XII Dei capitoli generali dei monaci
In ogni regno o provincia si tenga ogni tre anni, salvo il diritto dei
vescovi diocesani, un capitolo generale degli abati e di quei priori senza
abati propri, che sinora non si celebravano. Ad esso prendano parte tutti, a
meno che non abbiano un impedimento canonico. Si raccolgano presso uno dei
monasteri adatto a riceverli con questo limite, però, che nessuno di essi porti
più di sei cavalcature né più di otto persone. Invitino, con carità, a
inaugurare questo sistema due abati vicini dell'ordine Cistercense, perché
possano assisterli col loro consiglio e l'aiuto opportuno, dato che essi hanno
una lunga consuetudine e maggior esperienza nel celebrare questi capitoli.
Questi, senza che qualcuno possa opporsi, portino con sé due dei loro, che
possano essere utili; questi quattro presiedano al capitolo generale in modo
però che nessuno di essi abbia l'autorità di superiore e possano, con matura
decisione, essere cambiati all'occorrenza.
Questo capitolo sia celebrato per alcuni giorni continui, fissi, secondo
l'uso dei Cistercensi; in esso si tratti diligentemente della riforma
dell'ordine e dell'osservanza della regola; e quello che sarà stato stabilito
con l'approvazione di quei quattro, sia osservato da tutti inviolabilmente,
senza alcuna scusa, contraddizione o appello. Si stabilisca tuttavia dove, alla
prossima scadenza, sarà celebrato il prossimo capitolo.
I partecipanti vivano in comune, e sostengano in proporzione tutte le spese
comuni; se non possono essere alloggiati tutti insieme, siano sistemati almeno
in diversi nelle stesse case.
Siano stabiliti anche, in questo capitolo, dei religiosi prudenti che,
secondo criteri stabiliti, visitino in vece nostra le singole abbazie del regno
o della provincia, non solo dei monaci, ma anche delle monache per correggere e
riformare ciò che ha bisogno di correzione e di riforma. Se essi riterranno che
il superiore di un luogo dev'essere assolutamente deposto, lo denunceranno al
vescovo, perché questi lo allontani. Se questi non lo fa, gli stessi visitatori
sottoporranno la questione alla sede apostolica.
Intendiamo e comandiamo che questa disposizione venga osservata anche dai
Canonici regolari, secondo la loro regola.
Se nell'esecuzione di queste nuove norme sorgesse qualche difficoltà, che
non potesse essere risolta dalle persone designate, si riferisca, senza
provocare scandalo, alla sede apostolica perché esprima il suo giudizio,
osservando, naturalmente, ogni altra norma che sia stata decisa all'unanimità.
I vescovi diocesani, però, si studino di riformare in tal modo i monasteri
soggetti alla loro giurisdizione, che quando i suddetti visitatori giungono
presso di essi, vi trovino più cose da lodare che da riformare. Si guardino
bene, ad ogni modo, di non aggravare questi monasteri con oneri indebiti,
perché noi teniamo al rispetto dei diritti dei superiori altrettanto quanto al
rispetto della giustizia verso gli inferiori.
Ancora, comandiamo severamente sia ai vescovi diocesani, che ai presidenti
dei capitoli, che vietino con la censura ecclesiastica, e senza appello gli
avvocati, i patroni, i vicesignori, i reggenti e i consoli, i grandi, i
cavalieri e chiunque altro, perché non si azzardino a danneggiare i monasteri
nelle persone e nei beni. E non manchino di costringere alla riparazione quelli
che l'avessero fatto, perché Dio onnipotente sia servito nella pace e nella
libertà.
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