- CAPO VIII - Della mortificazione esterna de' sensi.
- § 3 - Della mortificazione dell'udito, dell'odorato e del tatto.
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§ 3
- Della mortificazione dell'udito, dell'odorato e del tatto.
1.
Circa l'udito, bisogna mortificarsi
in non dare orecchio a' discorsi immodesti o di mormorazione o di cose di
mondo, le quali, se non ci fanno altro danno, almeno ci riempiono la testa di
mille pensieri e fantasie, che poi ci distraggono e c'inquietano nell'orazione
e negli altri esercizi di divozione. Quando vi ritrovate dove si fanno tali
discorsi, procurate di troncarli con bel modo, proponendo per esempio qualche
utile quesito; e quando ciò non può riuscirvi, o cercate di partirvi, se
potete, o almeno tacete e bassate gli occhi, per dimostrare il poco gradimento
che avete di sentir parlare di simili materie.
Circa l'odorato, procurate di sfuggire gli
odori vani dell'ambre, delle pastiglie, de' balsami, acque odorose e simili:
tali delicatezze disdicono anche alle persone di mondo. Più presto procurate di
soffrire i mali odori, che spesso vi sono nelle stanze delle inferme: ad
esempio de' santi che animati dallo spirito di carità e di mortificazione, tra
il fetore degl'infermi godono, non altrimenti che se si trovassero tra giardini
di fragrantissimi fiori.
Circa poi il tatto, procurate di evitare con
ogni diligenza qualunque minimo difetto, poiché ogni difetto in questo senso è
di pericolo all'anima di morte eterna. Intorno a questo senso del tatto non mi
è lecito spiegarmi di vantaggio; dico solamente che le religiose debbono usar tutta
la modestia e cautela non solo con altre persone, ma anche con loro stesse,
affin di conservar la bella gioia della purità. Talune in questa materia
scioccamente si mettono a scherzare, come per divertimento; ma chi mai scherza
col fuoco? S. Pietro d'Alcantara, stando in morte vicino a spirare, e
sentendosi toccare da un religioso che lo serviva: «Scostati, disse, non mi
toccare, perché ancora son vivo e posso offendere Dio.»1 Bisogna
all'incontro
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tener a freno questo senso quanto si può colle
mortificazioni esterne, delle quali bisogna qui distintamente parlare.
2.
Queste mortificazioni esterne si riducono a quattro cose, cioè a' digiuni, a'
cilizi, alle flagellazioni ed alle vigilie. De' digiuni già di sopra ben se n'è
parlato abbastanza. - Circa i cilizi, questi sono di più sorte: altri sono di
crini o sia di setole, e questi a persone di complessione delicata possono
esser nocivi, poiché, come ben dice il P. Scaramelli (Tom. 1, tr. 2, art. 1, c.
4), inffiammando essi la carne, estraggono il calor naturale dallo stomaco e lo
lasciano indebolito.2 Altri sono di fila di ferro o d'ottone, fatti a
modo di catenelle; questi sono meno dannosi alla sanità, se si portano nelle
braccia, nelle coscie o nelle spalle, perché sopra il petto o alla cintura de'
fianchi anche posson nuocere. Queste specie di cilizi sono degli ordinari, che
sicuramente possono tutti praticarli; del resto i santi altre sorte di cilizi
hanno usate. D. Sancia Carriglio, la celebre penitente del P. M. Avila, portava
un cilizio di crini dal collo sino alle ginocchia.3 S. Rosa di Lima
portava un lungo cilizio intessuto d'aghi, con una gran catena di ferro
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sopra de' lombi.4 S. Pietro d'Alcantara portava una gran
piastra di ferro bucato sulle spalle, che gli tenea tutta lacerata la
carne.5 Non sarebbe dunque gran cosa che voi portaste una catenella di
ferro, almeno nella mattina sino ad ora di pranzo.
3.
Circa poi le flagellazioni o sieno discipline, questa è una mortificazione
molto lodata da S. Francesco di Sales6 ed abbracciata universalmente da
tutte le comunità religiose dell'uno e dell'altro sesso. E non v'è santo,
almeno tra' moderni, che non abbia usata molto questa penitenza de' flagelli.
