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S. Alfonso Maria de Liguori Selva di materie predicabili IntraText CT - Lettura del testo |
Alcuni parrochi vogliono che la predica finisca di giorno, col dire che terminando di notte possono succedere molti scandali. Ma questo è un mero pregiudizio, anzi un vero inganno, parlandosi di missioni. Nelle missioni il popolo, e specialmente delle ville, per lo più è composto di faticatori che vivono alla giornata; ond'essi son necessitati a faticare ogni giorno per vivere. Posto ciò, quando la predica si fa di giorno, non vi assisteranno se non i preti e quei pochi galantuomini che vi sono e quattro bizzocche o donne divote che possono lasciar la fatica; ma all'incontro la maggior parte delle donne, e specialmente degli uomini che ne hanno più bisogno, non vi assisteranno. Appena vi verranno nei giorni di festa e nell'ultimo giorno della benedizione, ed allora verranno duri per non avere inteso le prediche: per lo che non saranno assoluti e resteranno nel loro malo stato, come prima si trovavano; e così la missione sarà perduta, come so per esperienza essere accaduto in qualche luogo, per essersi ivi predicato prima che gli uomini si ritirassero dalla campagna. Ed intendasi che il maggior frutto della missione è la conversione degli uomini; perché se gli uomini resteran cattivi, saran cattive anche le donne.
Ma replica taluno che, facendosi la missione di notte ne avverranno molti inconvenienti, e ognuno sa che non sunt facienda mala ut eveniant bona. Rispondo: il detto dice: non sunt facienda mala, ma non dice: non sunt permittenda mala ut eveniant bona. Molte volte è bene permettere qualche male, acciocché non si tralasci il bene, specialmente se il bene è ben comune: altrimenti se dovessero evitarsi tutti gl'inconvenienti che possono avvenire negli esercizj sacri, avrebbonsi da abolire nella chiesa tutte le festività, tutte le processioni, l'esposizione del Venerabile ed anche le confessioni e comunioni, perché in tutte queste opere accadono degl'inconvenienti. Ma la chiesa giustamente permette quest'inconvenienti, acciocché non si tralasci il ben comune. Inoltre rispondo che in tempo della missione difficilmente succedono questi scandali ideati: allora la gente sta più timorosa; anche i cattivi si astengono allora di fare qualche impertinenza, per non esser chiamati uomini che han perduta la fede; almeno se ne asterranno, giudicando che non troveranno corrispondenza dalle persone che volessero tentare. Ma Dio mio! questi empj di mala intenzione han tanto tempo e modo di far male, e si ha da supporre che non abbiano altro tempo e modo di farlo che quando si fa la missione? Si aggiunge che, parlandosi di scandali disonesti, allora moralmente non v'è questo pericolo, perché in quanto alla chiesa vi son molti lumi (al che dee attendersi che vi sieno sempre bastanti lumi in tempo di notte) e vi sono molti occhi; in quanto poi alle vie, le donne per la via ritiransi alle case sempre accompagnate da altre persone che hanno orrore a vedere in quel tempo qualunque scandalo senza rimproverarlo. Ma via, concediamo che succedesse
talvolta qualche inconveniente in alcun luogo, qual male è peggiore? Il permettere qualche raro inconveniente di questi, o pure il lasciare il paese come si trovava cogli stessi peccati, male pratiche, coscienze rovinate di vizj abituati, di sacrilegj, di scandali? Io per me non intendo quale zelo sia questo di taluni, che, per lo timore di qualche inconveniente raro e difficile ad avvenire, debba impedirsi il profitto certo della missione, togliendo alla gente il comodo di sentir la predica. In tempo di primavera, quando le giornate son lunghe, allora può riuscire di farsi la predica di giorno. Ma in tempo d'inverno è impossibile che riesca la missione terminando la predica prima delle ventiquattro ore. In tal tempo la predica almeno dee cominciare alle ventitré ore; e dove la campagna è lontana dal paese alle volte bisognerà cominciarla a ventiquattro ore e qualche volta più tardi.