli era stato il sagrificio il più
gradito.21 Narra ancora S. Doroteo del suo discepolo S. Dositeo,
ch'essendo egli debole di sanità, e non potendo praticare gli esercizi della
comunità, che faceano gli altri monaci, si dedicò tutto all'ubbidienza,
spogliandosi affatto della volontà propria. Morì dentro lo spazio di cinque
anni. Morto che fu, rivelò il Signore all'abbate che questo santo giovine aveva
ottenuto il premio di S. Paolo eremita e di S. Antonio abbate. I monaci si
maravigliavano come Dositeo avesse potuto meritar tanta gloria, non facendo
neppure ciò che praticavano gli altri. Fu loro risposto da Dio che quel
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giovine era stato così premiato per lo merito dell'ubbidienza
esercitata.22 Scrive S. Girolamo: Maioris
est meriti iniuncta refectio ieiunio propria deliberatione suscepto (Lib.
II, in I Reg. c. 2);23 È di maggior merito appresso Dio il prender cibo
per ubbidienza, che digiunare per propria volontà. Questo medesimo rivelò Maria
santissima a S. Brigida (Revel. cap. 26): temendo la santa di scadere nello
spirito, per causa che 'l confessore le avea proibite le solite sue penitenze,
la divina Madre l'animò ad ubbidire senza alcun timore, dicendole che coloro
che fan penitenza, hanno una sola paga, ma chi lascia di mortificarsi per
ubbidienza, riceve paga doppia, una per la penitenza che desiderava di fare,
l'altra per l'ubbidienza per cui lascia di farla.24
6.
Diceva il B. Giuseppe Calasanzio che una religiosa ubbidiente è la gemma
preziosa del monastero.25 Oh se tutte le monache fossero tali, tutti i
monasteri sarebbero tanti paradisi di Gesù Cristo!- Inoltre una monaca
diligente ad ubbidire, ella in tutto quel che fa guadagna meriti immensi,
mentre in tutto fa la volontà di Dio, nel che certamente consiste tutto il
nostro merito. E questo è il gran bene che apporta
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la religione, il
renderci atti ad acquistare tesori eterni in ogni cosa che facciamo per
ubbidienza. Anche le cose di nostro genio, quando son da noi eseguite per fine
di ubbidire, ci fanno acquistare gran meriti. Dicea S. Luigi Gonzaga che la
religione è una nave a vele, dove ancora chi non fatica fa viaggio.26
Sì, perché la religiosa non solo merita quando digiuna, quando dice l'Officio o
fa l'orazione, ma ben anche quando sta a riposo e si astiene dal faticare per
ubbidire, quando si ciba, quando si ricrea; perché facendo tutto per
ubbidienza, in tutto fa la volontà di Dio. Oh quanto vale ogni cosa fatta per
ubbidire alla volontà de' superiori!
7.
Se dunque volete, sorella benedetta, farvi santa e presto santa, dedicatevi da
ogg'innanzi interamente all'ubbidienza, spogliandovi della propria volontà, e
procurando di far tutto per ubbidire alle regole ed alla superiora circa gli
esercizi esterni, ed al padre spirituale circa le cose interne. Questa è la differenza
tra le monache perfette e le imperfette. Le imperfette niente eseguiscono con
allegrezza,27 se non sono cose di propria soddisfazione e volontà.
Vogliono sì bene esercitare gli offici del monastero, perché il restar senza
offici pensano esser loro di poco onore; ma non vogliono altri offici, se non
quelli dove trovano il proprio comodo e la propria soddisfazione. E così
parimente fanno nell'altre cose. In somma vogliono farsi sante, ma secondo il
loro genio, e secondo loro detta l'amor proprio. Ma dicea il B. Giuseppe
Calasanzio: Non serve a Dio, ma a se
stesso, chi nel servire Dio cerca il proprio comodo.28 All'incontro
le religiose amanti della perfezione non fan così: elle niente ricusano di quel
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che impone loro l'ubbidienza, e niente vogliono se non quel solo che
l'ubbidienza vuole. Fate così anche voi, e vi farete presto santa. Procurate di
far tutto ciò che fate per ubbidire, e anderete sempre sicura. I negozianti,
per accertare i loro guadagni, si procurano l'assicurazione dagli altri; e così
voi, per render certi i vostri guadagni eterni, procuratevi in ogni vostra
opera l'assicurazione dell'ubbidienza, sottomettendola alla discrezione de'
superiori; altrimenti l'opera correrà sempre rischio di riuscir per voi dannosa,
o almeno inutile al vostro profitto. S. Anselmo, essendo arcivescovo di
Cantuaria, e non avendo ivi alcuno che gli fosse superiore, fe' assegnarsi dal
Papa per superiore un suo cappellano a cui ubbidisse; e così egli poi seguì a
regolarsi, non facendo alcuna cosa senza il suo consenso.29 Ciò tanto
maggiormente conviene a voi che siete religiosa, ed avete consagrata la vostra
volontà all'ubbidienza.