Narrasi specialmente di S. Luigi Gonzaga, che spesso per tre volte nel giorno
si flagellava sino al sangue; e ritrovandosi in fine di vita, pregò il padre
provinciale che, non avendo egli forza di flagellarsi allora colle sue mani,
almeno l'avesse fatto flagellare
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da altri da capo a piedi.7
Non sarebbe dunque neppure una gran cosa che voi vi faceste la disciplina una
volta il giorno, o almeno tre o quattro volte la settimana: sempre s'intende
nonperò col permesso del vostro direttore.
4.
Circa finalmente le vigilie, con cui si priva la persona di parte del sonno.
Leggesi di S. Rosa ch'ella, per passare le notti in veglia ad orare, legava i
suoi capelli ad un chiodo posto nel muro, acciocché, chinando poi la testa per
l'oppressione del sonno, fosse costretta dal dolore a risvegliarsi.8 Si
legge ancora di S. Pietro d'Alcantara che per lo spazio di 40 anni non dormì
più d'un'ora o al più di un'ora e mezza la notte; e affinché il sonno non lo
tradisse, tenea dormendo appoggiato il capo ad un legno fisso nel
muro.9 Queste sorte di vigilie non debbono praticarsi senza una grazia
speciale; anz'io dico che la mortificazione del sonno dee essere molto discreta
e moderata, perché quando manca il sonno sufficiente, ordinariamente la persona
resta inabile o men atta agli esercizi di mente, come sono l'officio,
l'orazione e la lezione spirituale:
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siccome avveniva a S. Carlo
Borromeo, che vegliando la notte, nel giorno poi, vinto talvolta dal sonno,
addormentavasi anche nelle pubbliche funzioni; che per ciò indi stimò bene il
santo di allungare un poco il riposo della notte.10 Ma all'incontro
avvertasi che non e già necessario né conviene alle persone spirituali fare che
il corpo si prenda tutto il sonno che desidera, come praticano le bestie, che
allora lasciano di dormire, quando non ne hanno più voglia. Bisogna dunque
prendersi quel sonno che basta, ma non soverchio. Regolarmente alle donne basta
minor sonno che agli uomini: per ordinario cinque o al più sei ore di sonno
alle donne son sufficienti. Almeno prego voi, sorella benedetta, ad essere
esatta nel levarvi, subito che suona il segno dello sveglio la mattina, senza
trattenervi, come fanno talune, a voltarvi e rivoltarvi per altro tempo nel
letto. Dicea S. Teresa che la religiosa
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subito che sente suonar la
campana dee sbalzare dal letto.11
5.
I santi poi, oltre del privarsi del sonno, hanno usate altre mortificazioni nel
dormire. S. Luigi Gonzaga mettea nel letto tra le lenzuola legni e
sassi.12 S. Rosa di Lima dormiva su alcuni tronchi d'alberi, riempiendo
il vacuo di crete rotte.13 La Ven. Suor Maria Crocifissa di Sicilia
dormendo poggiava la testa su d'un guanciale di spine.14 Di queste penitenze
dico lo stesso che ho detto di sopra; elle sono straordinarie e non convengono
a tutti; ma conviene nonperò ad ogni religiosa il non cercare morbidezza nel
letto. Se a taluna basta per dormire il pagliariccio, che necessità ha del
materasso? Almeno, se le basta un solo materasso, perché adoperarne
due?
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6.
