- CAPO VIII - Della mortificazione esterna de' sensi.
- § 1 - Della mortificazione degli occhi e della modestia in generale.
- Della modestia in generale.
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Della
modestia in generale.
9.
Non solo bisogna osservar la modestia nel guardare, ma in tutte l'altre nostre
azioni, e specialmente nel vestire, nel camminare, nel parlare e simili.
Modestia nel vestire. Non già s'intende che la
religiosa per usar modestia nel vestire debba andar lacera e sozza; ma qual
buona edificazione di modestia può dare una monaca, che comparisce tutta
attillata, col busto sul petto? col soccanno alla gola con modo singolare
increspato e lisciato? co' manichetti a' polsi di tela d'Olanda e bottoni
d'argento? Pensate poi qual concetto darà di sé una religiosa, che porta anelli
preziosi alle dita e ricci alla fronte? S. Cipriano, parlando anche alle donne
secolari, dice: Auro, monilibus et
margaritis adornatae, ornamenta mentis perdunt (De hab. virgin. l.
4):38 Le femmine che vanno adorne d'oro, di gemme e di vezzi perdono
ogni ornamento dell'anima. Or quanto più il santo ciò dovea dirlo delle
religiose? L'ornamento delle donne sante ecco quale ha da essere, come dice S.
Gregorio Nazianzeno: Mulierum ornamentum
est probitate florere: colloquium cum divinis oraculis habere: fuso et lanae
operam dare: oculis et labiis vinculum iniicere (Advers. mul. se
orn.):39 Ha da essere il loro ornamento nella bontà della vita, nel
parlare spesso con Dio nell'orazione, nell'attendere a' lavori per fuggire
l'ozio, e nel tenere a freno gli occhi e la lingua colla modestia e col
silenzio.
10.
Modestia nel camminare. Dice S.
Basilio: Incessus sit nec segnis, nec
vehemens (Epist. ad Greg.):40 Il camminare, per esser modesto, dee
esser grave, non frettoloso, ma neppure
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troppo lento. Modestia nel sedere, guardandosi di
tenere il corpo abbandonato sulla sedia, o d'incrocicchiare i piedi, e tanto
meno di soprapponere una gamba sull'altra.
Modestia nel mangiare, prendendo il cibo a mensa senza avidità e senza
andar girando gli occhi d'intorno, per osservare quello che mangiano e come
mangiano l'altre.
11.
Sovra tutto dee usarsi modestia nel
parlare, astenendosi dal dire parole poco modeste o poco decenti allo stato
religioso; e sappiasi che tutte le parole che sanno di mondo, sono indecenti ad
una religiosa. Dice S. Basilio: De vulgo
aliquis si scurriles voces emittat, haud quisquam attendit; at qui vitae genus
perfectum profitetur, hunc, si latum unguem ab officio suo recedere visus sit,
omnes confestim observant (In Reg. quaest. 22):41 Se una persona di
mondo dice qualche parola scomposta, niuno l'osserva, perché tali parole son
proprie di tal sorta di gente; ma se una persona che professa perfezione, come
sono i religiosi, si allontana un'unghia dal suo dovere, tutti subito la
notano. E rispetto specialmente alle ricreazioni comuni, bisogna osservare più
cose per mantener la modestia nel parlare.
Per
1. sfuggire ogni sorta di mormorazione, anche di cose manifeste. - Per 2.
quando l'altre parlano, non interromperle: In
medio sermonum, dice lo Spirito Santo,
non adiicias loqui (Eccli. XI, 8). Quale immodestia è il vedere una
religiosa che vuol esser sola a parlare! e quando le sorelle dicono qualche
cosa, ella è pronta a troncar loro le parole in bocca, dimostrando con ciò la
superbia di saper tutto e di voler fare la maestra a tutte! cosa che cagiona
una gran molestia a chi vi conversa. Conviene per altro in tempo di ricreazione
dir qualche parola da quando in quando, specialmente quando l'altre tacciono, altrimenti
se tutte tacessero, cesserebbe quel comun sollievo che richiede la regola; del
resto importa la modestia, specialmente delle giovani, che si parli quanto
basta per mantenere
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la ricreazione, e che più si stia a sentire che a
parlare. Sicché la buona regola è tacere quando l'altre parlano, parlare quando
l'altre tacciono. - Per 3. astenersi da certi scherzi e motti che in qualche
modo possono offendere l'altre su di certi difetti veri e conosciuti, ancorché
si burli, perché tali burle sempre dispiacciono a coloro di cui si parla. - Per
4. non dir cosa di propria lode, e nel sentirsi lodare, alzar la mente a Dio e
mutar discorso. All'incontro nel sentirsi contraddire o deridere, non
isdegnarsi. S. Giovan Francesco Regis quando si vedea posto in burla da' suoi
compagni nella ricreazione, seguiva a mantenere il discorso con giovialità,
acciocché la propria derisione servisse loro di sollievo.42 - Per 5.