1
«Tota Religionis perfectio in voluntatis propriae abdicatione consistit.» Speculum disciplinae, pars 1, cap. 4, n.
1. Inter Opera S. Bonaventurae, VIII,
ad Claras Aquas, 1898, pag. 585.- Questo opuscolo fu scritto da Fr. BERNARDO DA
BESSA; però ebbe gran parte S.
Bonaventura nel comporlo.- Vedi Appendice,
10.
2
«Martyres illud propter Deum contemnunt, scilicet propriam vitam, propter quam
omnia temporalia quaeruntur, et eius conservatio etiam cum omnium aliorum
amissione aliis omnibus praefertur.... Inter alia autem, quanto aliquid magis
naturaliter amatur, tanto perfectius contemnitur propter Christum. Nihil enim
est homini amabilius libertate propriae voluntatis.» S.
THOMAS, Opusculum 18, De perfectione
vitae spiritualis, cap. 10. Opera, XVII, Romae, 1570, fol. 117,
col. 4.
3
Multo enim melior est obedientia quam
stultorum victimae. Eccl. IV, 17. - Melior
est enim obedientia quam victimae, I Reg. XV, 22.
4
«Inobedientes autem, dum tumenti corde maiorum iussa non faciunt, cum meliorare
quod eis iniungitur conantur, sua opera Deo offerre dum cupiunt, semetipsos
tollunt. Nam per alias virtutes nostra ei impendimus,
per obedientiam nosmetipsos exhibemus.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Regum Expositiones, lib. 6, cap. 2,
n. 21. ML 79-430.
5 «Sola namque virtus est obedientia
quae virtutes ceteras menti inserit, insertasque custodit.» IDEM, Moralia in Iob, lib. 35, cap. 14 (al. 10), n. 28. ML
76-765.
6 «¡ Oh Señor, cuàn diferentes son
vuestros caminos de nuestras torpes imaginaciones! Y còmo de un alma, que està
ya determinada a amaros, y dejada en vuestras manos, no querèis otra cosa si no
que obedezca y se informe bien de lo que es màs servicio vuestro, y eso desee.»
S. TERESA, Las
Fundaciones, cap. 5. Obras, V, pag. 40.
7 «Yo creo, que como el demonio ve que
no hay camino que màs presto lleve a la suma perfeciòn que el de la obediencia,
pone tantos desgustos (disgustos) y dificultades debajo de color de bien; y
esto se note bien, y veràn claro que digo verdad.» Op. cit., l. c., pag. 41, 42.
8 «Dicea.... ubbidienza e santità in
Religione non essere che, sotto due diversi vocaboli, una cosa stessa;
conciosiacosachè a divenir santo un religioso, più non vi vuole che divenir
santo un religioso, più non vi vuole che divenire ubbidiente. Nè santo di
qualunque santità, ma d' una di tutto punto perfetta, che l' innalza alla sorte
sublime de' martiri. La spada, diceva, al martire spicca ad un colpo il capo
dal busto, e nel capo l' anima dal corpo: l' ubbidienza spicca all' anima il
capo, cioè il proprio volere e parere, ch' è quanto dire, la miglior vita di
lei, ch' è la ragionevole: a cui morendo per Dio, divien partecipe de' meriti e
delle corone de' martiri.» Antonio BARONE,
S. I., Vita del P. Sertorio Caputo, S:
I. (+1608), lib. 3, cap. 11, Napoli, 1691, pag. 349.
9 «Ceteris quidem virtutibus daemones
impugnamus, per obedientiam vincimus. Victores ergo sunt qui obediunt, quia dum
voluntatem suam aliis perfecte subiiciunt, ipsi lapsis per obedientiam (lege: inobedientiam) Angelis
dominantur.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I
Reg. Expositiones, lib. 4, cap. 5, n. 21. ML 79-297, 298.