S'appartiene ancora alla mortificazione del tatto il soffrir con pazienza il
rigore delle stagioni, in quanto al caldo ed al freddo. S. Pietro d'Alcantara
nel verno, oltre l'andar sempre scalzo a piedi nudi e colla testa scoperta, non
si serviva che di una sola e lacera tonica.15 Voi non potete far tanto,
ma non sarebbe gran cosa l'astenervi nel verno d'accostarvi al fuoco, come
praticava S. Luigi Gonzaga, con tutto che dimorasse nella Lombardia, ch'è una
regione così fredda;16 almeno potrete far questa mortificazione in
qualche giorno della settimana; almeno soffrite il freddo e 'l caldo con pace e
pazienza, accettandolo dalle mani di Dio. S. Francesco Borgia, giungendo una
volta tardi ad un collegio della Compagnia, trovò serrata la porta, onde ebbe a
starsene tutta la notte al freddo e alla neve che fioccava. Fatto giorno, si
affliggeano i suoi religiosi di quel suo patimento, ma il santo rispose: Sappiate,
che sebbene ho patito nel corpo, sono stato nonperò molto consolato nell'anima;
mentre pensava che Dio godeva del mio freddo, e pareami ch'egli colle stesse
sue mani mi mandasse quei fiocchi di neve dal cielo.17
1 «Dein cum gratiis parocho expedito
(post extremam Unctionem), ad fratres suos conversus et Crucifixum intuens,
videbatur eius similitudinem exoptare, quem nudum in cruce mori aspiciebat. Hinc spiritus quodam impetu,
habitu se spollans, consignavit guardiano, humiliter supplicando ut sibi
viliorem concederet, in quo sepeliri posset... Et quia alius habitus inveniri
non poterat deterior, a guardiano pro eleemosyna suus illi redditus fuit..
Interim autem dum nudus ac in terra genibus flexis coram Fratribus adsistebat,
Fr. Gasparus a sancto Iosepho, caritate motus, corpus eius iam quasi emortuum
tangens, monuit ut super stratum decumbens calefieri procuraret. Ad quem S.
Commissarius: «Sine me, fili, nec corpori meo molestus sis, quia adhuc
periculum timeo.» Indicans quanta semper custodia puritatem corporis sui
sepiisset, dum nec etiam morti proximus illud vel leviter tangi permitteret a
carissimo suo discipulo pietatisque alumno strenuissimo.» Vita, auctore P. FR. LAURENTIO A S. PAULO, lib. 5, nn. 292, 293:
inter Acta Sanctorum Bollandiana, die
19 octobris.
2
«Altri (cilici) son tessuti di setole... A persone di complessione delicata e
gentile possono riuscire nocivi, se non siano adoprati con la debita
discrezione: perchè infiammando esteriormente la carne, estraggono dallo
stomaco il calor naturale, e lo lasciano indebolito.» SCARAMELLI, Direttorio ascetico, trattato 2, art. 1,
cap. 4, n. 35.
3
Donna Sancio Carrillo fu convertita dalle vanità mondane alla penitenza dal B.
Giovanni Avila. «Finchè fu sana, la sua veste interiore non fu che un irsuto
cilizio, il quale tutta la ricopriva da capo a piedi, senza mai svestirlo
neppur di notte, con la dolorosa giunta di stringersi al tempo stesso i fianchi
con una fascia armata di acute punte d' acciaio e penetranti sì dentro la viva
carne, talchè, lei morta, se le trovarono nelle reni cavità sì profonde e
larghe da poter entrarvi le dita.» LONGARO DEGLI ODDI, S. I., Compendio storico della vita del Ven. Servo
di Dio il Maestro Giovanni Avila, pag. 88, 89. Roma, 1864. La prima
edizione è del 1754, Napoli. L' autore attesta di aver attinto le notizie
riguardanti la Carrillo nella Vita, che ne pubblicò il P. Roa.
4
«Hanc (ferream catenam) lumbis suis triplicato circumductu fortissime astrinxit,
extremis commissurae ansulis seram immisit, claviculam abdidit ubi recuperare
nec ipsa posset.» Leonardus HANSEN,
O. P., Vita, cap. 7 - «Manicatum hoc
erat cilicium, atque a collo et humeris infra genua propendebat; hispidum, ex
crassioribus equorum setis praedense contextum vix non loricae gravitatem
aequabat... Infixis undique brevissimis acubus hirsutam interulam diligentius
in se armavit.. Eaque per complures annos est usa, donec ob frequentem
sanguinis vomitum alieno coacta fuit imperio noxiam hanc exuere catafractam.» Ibid.
