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S. Alfonso Maria de Liguori
La vera Sposa di Gesù Cristo

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Della modestia in generale.

9. Non solo bisogna osservar la modestia nel guardare, ma in tutte l'altre nostre azioni, e specialmente nel vestire, nel camminare, nel parlare e simili.

Modestia nel vestire. Non già s'intende che la religiosa per usar modestia nel vestire debba andar lacera e sozza; ma qual buona edificazione di modestia può dare una monaca, che comparisce tutta attillata, col busto sul petto? col soccanno alla gola con modo singolare increspato e lisciato? co' manichetti a' polsi di tela d'Olanda e bottoni d'argento? Pensate poi qual concetto darà di sé una religiosa, che porta anelli preziosi alle dita e ricci alla fronte? S. Cipriano, parlando anche alle donne secolari, dice: Auro, monilibus et margaritis adornatae, ornamenta mentis perdunt (De hab. virgin. l. 4):38 Le femmine che vanno adorne d'oro, di gemme e di vezzi perdono ogni ornamento dell'anima. Or quanto più il santo ciò dovea dirlo delle religiose? L'ornamento delle donne sante ecco quale ha da essere, come dice S. Gregorio Nazianzeno: Mulierum ornamentum est probitate florere: colloquium cum divinis oraculis habere: fuso et lanae operam dare: oculis et labiis vinculum iniicere (Advers. mul. se orn.):39 Ha da essere il loro ornamento nella bontà della vita, nel parlare spesso con Dio nell'orazione, nell'attendere a' lavori per fuggire l'ozio, e nel tenere a freno gli occhi e la lingua colla modestia e col silenzio.

10. Modestia nel camminare. Dice S. Basilio: Incessus sit nec segnis, nec vehemens (Epist. ad Greg.):40 Il camminare, per esser modesto, dee esser grave, non frettoloso, ma neppure


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troppo lento. Modestia nel sedere, guardandosi di tenere il corpo abbandonato sulla sedia, o d'incrocicchiare i piedi, e tanto meno di soprapponere una gamba sull'altra. Modestia nel mangiare, prendendo il cibo a mensa senza avidità e senza andar girando gli occhi d'intorno, per osservare quello che mangiano e come mangiano l'altre.

11. Sovra tutto dee usarsi modestia nel parlare, astenendosi dal dire parole poco modeste o poco decenti allo stato religioso; e sappiasi che tutte le parole che sanno di mondo, sono indecenti ad una religiosa. Dice S. Basilio: De vulgo aliquis si scurriles voces emittat, haud quisquam attendit; at qui vitae genus perfectum profitetur, hunc, si latum unguem ab officio suo recedere visus sit, omnes confestim observant (In Reg. quaest. 22):41 Se una persona di mondo dice qualche parola scomposta, niuno l'osserva, perché tali parole son proprie di tal sorta di gente; ma se una persona che professa perfezione, come sono i religiosi, si allontana un'unghia dal suo dovere, tutti subito la notano. E rispetto specialmente alle ricreazioni comuni, bisogna osservare più cose per mantener la modestia nel parlare.

Per 1. sfuggire ogni sorta di mormorazione, anche di cose manifeste. - Per 2. quando l'altre parlano, non interromperle: In medio sermonum, dice lo Spirito Santo, non adiicias loqui (Eccli. XI, 8). Quale immodestia è il vedere una religiosa che vuol esser sola a parlare! e quando le sorelle dicono qualche cosa, ella è pronta a troncar loro le parole in bocca, dimostrando con ciò la superbia di saper tutto e di voler fare la maestra a tutte! cosa che cagiona una gran molestia a chi vi conversa. Conviene per altro in tempo di ricreazione dir qualche parola da quando in quando, specialmente quando l'altre tacciono, altrimenti se tutte tacessero, cesserebbe quel comun sollievo che richiede la regola; del resto importa la modestia, specialmente delle giovani, che si parli quanto basta per mantenere


