§ 27. — La Mafia.
Così si formano quelle vaste unioni
di persone d’ogni grado, d’ogni professione, d’ogni specie, che senza aver
nessun legame apparente, continuo e regolare, si trovano sempre unite per
promuovere il reciproco interesse, astrazione fatta da qualunque considerazione
di legge, di giustizia e di ordine pubblico: abbiamo descritto la mafia, che una persona d’ingegno,
profonda conoscitrice dell’Isola ci definiva nel modo seguente: «La Mafia è
un sentimento medioevale; Mafioso è colui che crede di poter provvedere alla
tutela e alla incolumità della sua persona e dei suoi averi mercè il suo valore
e la sua influenza personale indipendentemente dall’azione dell’autorità e
delle leggi».
Come fuori di Sicilia sono più
conosciute quelle manifestazioni del suo stato sociale, che hanno carattere
violento, così sono pure conosciuti più generalmente quegli elementi della
mafia che sono cagioni immediate di siffatte manifestazioni. Perciò è
generalmente significata con questo nome quella popolazione di facinorosi la
cui occupazione principale è d’essere ministri ed istrumenti delle violenze, e
coloro che sono con essi in relazioni dirette e continuate. Così si dice: «la mafia
del tale o tal altro paese». Siffatta incompleta cognizione del fenomeno non
entra per poco nella difficoltà incontrata a spiegarlo ed a scoprirne l’indole,
come avremo luogo di manifestarlo più particolarmente nel corso di questo
studio.
In siffatta condizione di cose,
avviene per necessità che le gare personali a poco a poco ingrossino e
diventino divisioni di partiti, e che le divisioni di partiti abbiano tutto il
loro fondamento in gare ed ambizioni personali. Se una quistione d’amor proprio
o d’interesse divide due delle prime famiglie di un Comune, a poco a poco le
altre si aggruppano intorno a quelle, il paese è diviso in due fazioni. Ognuna
impiega contro l’altra tutti i mezzi. Dalla violenza al Processo penale o
civile, e alla legge elettorale e comunale. Ognuno cerca di tirar dalla sua il
pretore, il procuratore del Re, il sotto prefetto. Dove poi non v’ha divisione
o lotta, dove la persona preponderante in un Comune è sola e senza rivale, la
sua potenza diventa assoluta. Dispone a modo suo dell’amministrazione pubblica
e quasi delle sostanze e della vita di tutti.
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