XXI Della confessione, del segreto confessionale, del dovere di comunicarsi
almeno a Pasqua
Qualsiasi fedele dell'uno o dell'altro sesso, giunto all'età di ragione,
confessi fedelmente, da solo, tutti i suoi peccati al proprio parroco almeno
una volta l'anno, ed esegua la penitenza che gli è stata imposta secondo le sue
possibilità; riceva anche con riverenza, almeno a Pasqua, il sacramento
dell'Eucarestia, a meno che per consiglio del proprio parroco non creda
opportuno per un motivo ragionevole di doversene astenere per un certo tempo.
Altrimenti finché vive gli sia proibito l'ingresso in chiesa, e - alla sua
morte - la sepoltura cristiana. Questa salutare disposizione sia pubblicata
frequentemente nelle chiese, perché nessuno nasconda la propria cecità con la
scusa dell'ignoranza.
Se poi qualcuno per un giusto motivo volesse confessare i suoi peccati ad un
altro sacerdote, prima chieda e ottenga la licenza dal proprio parroco, poiché
diversamente l'altro non avrebbe il potere di assolverlo o di legarlo
32.
Il sacerdote, poi, sia discreto e prudente; come un esperto medico versi
vino e olio 33 sulle piaghe del ferito, informandosi diligentemente
sulle circostanze del peccatore e del peccato, da cui prudentemente possa
capire quale consiglio dare e quale rimedio apprestare, diversi essendo i mezzi
per sanare l'ammalato.
Si guardi, poi, assolutamente dal rivelare con parole, segni o in qualsiasi
modo l'identità del peccatore; se avesse bisogno del consiglio di persona più
prudente, glielo chieda con cautela senza alcun accenno alla persona: poiché
chi osasse rivelare un peccato a lui manifestato nel tribunale della penitenza,
decretiamo che non solo venga deposto dall'ufficio sacerdotale, ma che sia
rinchiuso sotto rigida custodia in un monastero, a fare penitenza per sempre.
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