importa ancora la modestia che si parli con voce bassa e non forte, che offenda
le orecchie altrui: Ne cuiusquam offendat
[aurem] vox fortior, dice S. Ambrogio (Lib. I de Offic. c. 18).43 -
Per 6. bisogna usare modestia e moderazione anche nel ridere. Narra S. Gregorio
che una volta la stessa Madre di Dio venne ad avvertire una vergine sua divota,
chiamata Musa, che lasciasse le risa, se volea piacerle.44 S'intende
delle
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risa smoderate, come scrisse S. Basilio: Cavendum est ab iis qui pietati student, ne in risum effusi sint
(In Reg. qu. 17):45 Chi attende alla divozione, dee guardarsi dal
ridere smoderatamente. Del resto dice lo stesso santo non esser contro il
decoro o la divozione un rider moderato, che dimostri la serenità
dell'animo.46 La religiosa poi dee farsi vedere modesta e divota, ma
non afflitta e mesta, perché ciò disonora la divozione, facendo apprendere agli
altri che la santità non apporta pace ed allegrezza, ma afflizione e
malinconia. All'incontro il dimostrarsi lieto e contento dà animo agli altri ad
abbracciar la divozione. Si legge che due cortigiani di un monarca, per aver
osservata l'allegrezza con cui stava un monaco vecchio nella sua solitudine,
lasciarono il mondo e si restarono con lui (Rosign., Verità etc.).47 -
Per 7. ed ultimo non parlare di cose
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del mondo, come di matrimoni, di
festini, di commedie e di vesti pompose: non parlar di mangiare, come sarebbe
il lodare o biasimare le vivande portate a mensa. Dicea S. Francesco di Sales: Le persone di onore non pensano alla tavola,
se non quando vi sedono.48 Le religiose sante, quando odono
discorrere di cose nocive o inutili, procurano d'introdurre discorsi di Dio con
dimande profittevoli, o pure dagli stessi discorsi prendono occasione di
parlare di Dio, come praticava S. Luigi Gonzaga, il quale ogni giorno leggeva a
posta per mezz'ora qualche vita di santo o altro libro divoto, per aver materia
da discorrere co' compagni nella ricreazione di cose spirituali; e quando era
co' minori di sé, egli era il primo ad introdurre discorsi santi; co' sacerdoti
poi e maggiori di sé, proponea loro qualche dubbio di spirito, come per
imparare, e in tal modo attaccava ragionamenti di Dio: benché quelli, subito
che se lo vedeano dappresso, intendeano già che egli non gustava di parlar
d'altro, e lo soddisfaceano; anzi se stavano parlando d'altro, per dargli gusto
si metteano a parlare di Dio.49
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Suol
dirsi che la lingua batte dove il dente duole. Chi porta grande amore a qualche
oggetto, sempre di quello parla. S. Ignazio di Loiola perciò parea che non
sapesse parlare che di Dio, ond'era chiamato: Quel padre che parla sempre di
Dio.50
38 «Auro et margaritis et monilibus
adornatae, ornamenta cordis ac pectoris perdiderunt.» S. CYPRIANUS, Liber de habitu virginum, n. 13. ML
4-452.
39 «Mores sunt mulierum ornamentum, domi
manere- Ut plurimum, cum divinis conversari oraculis, - Fuso ac Ianae operam
dare, hoc namque munus est feminarum- Ancillis opera partiri, servos vitare, -
Labiis catenas iniicere, et oculis atque etiam genis.» S. GREGORIUS NAZIANZENUS, Carmina, lib. 1, sect. 2, carmen 29: Adversus mulieres se
nimis ornantes, vers. 265-269. MG 37-903.
40 «Incessus esto nec segnis, ne animum
dissolutum arguat; nec rursus vehemens ac superbus, ne stolidos animi impetus
indicet.» S. BASILIUS, Epistolarum classis 1, epist. 3, ad Gregorium, n. 6. MG 32-231.
