§ 35.— Prefetti e sottoprefetti.
Loro impotenza contro gli abusi.
A capo delle provincie e dei
circondari muniti di siffatto personale, sopra il personale di pubblica
sicurezza, accanto alla magistratura, di fronte alla popolazione, stanno i
prefetti e sottoprefetti venuti a rappresentare il Governo ed il suo spirito,
ad assicurare l’onestà nelle amministrazioni, a conservare l’ordine e la
sicurezza pubblica. Il funzionario giunto da un’altra parte d’Italia, ignorante
delle condizioni sociali dell’Isola, per farsi un’idea del nuovo ambiente in
cui è entrato, si dirige naturalmente ai cittadini. S’egli ha, come è
probabile, la mente piena di racconti sul disprezzo del Siciliani per
l’autorità e per le leggi, sull’asprezza delle rivalità fra i partiti locali,
sul disordine delle amministrazioni locali, egli si aspetta a vedersi, fin dai
suoi primi contatti colle persone del paese, aprir davanti, sotto una forma od
un’altra, una specie d’inferno. Ed invece, si vede nel più dei casi trattato
con ogni maniera di cortesie. Se interroga sulle condizioni del paese, sente
bensì lamenti sulla pubblica sicurezza, sulla gravezza delle tasse, spesso
sulla ingiustizia o sul poco tatto del suo predecessore; ma per il rimanente,
tutto va bene nelle amministrazioni comunali; nelle Opere pie regna l’ordine il
più perfetto e l’onestà la più illibata; le varie classi sono nell’unione la
più cordiale e formano una vasta famiglia. Del resto, tutti faranno a gara per
consigliarlo, per avvertirlo delle difficoltà, dei rischi cui va incontro. Il
suo predecessore non ha fatto ottima riuscita perchè ha creduto di doversi
appoggiare sopra certe persone, sopra certi interessi, oppure perchè ha urtato
certe suscettibilità rispettabili: i Siciliani sono un popolo che ha bisogno di
esser preso per il suo verso, di esser ben conosciuto, ed allora il governarlo
è facilissimo. Peraltro, egli può far conto sui consigli, sull’aiuto di chi gli
parla. Da tutte le parti, il funzionario nuovo venuto si sente fare i medesimi
discorsi e le medesime offerte, dare i medesimi avvertimenti. La sola cosa che
muti a seconda degli interlocutori, è il nome delle persone di cui deve
diffidare e star lontano, Però, quando egli, più o meno edificato da queste
manifestazioni secondo che è meno o più furbo, principia a metter mano agli affari
correnti, ed a guardare ciò che si fa nei Comuni e nelle altre amministrazioni
locali, la scena muta a poco a poco. Sia pure egli tanto fortunato da non
trovare una enorme quantità di affari arretrati e i bilanci comunali da
parecchi anni lasciati senza revisione dal suo predecessore, troppo assorbito
dalle cure della sicurezza pubblica o delle elezioni politiche, le difficoltà
non saranno per questo minori. L’apparenza dell’amministrazione sarà diversa
secondo i luoghi. Troverà i bilanci di alcuni Comuni sapientemente redatti
colle forme e le apparenze della legge rigidamente osservate; ad un esame
superficiale nulla tradirà la minima illegalità, il minimo abuso. Altri bilanci
invece manifesteranno la più grossolana incapacità ed ignoranza nei loro autori,
tutte le prescrizioni della legge saranno state fraintese, e occorrerà un
lavoro improbo per ritrovarsi in mezzo a una confusione di cifre senza ordine
nè ragione. Ma per quanto possano essere diversi nella forma, sono simili nel
maggior numero di essi i disordini e gli abusi. In un grandissimo numero di
Comuni è mostruosa l’ingiustizia nella distribuzione delle imposte a vantaggio
di chi comanda; le rendite e gli uffici del Municipio servono ad arricchire o
sostentare le persone che hanno in mano il Consiglio comunale, i loro parenti,
amici, aderenti; le rendite delle Opere pie, i capitali dei Monti frumentari,
servono loro ad acquistare nuovi partigiani, e ad assicurarsi gli antichi; le
liste elettorali sono l’oggetto di un perenne giuoco di bussolotti. Cogli
abili, il funzionario deve lottare di astuzia e di acume per rendere manifeste
le irregolarità e le magagne che si nascondono sotto le forme regolari, per
eludere gl’infiniti cavilli coi quali cercano di mantenersi entro i limiti
della lettera della legge; cogl’ignoranti, deve esercitare facoltà di
tutt’altra specie, per fare entrare in menti incolte ed ottuse concetti che
queste sono incapaci di comprendere. È accaduto a un sottoprefetto di dover
chiamare nel suo ufficio dei sindaci, degli assessori municipali, e far loro
durante delle ore la lezione come un maestro di scuola, per far intendere ad
essi alcune modificazioni portate da un regolamento alla redazione dei bilanci
comunali. Ma si tratti di esperti o di ignoranti, il funzionario cui preme il
suo dovere, deve ugualmente accingersi, nel maggior numero dei casi, a
combattere disordini, abusi, ingiustizie.