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la ricreazione, e che più si stia a sentire che a parlare. Sicché la buona regola è tacere quando l'altre parlano, parlare quando l'altre tacciono. - Per 3. astenersi da certi scherzi e motti che in qualche modo possono offendere l'altre su di certi difetti veri e conosciuti, ancorché si burli, perché tali burle sempre dispiacciono a coloro di cui si parla. - Per 4. non dir cosa di propria lode, e nel sentirsi lodare, alzar la mente a Dio e mutar discorso. All'incontro nel sentirsi contraddire o deridere, non isdegnarsi. S. Giovan Francesco Regis quando si vedea posto in burla da' suoi compagni nella ricreazione, seguiva a mantenere il discorso con giovialità, acciocché la propria derisione servisse loro di sollievo.42 - Per 5. importa ancora la modestia che si parli con voce bassa e non forte, che offenda le orecchie altrui: Ne cuiusquam offendat [aurem] vox fortior, dice S. Ambrogio (Lib. I de Offic. c. 18).43 - Per 6. bisogna usare modestia e moderazione anche nel ridere. Narra S. Gregorio che una volta la stessa Madre di Dio venne ad avvertire una vergine sua divota, chiamata Musa, che lasciasse le risa, se volea piacerle.44 S'intende delle


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risa smoderate, come scrisse S. Basilio: Cavendum est ab iis qui pietati student, ne in risum effusi sint (In Reg. qu. 17):45 Chi attende alla divozione, dee guardarsi dal ridere smoderatamente. Del resto dice lo stesso santo non esser contro il decoro o la divozione un rider moderato, che dimostri la serenità dell'animo.46 La religiosa poi dee farsi vedere modesta e divota, ma non afflitta e mesta, perché ciò disonora la divozione, facendo apprendere agli altri che la santità non apporta pace ed allegrezza, ma afflizione e malinconia. All'incontro il dimostrarsi lieto e contento dà animo agli altri ad abbracciar la divozione. Si legge che due cortigiani di un monarca, per aver osservata l'allegrezza con cui stava un monaco vecchio nella sua solitudine, lasciarono il mondo e si restarono con lui (Rosign., Verità etc.).47 - Per 7. ed ultimo non parlare di cose


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del mondo, come di matrimoni, di festini, di commedie e di vesti pompose: non parlar di mangiare, come sarebbe il lodare o biasimare le vivande portate a mensa. Dicea S. Francesco di Sales: Le persone di onore non pensano alla tavola, se non quando vi sedono.48 Le religiose sante, quando odono discorrere di cose nocive o inutili, procurano d'introdurre discorsi di Dio con dimande profittevoli, o pure dagli stessi discorsi prendono occasione di parlare di Dio, come praticava S. Luigi Gonzaga, il quale ogni giorno leggeva a posta per mezz'ora qualche vita di santo o altro libro divoto, per aver materia da discorrere co' compagni nella ricreazione di cose spirituali; e quando era co' minori di sé, egli era il primo ad introdurre discorsi santi; co' sacerdoti poi e maggiori di sé, proponea loro qualche dubbio di spirito, come per imparare, e in tal modo attaccava ragionamenti di Dio: benché quelli, subito che se lo vedeano dappresso, intendeano già che egli non gustava di parlar d'altro, e lo soddisfaceano; anzi se stavano parlando d'altro, per dargli gusto si metteano a parlare di Dio.49


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Suol dirsi che la lingua batte dove il dente duole. Chi porta grande amore a qualche oggetto, sempre di quello parla. S. Ignazio di Loiola perciò parea che non sapesse parlare che di Dio, ond'era chiamato: Quel padre che parla sempre di Dio.50




38 «Auro et margaritis et monilibus adornatae, ornamenta cordis ac pectoris perdiderunt.» S. CYPRIANUS, Liber de habitu virginum, n. 13. ML 4-452.



39 «Mores sunt mulierum ornamentum, domi manere- Ut plurimum, cum divinis conversari oraculis, - Fuso ac Ianae operam dare, hoc namque munus est feminarum- Ancillis opera partiri, servos vitare, - Labiis catenas iniicere, et oculis atque etiam genis.» S. GREGORIUS NAZIANZENUS, Carmina, lib. 1, sect. 2, carmen 29: Adversus mulieres se nimis ornantes, vers. 265-269. MG 37-903.



40 «Incessus esto nec segnis, ne animum dissolutum arguat; nec rursus vehemens ac superbus, ne stolidos animi impetus indicet.» S. BASILIUS, Epistolarum classis 1, epist. 3, ad Gregorium, n. 6. MG 32-231.