10 «Audi paucis ordinem per quem ascendere
ad perfectionem summam since ullo labore ac difficultate valeas. Principium
nostrae salutis sapientiaeque secundum Scripturas timor Domini est (Prov. I).
De timore Domini nascitur compunctio salutaris. De compunctione cordis procedit
abremuntiatio, id est, nuditas et contemptus omnium facultatum. De nuditate
humilitas procreatur. De humilitate mortificatio voluntatum generatur.
Mortificatione voluntatum exstirpantur atque marcescunt universa vitia.
Expulsione vitiorum virtutes fructificant atque succrescunt. Pullulatione
virtutum puritas cordis acquiritur. Puritate cordis apostolicae caritatis
perfectio possidetur.» IO. CASSIANUS, De
coenobiorum institutis, lib. 4, cap. 43. ML 49-202.
11 Si
averteris a sabbato pedem tuum, facere voluntatem tuam in die sancto meo, et
vocaveris sabbatum delicatum, et sanctum Domino gloriosum, et glorificaveris
eum dum non facis vias tuas, et non invenitur voluntas tua, ut loquaris
sermonem; Tunc delectaberis super Domino,
et sustollam te super altitudines terrae, et cibabo te hereditate Iacob patris
tui: os enim Domini locutum est. Is. LVIII, 13, 14.
12 «Quod vult a Deo, impetrat haec
virtus beata. Si cor nostrum non reprehendit nos, ait Ioannes (I Io. III, 21), fiduciam habemus apud Deum, quod quidquid petimus, accipiemus,
quia mandata eius custodimus. Non enim obedientis potest repelli oratio, que de puritate cordis
exhibetur. Sicut
enim seipsum Deo tradidit voluntatem propriam immolando, sic a Deo omne quod
poposcerit consequetur.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Lignum vitae, De obedientia, cap. 3. Opera, Venetiis, 1721, pag. 34.
13
«Sunt et alia multa quae in Christi Incarnatione, quae superbis displicet,
salubriter intuenda atque cogitanda
sunt.... Quod autem maius obedientiae nobis praeberetur exemplum, qui per
inobedientiam perieramus, quam Deo Patri Deus Filius obediens usque ad mortem
crucis (Philip. II, 8)? Quid, praemium ipsum obedientiae ubi ostenderetur
melius, quam in carne tanti Mediatoris, quae ad vitam resurrexit aeternam?» S. AUGUSTINUS, De Trinitate, lib.
13, cap. 17, n. 22. ML 42-1031, 1032.- «Tu in latissimo fructuosorum nemorum
praedio te perdidisti, obedientiam negligendo: ille obediens in angustissimum
diversorium mortalis venit, ut mortuum quaereret moriendo.» IDEM, Sermo 188, cap. 3, n. 3. ML 38-1004.- La finalità indicata da S. Alfonso viene più espressamente segnata in
un opuscolo che non è di S. Agostino, ma sta inter Opera S. Augustini, in Appendice: De Incarnatione Verbi libri
duo, collecti ex Origenis opere IIEPI APXQN, iuxta versionem Ruffini, lib. 1, cap, 18, ML 42-1186;
«Nam unigenitus Filius Dei qui erat Verbum et Sapientia Patris, cum esset in ea
gloria apud Patrem, quam habuit antequam mundus esset, exinanivit semetipsum et
formam servi accipiens efficitur obediens usque ad mortem, ut obedientiam
doceret eos qui non aliter, nisi per obedientiam, salutem consequi poterant, in
semetipso prius complens quod ab aliis volebat impleri.»