Allora principia per lui la dura
prova. Tutti coloro cui l’applicazione della legge toglie un guadagno illecito,
un mezzo d’influenza, o scema per poco la reputazione d’onnipotenza e
d’infallibilità, e con loro tutti i loro parenti, amici o aderenti, principiano
un coro di lamenti e di recriminazioni; s’ordisce una congiura di accuse, al
bisogno di calunnie, senza posa. Si cerca l’aiuto di persone influenti a Roma,
si reclama l’alleanza del deputato del collegio, quando si sia contribuito alla
sua elezione; s’invoca la protezione del senatore più vicino. Il funzionario
vede nascere, crescere ed ingigantire intorno a sè la bufera. A meno che sia
dotato di una energia sovrumana, cerca istintivamente un sostegno. Se vi ha in
paese un partito opposto alle persone che hanno avuti lesi i loro interessi,
l’appoggio è bell’e trovato: non occorre cercarlo, si presenta da sè. E sarebbe
chieder troppo ad un impiegato il volere che, assalito con tanto accanimento,
mal sicuro dell’appoggio dei suoi superiori, egli non si abbandoni nelle
braccia che gli si porgono con tanta cordialità, e non accetti l’alleanza
offertagli. Da quel momento in poi, per un processo naturale dell’animo umano,
qualunque pensiero, per quanto fosse prima dominante nella mente di quel
funzionario, ne sparisce a poco a poco per dar luogo alla cura immediata della
sua difesa: ed il successo di questa dipende dall’aiuto dei nuovi alleati. Poco
a poco è trascinato a fare tutte quelle concessioni, che devono assicurargli
questo aiuto, e di concessione in concessione, arriva a tollerare, a favorire,
a vantaggio di quelle, le stesse illegalità, per impedire le quali egli ha
sollevato contro di sè la tempesta. Da allora in poi egli diventa l’istrumento
del partito o della camarilla, che l’ha preso a proteggere. Questa lo porta
attorno come un trofeo della sua potenza, ne fa un’arme per i suoi soprusi, e
se prima aveva da combattere aspramente ogni giorno per guadagnare e conservare
una preponderanza mal sicura, adesso trionfa addirittura e s’impone senza
contrasto per mezzo di lui.
Se poi per caso strano il
funzionario ha il coraggio piuttosto unico che raro di resistere alle lusinghe
come agli assalti, e di tenere alta la bandiera della legge di fronte a tutti;
oppure se le persone che ha avuta la sventura di offendere non hanno rivali nel
comando, allora la sua posizione è quasi disperata. Se non è siciliano, alle
accuse contro la sua persona si aggiunge il lamento che gl’impiegati
continentali sono incapaci di capire gl’isolani, non sanno rispettare le loro
giuste suscettibilità, sono inatti a governarli. Intanto crescono senza
contrasto le pressioni e gl’intrighi presso il Ministero, si sorveglia ogni
atto, ogni parola, ogni movimento del perseguitato per coglierlo in fallo. E
quando egli ha commesso qualche errore, inevitabile in una situazione così
difficile ed esasperante, urli, scandali, contumelie; si grida all’immoralità,
alla ingiustizia, si invocano perfino le leggi. Alla fine, il Ministero o per
ignoranza del vero stato delle cose o per stanchezza, o per non perdere il voto
in Parlamento, o per paura di ciò che crede esser l’opinione pubblica, cede, e
trasloca il funzionario. È accaduto però lo strano caso che il Governo
resistesse fino all’ultimo, cioè fino alla prima crisi ministeriale. Allora è
il ministro nuovo che trasloca l’impiegato. Ma sia stato il trasloco ordinato
dal ministro vecchio o nuovo, l’effetto è sempre lo stesso, cresce il disprezzo
per il Governo e per i suoi agenti: nel volgo, perchè si conferma sempre più in
lui l’idea che il rappresentante dell’autorità non è altro che persona posta
dal Governo al servizio della influenza dei potenti del luogo, i quali hanno
buoni mezzi di far punire ogni suo atto di insubordinazione; nelle persone
influenti e prepotenti, perchè vedono quanto sia loro facile di trionfare della
legge e di chi la rappresenta. Se poi un funzionario superiore riesce a
rimanere lungo tempo nel suo posto facendosi tollerare, allora il disprezzo
cresce più che mai, perchè ciò nel maggior numero dei casi può accadere
solamente quando esso o sia tanto privo d’intelligenza da non capir nulla di
quanto accade intorno a lui, o si sia lasciato corromper fin da principio, o
sia di una debolezza eccessiva.