41 «Plebeium enim aut obscurum quempiam hominem infligentem plagas, aut publice accipientem, et in tabernis versantem, et alia id genus indecoe peragentem, nemo facile attenderit, cum facta illa universo vitae ipsius instituto convenire intelligat: sed qui perfectum vitae genus profitetur, si quid vel minimum neglexerit eorum quae officii sunt, hunc omnes observant, ipsique id probri loco obiiciunt.» S. BASILIUS, Regulae fusius tractatae, Interrogatio 22, n. 3. MG 31-979.



42 «Quand on le raillait dans les conversations, il montrait une complaisance qui faisait sentir combien il prenait de plaisir à voir les autres rire à ses dépens: il usait même alors d' artifice pour faire durer le sujet de l' entretien, afin de satisfaire son goût pour l' humiliation.» DAUBENTON, S. I., Vie, liv. 5: Son humilité.



43 «Pulchra igitur virtus est verecundiae, et suavis gratia, quae non solum in factis, sed etiam in ipsis spectatur sermonibus; ne modum progrediaris loquendi, ne quid indecorum sermo resonet tuus. Speculum enim mentis plerumque in verbis refulget. Ipsum vocis sonum librat modestia, ne cuiusquam offendat aurem vox fortior.» S. AMBROSIUS, De offixiis ministrorum, lib. 1, cap. 18, n. 67. ML 16-43.



44 «Sed neque hoc sileo quod praedictus Probus Dei famulus de sorore sua, nomine Musa, puella parva, narrare consuevit, dicens quod quadam nocte ei per visionem sancta Dei Genitrix semper virgo Maria apparuit, atque coaevas ei in albis vestibus puellas ostendit. Quibus illa cum admisceri appeteret, sed se eis iungere non auderet, beatae Mariae virginis voce requisita est an velit cum eis esse atque in eius obsequio vivere. Cui cum puella eadem diceret: «Volo,» ab ea protinus mandatum accepit ut nihil ultra leve et puellare ageret, et a risu et iocis abstineret, sciens per omnia quod inter easdem virgines quas viderat, ad eius obsequium die trigesimo veniret. Quibus visis, in cunctis suis moribus puella mutata est, omnemque a se levitatem puellaris vitae magnae gravitatis detersit manu. Cumque eam parentes eius mutatam esse mirarentur, requisita rem retulit.... Post vigesimum quintum diem febre correpta est. Die autem trigesimo... eandem beatam Genitricem Dei, cum puellis quas per visionem viderat, ad se venire conspexit. Cui se etiam vocanti respondere coepit, et depressis reverenter oculis aperta voce clamare: «Ecce, Domina, venio, ecce, Domina, venio.» In qua etiam voce spiritum reddidit, et ex virgineo corpore, habitatura cum sanctis virginibus, exivit.» S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, lib. 4, cap. 17. ML 77-348, 349.



45 «Interrogatio 17: quod oportet etiam risum continere. Responsio (n. 1): Atque etiam quod a plerisque negligitur, id diligenter pietatis studiosis cavendum est. Nam intemperanti ac immodico risu detineri, indicio est grassari intemperantiam, nec sedari motus, nec a severa ratione comprimi laxitatem animi. Risu quidem leni et hilari effusionem animi detegere indecorum non est, quantum scilicet necesse fuerit ut solum indicetur quod scriptum est: Cordis laeti facies floret (Prov. XV, 13); sed cachinnis vocem sustollere, et corpore praeter voluntatem concuti, non eius est qui mente quieta sit, aut probus, aut sui ipsius compos.» S. BASILIUS, Regulae fusius tractatae. MG 31-962.