14
S. BERNARDUS, Tractatus de moribus et
officio episcoporum, seu Epistola 42 ad Henricum Archiepiscopum Senonensem,
cap. 9, n. 33. ML 182-830, 831.
15
«Come rivelò la Santissima Vergine ad una sua serva divota, Gesù Cristo è morto
con amore speciale per loro offerisce in cielo al Padre la sua Passione.»
PINAMONTI, La Religiosa in solitudine, Lezione
per il sesto giorno. Opere, Venezia,
1762, pag. 200.
16
«Cominciò ad introdurre nella sua Congregazione quel modo di vivere, il quale
molti anni dopo lasciò anche scritto nelle sue Costituzioni. Non volle però di
subito far leggi e pubblicar statuti; ma pian piano con la viva voce, e più
coll' esempio della sua vita, cominciò a dar forma a quella nascente famiglia.
Ma dicendogli un giorno uno de' suoi figliuoli che sarebbe stato bene porre in
scrittura qualche regola, acciò sapesse ciascuno qual cosa dovesse osservare,
egli ciò approvando rispose che volea farlo per ogni maniera; e preso un foglio
di carta, vi scrisse dentro con caratteri maggiori questa sola parola:
OBBEDIENZA; ed affissolo in luogo pubblico, chiamò tutti di casa, e disse loro:
«Ecco la Regola, la quale avete da me richiesta: questa per ora dovrà a tutti
bastare.» MARRACCI, Vita del Ven. P.
Giovanni Leonardi, lib. 1, cap. 10.
17
Vedi sopra, not. 8.
18
«Votum obedientiae est praecipuum inter tria vota religionis.... Primo quidem,
quia per votum obedientiae aliquid maius homo offert Deo, scilicet ipsam
voluntatem.... Secundo, quia votum obedientiae continet sub se alia vota...
Tertio, quia votum obedientiae proprie se extendit ad actus propinquos fini
religionis. Quanto autem aliquid propinquius est fini, tanto melius est. Et inde etiam est quod votum obedientiae est religioni essentialius. Si
enim aliquis, absque voto obedientiae, voluntariam paupertatem et continentiam
etiam voto servet, non propter hoc pertinet ad statum religionis, qui
praefertur etiam ipsi virginitati ex voto observatae.» S.
THOMAS, Sum. Theol., II-II, qu. 186,
art. 8, c.
19
«En esto de obediencia es en lo que màs habia de poner, y por parecerme que si
no la hay es no ser monjas, no digo nada de ello, porque hablo con monjas, a mi
parecer, buenas, al menos que lo desean ser.» S. TERESA, Camino de perfecciòn, cap. 18. Obras, III, Burgos, 1916, pag. 86.
20
«No hay camino que màs presto lleve a la suma perfeciòn que el de la
obediencia.» S. TERESA, Las
Fundaciones, cap. 5. Obras, V, Burgos, 1918, pag. 41.
21 «Dixit quidam senex: Quia frater qui
ad obedientiam patris spiritualis animum dederit, maiorem mercedem habet quam
ille qui solus in eremo recesserit. Dicebat autem: Quia narravit aliquis Patrum
vidisse se quatuor ordines in caelo: quorum primus ordo erat hominum infirmorum
et gratias agentium Deo; secundus ordo, hospitalitatem sectantium et instanter
ministrantium eis; tertius ordo, in solitudine conversantium et non videntium
homines; quartus ordo, eorum qui ad obediendum spiritualibus patribus se
subiiciunt propter Deum. Utebatur autem ordo obedientium torque aurea et
corona, et maiorem quam alii gloriam habebat. Et ego dixi ei qui mihi
ostendebat omnia haec: Quomodo iste ordo, qui parvus est, maiorem quam alii
gloriam habet? Et ille respondens dixit mihi: Quia qui hospitalitatem
sectantur, secundum propriam voluntatem idipsum faciunt. Similiter et qui in eremo se
relegant, arbitrio suo de saeculo recesserunt. Hic autem ordo qui se ad
obediendum dedit, omnes voluntates suas abiiciens, pendet ad Deum et ad
lussionem patris spiritualis, propterea et maiorem gloriam aliis habet.» De Vitis Patrum, auctore graeco incerto,
interprete Pelagio, lib. 5, libell.