41 «Plebeium enim aut obscurum
quempiam hominem infligentem plagas, aut publice accipientem, et in tabernis
versantem, et alia id genus indecoe peragentem, nemo facile attenderit, cum
facta illa universo vitae ipsius instituto convenire intelligat: sed qui
perfectum vitae genus profitetur, si quid vel minimum neglexerit eorum quae
officii sunt, hunc omnes observant, ipsique id probri loco obiiciunt.» S. BASILIUS, Regulae fusius
tractatae, Interrogatio 22, n. 3. MG 31-979.
42 «Quand on le raillait dans les
conversations, il montrait une complaisance qui faisait sentir combien il
prenait de plaisir à voir les autres rire à ses dépens: il usait même alors d'
artifice pour faire durer le sujet de l' entretien, afin de satisfaire son goût
pour l' humiliation.» DAUBENTON, S. I., Vie,
liv. 5: Son humilité.
43 «Pulchra igitur virtus est
verecundiae, et suavis gratia, quae non solum in factis, sed etiam in ipsis
spectatur sermonibus; ne modum progrediaris loquendi, ne quid indecorum sermo
resonet tuus. Speculum enim mentis plerumque in verbis refulget. Ipsum vocis
sonum librat modestia, ne cuiusquam offendat aurem vox fortior.» S. AMBROSIUS, De offixiis ministrorum, lib. 1, cap.
18, n. 67. ML 16-43.
44 «Sed neque hoc sileo quod praedictus
Probus Dei famulus de sorore sua, nomine Musa, puella parva, narrare consuevit,
dicens quod quadam nocte ei per visionem sancta Dei Genitrix semper virgo Maria
apparuit, atque coaevas ei in albis vestibus puellas ostendit. Quibus illa cum
admisceri appeteret, sed se eis iungere non auderet, beatae Mariae virginis
voce requisita est an velit cum eis esse atque in eius obsequio vivere. Cui cum
puella eadem diceret: «Volo,» ab ea protinus mandatum accepit ut nihil ultra
leve et puellare ageret, et a risu et iocis abstineret, sciens per omnia quod
inter easdem virgines quas viderat, ad eius obsequium die trigesimo veniret.
Quibus visis, in cunctis suis moribus puella mutata est, omnemque a se
levitatem puellaris vitae magnae gravitatis detersit manu. Cumque eam parentes
eius mutatam esse mirarentur, requisita rem retulit.... Post vigesimum quintum
diem febre correpta est. Die autem trigesimo... eandem beatam Genitricem Dei, cum puellis quas
per visionem viderat, ad se venire conspexit. Cui se etiam vocanti respondere
coepit, et depressis reverenter oculis aperta voce clamare: «Ecce, Domina,
venio, ecce, Domina, venio.» In qua etiam voce spiritum reddidit, et ex
virgineo corpore, habitatura cum sanctis virginibus, exivit.» S. GREGORIUS
MAGNUS, Dialogi, lib. 4, cap. 17. ML
77-348, 349.
45
«Interrogatio 17: quod oportet etiam
risum continere. Responsio (n. 1): Atque etiam quod a plerisque negligitur,
id diligenter pietatis studiosis cavendum est. Nam intemperanti ac immodico
risu detineri, indicio est grassari intemperantiam, nec sedari motus, nec a
severa ratione comprimi laxitatem animi. Risu quidem leni et hilari effusionem
animi detegere indecorum non est, quantum scilicet necesse fuerit ut solum
indicetur quod scriptum est: Cordis laeti
facies floret (Prov. XV, 13); sed cachinnis vocem sustollere, et corpore
praeter voluntatem concuti, non eius est qui mente quieta sit, aut probus, aut
sui ipsius compos.» S. BASILIUS, Regulae fusius tractatae. MG 31-962.
46
Vedi la nota precedente.
47
«Due cavalieri d' un gran principe d' Italia... sazi.... de' tumulti della
Corte, richiesta per pochi giorni licenza di svagare alquanto,... si
ricoverarono ad un monastero di religiosi. Furono accolti a braccia aperte... e
introdotti a dare un passeggio per lo giardino, ove... non si saziavano... di
mirare con santa invidia la serena allegrezza che fioriva nel volto di que'
santi monaci... Invitati poi a salir sopra ne' chiostri, rimasero vie più
ammirati al veder quanto contenti vivessero in una grande povertà... Giunsero
in capo del chiostro, ove abitava un santo vecchio.... allegro come un beato...