46 Vedi la nota precedente.



47 «Due cavalieri d' un gran principe d' Italia... sazi.... de' tumulti della Corte, richiesta per pochi giorni licenza di svagare alquanto,... si ricoverarono ad un monastero di religiosi. Furono accolti a braccia aperte... e introdotti a dare un passeggio per lo giardino, ove... non si saziavano... di mirare con santa invidia la serena allegrezza che fioriva nel volto di que' santi monaci... Invitati poi a salir sopra ne' chiostri, rimasero vie più ammirati al veder quanto contenti vivessero in una grande povertà... Giunsero in capo del chiostro, ove abitava un santo vecchio.... allegro come un beato... Essendo già presi gli occhi in vedere tanta serenità il volto, restaron anche incatenati per l' orecchie in udire la dolcezza del suo discorso. Onde si fecero animo ad interrogarlo «... se avesse mai patito tribolazioni, malinconie,.... affanni....?».... Rispose...: «Oh quali e quante afflizioni hanno oppresso il mio povero cuore....! Ma grazie a Dio, che seppe ritrovare un rimedio facile e soave per convertire in gaudio ogni affanno. Basta che io apra questa piccola finestra e dia un' occhiata...» Apersero i gentiluomini la finestra... Ma rimasero attoniti, vedendo che stava rimpetto alla finestra un muro vecchio che impediva la vista... (Replicò il monaco): «O che pur troppo si scorge un oggetto di somma consolazione, se con occhio più attento voi riguarderete.» Allora affacciatosi di nuovo un di loro, vide per un foro della medesima muraglia un poco di cielo.... «Oh, soggiunse il religioso, quel solo palmo di cielo a me basta per riempirmi di consolazione.... E come posso io non giubilare veggendomi creato per quella Patria di tutte le felicità?....»....Una pioggia di lagrime... sommesse il rimanente del suo discorso. I cavalieri... se gli gettaron tosto a' piedi a chiedergli la benedizione, già risoluti di voler menare il resto de' lor giorni in quel chiostro.» Carlo Gregorio ROSIGNOLI S. I., Verità eterne, Lezione 15, § 3.



48 «C' est une vraie marque d' un esprit truand, vilain, abject et infâme de penser aux viandes et à la mangeaille avant le temps du repas, et encore plus quand après icelui on s' amuse au plaisir que l' on a pris à manger, s' y entretenant par paroles et pensées, et vautrant son esprit dedans le souvenir de la volupté que l' on a eue en avalant les morceaux, comme font ceux qui devant dîner tiennent leur esprit en broche et aprés dîner dans les plats; gens dignes d' être souillards de cuisine, qui font, comme dit saint Paul, un dieu de leur ventre (Philip. III, 19). Les gens d' honneur ne pensent à la table qu' en s' asseyant, et après le repas se lavent les mains et la bouche pour n' avoir plus ni le goût ni l' odeur de ce qu' ils ont mangé.» S. FRANÇOIS DE SALES, Introduction à la Vie dèvote, partie 3, ch. 39. (Euvres, III, Annecy, 1893, p. 227).



49 «Domandò al P. rettore del collegio se giudicasse bene ch' egli procurasse che nel tempo della ricreazione, mattina e sera, si ragionasse sempre di cose spirituali... ed avendo ottenuto il beneplacito suo, conferì lo stesso suo desiderio col prefetto delle cose spirituali... Dopo questo, scelti alcuni giovani spirituali del collegio... disse loro che desiderava per suo aiuto di potere alle volte ritrovarsi insieme con essi a ragionare delle cose di Dio nel tempo della ricreazione. Inoltre ogni dì leggeva per mezz' ora quanche libro spirituale o Vita de' santi per avere materia di discorrere, ed al fine insieme con il sopraddetti compagni diede principio all' opera, e quando era con minori di sè, egli era il primo ad introdurre santi ragionamenti e gli altri seguitavano con gusto grande; massime che dal suo ragionare cavavano non poco profitto. Con i sacerdoti e maggiori di sè, costumava di proporre loro qualche dubbio spirituale domandando il loro parere per desiderio d' imparare; ed in questa guisa attacava ragionamento di cose di Dio: sebbene essi stessi, subito che se lo vedevano appresso, senz' altro intendevano ch' egli non gustava di ragionare d' altro, e lo soddisfacevano, anzi se avevano già cominciato altri ragionamenti, per dargli gusto li mutavano, exiandio che fossero superiori. Quando si ritrovava con gli uguali, o erano di quelli co' quali già si era accordato, e così non aveva difficoltà in parlare di cose sante; o s' erano altri, egli pigliava sicurtà d' introdurre ragionamenti di qualche divota materia; e come tutti erano buoni religiosi... seguitavano in quei discorsi con ogni prontezza.» CEPARI, Vita, parte 2, cap. 18.



50 «Suo costume ordinario era... alzare spesse volte gli occhi al cielo... E di qui nacque il descriverlo che que' di fuori facevano, dicendo «quel Padre, che guarda sempre in cielo, e sempre parla di Dio.» BARTOLI, Vita, lib. 4, § 28.






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