14, n. 19. ML 73-952, 953.- Cf. lib. 3, auctore probabili RUFFINO, n. 141: ibid., col. 787, 788.
22
«Advertite....propriam abscindere voluntatem quantum conferat. Huius rei
mirabile exemplum fuit beatus ille Dositheus, qui a vita deliciosissima et
molli veniens, nullis divinarum rerum doctrinis imbutus, brevi tempore in
summam perfectionem provectus est, dum obedientiam unicam amplectitur et
propriam voluntatem abscindit. Quem tandem Deus gloriosissimum
ostendit, nec passus est ipsius virtutem in obscuro esse. Uni enim ex
sanctissimis illis senioribus revelatus est, et visus inter divorum aliorum
catervas, una cum illis perfruens beatitudine (verbo ad verbum: vidit eum in medio omnium illorum sanctorum,
fruentem felicitate eorum).» S. DOROTHEUS, Doctrina I, n.
15. MG 88-1635, 1638.- Vedi Appendice, 6.
23
«Maioris etenim est meriti caritatis iniuncta refectio ieiunio propria
deliberatione suscepto. Qui enim, iussus, carnem reficit invitus, ieiunii
praemium devotione promeruit, et ampliorem mercedem obedientiae manducando
conquisivit.» S. GREGORIUS MAGNUS, In I Regnum Expositiones, lib. 2, cap. 4, n. 12. ML 79-132.- Le antiche
edizioni hanno S. Girolamo, ma l'
errore è puramente tipografico, perchè anche nel corso del paragrafo, questi
commenti vengono citati sotto il nome del vero autore.
24
(Mater loquitur:) «....Ecce si videris duos homines: alius est sub obedientia,
alius in libera potestate. Si ille qui liber est ieiunat, simplicem habebit
mercedem. Si autem ille, qui sub obedientia, comedit illo die ieiunii carnes,
secundum institutionem Regulae et propter obedientiam, attamen libentius
ieiunaret, si non obstiteret obedientia: ipse habebit mercedem duplicem, unam
propter obedientiam, aliam propter dilationem desiderii sui et non impletionem
voluntatis suae.» Revelationes S. BIRGITTAE, lib. 4, cap.
26.
25 «Religiosus indifferens,
Religionis gemma pretiosa.»V. TALENTI, delle Scuole Pie, Vita, lib.
7, cap. 9, III, n. 36.
26
«Mentre era novizio, faceva molte penitenze corporali, ma non tante, quante
avrebbe egli voluto, non essendogli concedute dai suoi superiori, attesa la sua
fiacca complessione. Ed egli di niun' altra cosa si doleva, che di non poter
fare in questa parte quanto desiderava. E un dì disse confidentemente ad un
Padre «che egli, nella Religione, non faceva veruna penitenza o mortificazione,
rispetto a quelle che aveva fatte nel secolo, ma che si consolava sapendo che
la Religione è una nave, nella quale non meno fanno progresso nel viaggio quei
che per ubbidienza stanno oziosi, che gli altri che s' affaticano nel remare.»
CEPARI, Vita, parte 2, cap. 3.
27
L' edizioni napoletane prima del 1768, e le venete anteriori e posteriori
hanno: «Le imperfette niente eseguiscono o almeno niente eseguiscono con
allegrezza.»
28
«Non Deo sed sibi servit, qui in Dei servitio sua procurat commoda.» V.
TALENTI, delle Scuole Pie, Vita, lib.
7, cap. 9, III, n. 51.
29
«Obedientiae pertinax custos, cum archiepiscopus liberae potestatis esset,
rogavit papam Urbanum, ut sibi aliquem proponeret, cuius iussis vitam
disponeret. Is Edmerun (quello stesso che fu il suo compagno e suo biografo, e
forse per molestia tralasciò questo fatto nello scrivere la vita del Santo)
exhibuit, cuius Anselmus iussa tanti faciebat, ut cum eum cubili locasset, non
solum sine praecepto eius non surgeret, sed nec latus inverteret.» WILLELMUS MALMESBURIENSIS monachus (+ 1142), De gestis Pontificum Anglorum libri quinque, lib. 1. ML 179-1503.
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