Chi potrà rimproverare a un
funzionario posto in siffatte circostanze s’egli finisce coll’abbandonarsi
all’influenza dell’ambiente, e coll’andare avanti a furia d’illegalità, di
compromessi? Allora i lamenti, le recriminazioni crescono più che mai: abitanti
e funzionari si rimproverano a vicenda le illegalità e le prepotenze, ognuno
esagera dal canto suo. Una persona capitata da poco non trova filo per condursi
in questo laberinto di vero e di falso, di torti che s’intrecciano, e si sente
l’animo tormentato da quell’eterna quistione che pesa continuamente come un
incubo sulla mente di chiunque studi le condizioni di Sicilia. Di chi è la
colpa? Se da una parte le persone del paese non si curano delle leggi che per trovare
i migliori modi di eluderle e di violarne almeno lo spirito, dall’altra non
sono pochi nemmeno gli arbitrii e le illegalità dei rappresentanti del Governo.
E queste non hanno sempre il fine di avvantaggiare l’interesse pubblico. Sono
numerosi gli esempi di funzionari che hanno approfittato della forma che
traevano dal loro ufficio per soddisfare rancori personali o avvantaggiare i
loro interessi privati. Se gli abitanti, nel massimo numero dei casi, usano
ogni mezzo per volgere a loro vantaggio privato i patrimoni dei Comuni e delle
Opere pie, lo possono fare spesso per la negligenza e la fiaccona delle
autorità incaricate di sorvegliare queste amministrazioni. Nella penuria in cui
sono di vie rotabili, i Siciliani vedono talvolta lo Stato spendere inutilmente
denari in costruzione di strade che franano appena aperte alla circolazione, e
ciò per la scandalosa negligenza del proprio dovere per parte di taluni uffici
del genio civile, dove la visita di collaudo si rimette dal capo al suo
sottoposto, da questo al suo inferiore, e così di seguito finchè la visita e la
verificazione vien fatta da un impiegato d’ordine infimo. Se gl’impiegati in
taluni luoghi si lamentano dell’antipatia e dell’astio della popolazione, che
li tratta e li considera come se fossero venuti alla coda di un esercito
invasore, d’altra parte gli abitanti si lamentano a ragione della mancanza di
riguardi di molti funzionari ed ufficiali dell’esercito per i loro costumi, per
le loro tradizioni; dell’aperto disprezzo col quale questi trattano la
popolazione in mezzo alla quale sono. Gl’impiegati continentali devono fare
spesso ai Siciliani quell’impressione che fanno e soprattutto facevano per
l’innanzi agli Italiani delle altre provincie i Francesi, quando venivano a
denigrare e disprezzare tutto ad alta voce paragonando il nostro paese al loro.
E dovrebbe pure esser gran cura di non urtare inutilmente una popolazione,
dalla quale pur troppe idee o costumi inveterati si devono per necessità
svellere ad ogni costo, perchè incompatibili col sistema di Governo italiano.
Ad ogni modo, di chiunque sia la
colpa, il risultato chiaro e certo, è che la legge non si rispetta se non da
chi non è abbastanza ardito per violarla; che, per chiunque altro, la legge e
l’autorità non sono se non un mezzo per prevalere più sicuramente contro ogni
diritto ed ogni giustizia; che quantunque vi siano e leggi e funzionari e
tribunali e forza pubblica, il patrimonio pubblico è di chi se lo sa prendere,
le vite e le sostanze dei cittadini sono in balìa dei più prepotenti; che per i
monti, per le selve, per i campi, per le strade, si ammazza, si ruba, si
ricatta, quasi sempre impunemente.
|