5 «Super carnem gestabat cilicium, setis
tortis et nodosis asperrimum. Per septem continuos annos habuit vestem aliquam
ad modum mantelli, bracteis ferreis contextam, multipliciter perforatam, ita ut
speciem prae se ferret radulae... nec eam deponebat nisi quando opus erat eam
mundare. Denique numquam sine altero ex his duobus poenitentiae instrumentis
incedebat.» IOANNES A S. MARIA, Vita (ex
Chronico Provinciae S. Ioseph), cap. 3, n. 36: inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 19 octobris.- «Bractea illa ferrea,
quam sibi nudo corpori apposuit, et annos viginti gestavit, cum carne ita
compacta exstitit, ut ab ea evelli post obitum neque potuerit.» IOSEPHUS MARIA DE ANCONA, Annales Minorum continuati, anno 1562,
n. 310.- «Entre otras cosas, me certificaron habia traido veinte años silicio
de hoja de lata contino.» S. TERESA, Libro
de la Vida, cap. 30. Obras, I, 237.
6 «La discipline a una merveilleuse
vertu pour réveiller l' appetit de la dévotion, étant prise modérément. S.
FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la vie
dévote, partie 3, ch. 23. (Euvres, III,
220. Annecy, 1893.- «Pour l' ânesse (cioè la carne, il corpo), j' approuve le
jeûne du vendredi et le souper sobre du samedi. J' approuve qu' on la mate le long
de la semaine, non tant au retranchement des viandes- la sobriété étant gardée-
comme au retranchement du choix d' icelles. J' approuve que néanmoins on la
fiatte quelquefois, en lui donnant à manger de l' avoine que saint François lui
donnait pour la faire aller vite: c' est la discipline, qui a une merveilleuse
force, en piquant la chair, de réveiller l' esprit, seulement deux fois la
semaine.» Lettre 234, à la Baronne de Chantal. (Euvres, XII, 360.- Parola di S. Francesco d' Assisi a cui allude S. Francesco
di Sales: «Chorda coepit se verberare fortissime: «Eia, inquiens, frater asine,
sic te decet manere, sic subire flagellum...» S. BONAVENTURA, Legenda S. Francisci, cap. 5, n. 4. Opera, VIII, 517.
7
«Si dava la disciplina sino al sangue almeno tre volte la settimana. Anzi verso
gli ultimi anni che stette nel secolo, si disciplinava ogni dì, ed al fine
ancora tre volte fra dì e notte fino al sangue.» CEPARI, Vita, parte 1, cap. 7. - «Entrò in quella camera il P. Giovanni
Battista Carminata provinciale, e Luigi veggendolo gli domandò licenza di fare
una disciplina, e rispondendo il padre che non avrebbe potuto battersi stando
così debole, soggiunse egli: «Almeno che mi battesse il P. Francesco
Belmisseri, tutto da capo a piedi.» Disse il padre che ciò in quel tempo non si
poteva fare, perchè chi l' avesse battuto avrebbe portato pericolo d'
irregolarità.» CEPARI, Vita, parte 2,
cap. 27.
8
«In cellulae pariete oblongum fixerat clavum paulo altiorem, quique Rosae
verticem palmi fere interstitio superaret. Huic adversus somni insidias modicum
id capillitii quod obtegendae coronae (nempe aculeatae coronae quam capiti
circumdederat et infixerat) in fronte residuum superfuerat, implectebat strictissime,
eoque tormento accersebat vigiliam, recitabat preculas, somnolentiam
strangulabat. Ne tamen sic pendula paucis capillis totam corpusculi molem committeret, utcumque summis pedum digitis
insistens tangebat terram, sed aegre satis, ac per alternas successiones
nutante lubrico fulgimento.» HANSEN, O. P., Vita,
cap. 9.
9
«Dijome a mi y a otra persona... de quien se guardaba poco,... paréceme fueron
cuarenta años los que me dijo habia dormido sola hora y media entre noche y
dia, y este era el mayor trabajo de penitencia que habia tenido en los
principios de vencer el sueño, y para esto estaba siempre u de rodillas u en
pié. Lo que dormia era sentado, y la cabeza arrimada a un maderillo que tenia
hincado en la pared. Echado, aunque quisiera, no podia, porque su celda, como
se sabe, no era màs larga de cuatro pies y medio.» S. TERESA, Libro de la Vida, cap. 27. Obras, I, 214.- Cf. LAURENTIUS A S.
