VII Della correzione delle colpe
Con ferma disposizione stabiliamo che i prelati attendano con prudente
diligenza a correggere le mancanze dei loro sudditi, specie dei chierici, e
alla riforma dei costumi, altrimenti dovranno rendere conto del loro sangue
18.
Perché possano compiere liberamente questo loro dovere di correzione e di
riforma, decretiamo che nessuna consuetudine o appello impedisca l'esecuzione
delle loro decisioni a meno che non abbiano ecceduto nei modi. Le infrazioni
dei canonici della chiesa cattedrale, tuttavia, in cui è solito intervenire il
capitolo, saranno corrette da esso nelle chiese che finora hanno avuto tale
consuetudine, dietro ammonizione e ingiunzione del vescovo ed entro un tempo
conveniente, che questi stabilirà. Altrimenti il vescovo, da quel momento,
tenendo Dio solo dinanzi agli occhi, e superando ogni opposizione, non tardi a
correggerli con la censura ecclesiastica, come richiederà la cura delle anime.
Non ometta neppure di emendare anche altre eventuali trasgressioni, secondo che
richiederà il bene delle anime, osservando naturalmente il debito modo in ogni
cosa.
Se poi i canonici, senza un motivo vero e plausibile, ma per disprezzo del
vescovo, sospendessero gli uffici divini, egli, se lo crede, celebri nella
chiesa cattedrale; e il metropolita, dietro le sue rimostranze, considerandosi
in ciò da noi delegato, dopo esser venuto a conoscenza del vero stato delle
cose, li punisca talmente con la censura ecclesiastica, da indurli in seguito a
non commettere più tali eccessi, almeno per timore della pena.
I responsabili delle chiese evitino di trasformare questo salutare decreto
in un mezzo di guadagno o in altro peso, ma lo eseguano con zelo e fedeltà, se
vorranno sfuggire alle pene canoniche, perché su questo punto la sede
apostolica, con l'aiuto del Signore, sarà particolarmente vigilante.
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