Essendo già presi gli occhi in vedere tanta serenità il volto, restaron anche
incatenati per l' orecchie in udire la dolcezza del suo discorso. Onde si
fecero animo ad interrogarlo «... se avesse mai patito tribolazioni,
malinconie,.... affanni....?».... Rispose...: «Oh quali e quante afflizioni
hanno oppresso il mio povero cuore....! Ma grazie a Dio, che seppe ritrovare un
rimedio facile e soave per convertire in gaudio ogni affanno. Basta che io apra
questa piccola finestra e dia un' occhiata...» Apersero i gentiluomini la
finestra... Ma rimasero attoniti, vedendo che stava rimpetto alla finestra un
muro vecchio che impediva la vista... (Replicò il monaco): «O che pur troppo si
scorge un oggetto di somma consolazione, se con occhio più attento voi
riguarderete.» Allora affacciatosi di nuovo un di loro, vide per un foro della
medesima muraglia un poco di cielo.... «Oh, soggiunse il religioso, quel solo
palmo di cielo a me basta per riempirmi di consolazione.... E come posso io non
giubilare veggendomi creato per quella Patria di tutte le felicità?....»....Una
pioggia di lagrime... sommesse il rimanente del suo discorso. I cavalieri... se
gli gettaron tosto a' piedi a chiedergli la benedizione, già risoluti di voler
menare il resto de' lor giorni in quel chiostro.» Carlo Gregorio ROSIGNOLI S. I., Verità
eterne, Lezione 15, § 3.
48 «C' est une vraie marque d' un esprit
truand, vilain, abject et infâme de penser aux viandes et à la mangeaille avant
le temps du repas, et encore plus quand après icelui on s' amuse au plaisir que
l' on a pris à manger, s' y entretenant par paroles et pensées, et vautrant son
esprit dedans le souvenir de la volupté que l' on a eue en avalant les
morceaux, comme font ceux qui devant dîner tiennent leur esprit en broche et
aprés dîner dans les plats; gens dignes d' être souillards de cuisine, qui
font, comme dit saint Paul, un dieu de
leur ventre (Philip. III, 19). Les
gens d' honneur ne pensent à la table qu' en s' asseyant, et après le repas se
lavent les mains et la bouche pour n' avoir plus ni le goût ni l' odeur de ce
qu' ils ont mangé.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction
à la Vie dèvote, partie 3, ch. 39. (Euvres,
III, Annecy, 1893, p. 227).
49
«Domandò al P. rettore del collegio se giudicasse bene ch' egli procurasse che
nel tempo della ricreazione, mattina e sera, si ragionasse sempre di cose
spirituali... ed avendo ottenuto il beneplacito suo, conferì lo stesso suo
desiderio col prefetto delle cose spirituali... Dopo questo, scelti alcuni
giovani spirituali del collegio... disse loro che desiderava per suo aiuto di
potere alle volte ritrovarsi insieme con essi a ragionare delle cose di Dio nel
tempo della ricreazione. Inoltre ogni dì leggeva per mezz' ora quanche libro
spirituale o Vita de' santi per avere materia di discorrere, ed al fine insieme
con il sopraddetti compagni diede principio all' opera, e quando era con minori
di sè, egli era il primo ad introdurre santi ragionamenti e gli altri
seguitavano con gusto grande; massime che dal suo ragionare cavavano non poco
profitto. Con i sacerdoti e maggiori di sè, costumava di proporre loro qualche
dubbio spirituale domandando il loro parere per desiderio d' imparare; ed in
questa guisa attacava ragionamento di cose di Dio: sebbene essi stessi, subito
che se lo vedevano appresso, senz' altro intendevano ch' egli non gustava di ragionare
d' altro, e lo soddisfacevano, anzi se avevano già cominciato altri
ragionamenti, per dargli gusto li mutavano, exiandio che fossero superiori.
Quando si ritrovava con gli uguali, o erano di quelli co' quali già si era
accordato, e così non aveva difficoltà in parlare di cose sante; o s' erano
altri, egli pigliava sicurtà d' introdurre ragionamenti di qualche divota
materia; e come tutti erano buoni religiosi... seguitavano in quei discorsi con
ogni prontezza.» CEPARI, Vita, parte
2, cap. 18.
50
«Suo costume ordinario era... alzare spesse volte gli occhi al cielo... E di
qui nacque il descriverlo che que' di fuori facevano, dicendo «quel Padre, che
guarda sempre in cielo, e sempre parla di Dio.» BARTOLI, Vita, lib. 4, § 28.
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