PAULO, Vita, lib. 4, n. 235: inter Acta Sanctorum Bollandiana, die 19
octobris.
10
Che S. Carlo abbia dato retta agli avvocati del sonno, lo dice anche
SCARAMELLI, S. I., Direttorio Ascetico, Venezia,
1758, tom. 1, trattato 2, art. 1, cap. 4, n. 38. Però dalle testimonianze
concordi dei suoi primi biografi, apparisce non aver fatto altro il Santo che
scusarsi con umile cortesia presso i suoi contraddittori, e cambiare alquanto
il troppo rozzo materiale da letto. «Admonitus aliquando satius esse, naturae
quod necesse erat concedere, (quam alieno) tempore et loco, dormientis speciem
publice praebere: naturae id esse vitium affirmabat suae, cui nullum somni
tempus satis erat ad eiusmodi dormitationem vitandam, quam se vel nedicis
curationibus etiam expedire curaverat.»Carolus
A BASILICA PETRI, Praepositus Generalis Cong. Cler.
Regular. S. Pauli, De vita et rebus
gestis Caroli S. R. E. Cardinalis, libri
septem: lib. 7, cap. 2, pag. 277. Ingolstadii, 1592.- Nel 1756, essendo tempo di
Giubileo e preparandosi per il mese di maggio il quarto Concilio Provinciale,
«fu osservato come, per le sue gravissime occupazioni.... non dormiva più di
due o tre ore della notte.» Avvisati da un eccellente medico, «non mancarono i
vescovi unitamente d' esortarlo molto a voler andare più trattenuto nelle sue
penitenze... Rispose.... che quel rigore non era eccesso nel suo corpo, come
essi stimavano, e lo nostrò con chiare ragioni. Con tutto ciò perchè
intendessero che non faceva poco conto delle loro ammonizioni, si contentò di
coprir quelle tavole, che gli servivano per letto, con un saccone e capezzale
di paglia.» Gio. P. GIUSSANO, Vita, Roma, 1610, lib. 3, cap. 9, pag.
245, 246.- Durò poco quella tal quale mitigazione, giacchè, sopravvenendo la
peste nel mese di luglo dello stesso anno, tra altre penitenze «per placare l'
ira di Dio sopra il suo amato gregge,» si levò anche «quel sacco di paglia....
non volendo più altro per il suo letto che le tavole, con un semplice lenzuolo
che le tavole, con un semplice lenzuolo che le copriva.» La stessa opera, lib. 4, cap. 1, pag. 250, 251.- Dopo, di nuovo
pregato dai vescovi nel quinto Concilio Provinciale (1759), «si contentò d'
usare un pagliarizzo per suo letto; ma... lo fece trapontare, per non sentir
quel poco di commodo che si ha dall apaglia sospesa e sollevata; siccome si
fece fare una coperta di canevazzo parimente imbottita di paglia a guisa di
traponta.» Lib. 5, cap. 9, pag. 357: cf. lib. 8, cap. 21,
pag. 607.- In
quanto al poco dormire, nota lo stesso biografo (lib. 8, cap. 21, pag. 609) che
«questa gran vigilia gli era di travaglio e afflizione, e forse la maggior che
avesse in vita sua;» ma nota altresì che, nell' ascoltare le prediche, sebben
pareva che dormisse... era però talmente desto che intendeva ogni cosa, e
sapeva dar conto di quanto dicevano i predicatori, e notarli se erravano in
alcuna cosa.» Nel suo ultimo viaggio a Roma, essendo egli andato a sentir il P.
Francesco Toledo, parve che sempre dormisse; onde un prelato disse ad un
cavaliere, cugino dell' autore: «S' io fossi il confessore del Card. Borromeo,
gli darei per penitenza che dormisse la
notte, per poter star svegliato il giorno, massime quando sta alla predica.»
Ora, dopo pranzo, presente lo stesso cavaliere, «andò discorrendo sopra di essa
predica, sapendone dar minutissimo conto.» (L. c., pag. 611) In molte
occorrenze, non faceva altro che «riposarsi un poco sopra una sedia»; e
portando, a sua difesa, l' esempio di alcuni capitani di guerra, tra altri di
un suo zio, che usavano riposare vestiti, anch' essi, sopra una sedia, diceva
che «il vescovo, il quale... ha da far guerra... con gli eserciti dell'
inferno, non deve esser manco vigilante d' un capitano di milizia mondana.» (L.
c., pag. 609.)
11
«Santa Teresa soleva dire, che quando una religiosa vien chiamata dal sonno,
deve subito balzare in terra, come se al letto si fosse attaccato il fuoco.» S.
LEONARDO DA PORTO MAURIZIO, Manuale sacro
(per le religiose), parte 2, § 1, Roma, 1734.
12
«Bene spesso pigliava un pezzo d' asse o altro legno, e lo poneva nascostamente
nel letto sotto i lenzuoli per dormir male.» CEPARI, Vita, parte 1, cap. 7.
13 «Tabulis arcte commissis ligna omnino
septem instravit iustis intervallis... Porro singulas distantium lignorum
intercapedines praeacutis tegularum fragmentis, coctilium patinarum frustulis,
testarumque fractarum triquetris sic implevit, ut singulorum pars mucronata
obverteretur corpori, ac ea quidem confertissima densitate qua nutare aut
cedere nulla posset, cum inferne sat prohiberent subiecti asseres ne qua
excideret, costasque obsiderent ligna ne laxaretur phalanx.» HANSEN, O. P., Vita, cap. 9.
14
«Cinse i fianchi con una grossa catena di ferro, quale non si levò mai nè di
giorno nè di notte... Se n' aggiungeva un' altra ne' giorni che a lei erano
solenni o per la divozione, o perchè volea intercedere per alcun particolare
bisogno: erano però questi sì spessi, che potea dirsi di portarla ancora tutto
l' anno. In simili circostanze annodava strettamente la fronte e la testa d' un
altra catenetta sparsa d' acute punte di ferro, quale ricopriva coll' ultimo
velo bianco.» TURANO, Vita e virtù della
Ven... Suor Maria Crocifissa della Concezione, dell' Ord. di S. Benedetto
nel monastero di Palma, lib. 4, cap. 12.
15
«En todos estos años jamàs se pulso la capilla, por grandes soles y aguas que
hiciese, ni cosa en los pies, ni vestida sino un hàbito de sayal, sin ninguna
otra cosa sobre las carnes, y éste tan angosto como se podia sufrir, y un
mantillo de lo mismo encima.» S. TERESA, Libro
de la Vida, cap. 27. Obras, I,
pag. 214.- «Tunica, qua induebatur, omnium vilissim aerat; ita quod morti
proximus, deteriorem, quam petebat, inveniri non posset. Novam nunquam
gestavit, sed laceram aut repetiatam.... cum chorda grossa, mantello brevi, ac
femoralibus; calceamenta nec infirmus etiam portabat, nisi dum aliquo casu offensum
pedem curaret.» LAURENTIUS A S. PAULO, Vita,
lib. 4, n. 231: inter Acta Sanctorum Bollandiana,
die 19 octobris.
16
«Cominciò a stringere più il suo modo di vivere ed a menar nel secolo e nella
corte vita da religioso. Laonde molto più del solito se ne stava ritirato in
camera, nella quale avendo usato l' inverno di tenere sempre fuoco, perchè per
la sua delicatezza pativa molto di freddo, e se gli gonfiavano ed aprivano le
mani, da quel tempo in poi ordinò che non si facesse più fuoco nelle sue
stanze, nè vi si portasse; nè egli vi si accostava mai. E se pur talvolta in
compagnia d' altri era astretto ad accostarvisi, si poneva in tal sito che non
si scaldava. CEPARI, Vita, parte 1,
cap. 6.
17
«Convenutogli un avolta aspettare per lungo spazio di notte alla porta d' un
collegio dove giunse improviso e non saputo, nevicando a gran fiocchi e spessi,
egli, senza ripararsi perchè nol cogliessero, si stette ricevendoli, per così
dire, con devozione: parendogli, disse, veder quivi nell' aria il suo
amantissimo Padre e Signore, che godea di lanciargli quella neve e colpirlo.»
BARTOLI, Vita, lib. 4, cap. 7.
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