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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE         Capitolo I. CONDIZIONI GENERALI
      • III. LE PROVINCE TRANQUILLE
        • § 36. — La pubblica sicurezza nelle provincie orientali dell’Isola.
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III.

LE PROVINCE TRANQUILLE

 

§ 36. — La pubblica sicurezza nelle provincie orientali dell’Isola.

Tale è lo spirito di quella zona centrale di Sicilia che si estende dal mare Tirreno all’Affricano e comprende le provincie di Palermo, Girgenti e Caltanissetta, la parte occidentale di quelle di Messina e Catania, e buona parte di quella di Trapani. In mezzo a questi orrori si sente raccontare che camminando verso Oriente, si trovano paesi benedetti, dove si può girare le campagne senza timore di essere uccisi o ricattati, far valere i propri diritti, scegliere liberamente un compratore per il proprio fondo, senza essere puniti con una fucilata. Il viaggiatore stanco di ciò che ha veduto e udito, si affretta verso quella terra promessa, giunge alle provincie di Messina, Catania e Siracusa. E trova che ciò che ha udito sopra di esse è vero in gran parte. Nella prima incontra senza dubbio ancora recenti le memorie degli assassinii e delle violenze di una classe di malfattori, che signoreggiò per lungo tempo il capoluogo e i suoi dintorni, ora fortunatamente vinta e distrutta da operazioni di polizia energiche e ben dirette. Sono pure ancora vive le tradizioni del capo brigante Ignazio Cucinotta, che per alcuni anni, fino al 1875, percorse da padrone buona parte della provincia, esercitando il brigantaggio e il contrabbando su larga scala a profitto e colla connivenza di buon numero di cittadini di ogni ceto. Costui eseguiva operazioni di contrabbando all’ingrosso. Operava lo scarico di bastimenti. Si dava appuntamento per la notte e sul punto della costa preventivamente fissato, al numero d’uomini e di barrocci occorrenti per lo scarico. Eseguito questo, non mancavano i proprietarii che fornissero luoghi di ricovero per le merci. Tutto ciò si operava per così dire, pubblicamente. Tutti lo sapevano, meno gl’impiegati di dogana; o piuttosto lo sapevano anch’essi, ma chiudevano un occhio, oppure venivano a transazioni vere e proprie coi contrabbandieri per salvarsi la pelle. Questa banda di malfattori si era accollata, nel territorio dove dominava, la protezione di talune industrie. Così i fabbricanti di mattoni dovevano pagarle una tassa, ma in cambio erano assicurati contro la concorrenza di chiunque volesse imprender la medesima loro industria. Costoro avevano acquistato sulle popolazioni tale predominio, da intromettersi negli affari privati, facendola quasi da autorità pubblica, ma esercitando una tirannia in confronto della quale quella dei Borboni nei tempi peggiori era benefica e giusta25. La maggior parte dei componenti quella banda furono presi. Il processo, iniziato in circostanze eccezionalmente favorevoli per essere arrestata la maggior parte della banda, e preventivamente sgominata la mafia messinese, ebbe esito felice, malgrado le intimidazioni subìte dai molti testimoni. La maggior parte degli imputati vennero condannati. Però, il capo, colla connivenza di persone di ogni classe, ha sfuggito e sfugge tuttora alle ricerche dell’autorità. Ridotto alla impotenza, egli continua nonostante a soggiornare nella provincia senza dar molestia ad alcuno. Molti sanno dov’è, e sono in relazione con lui.

Però, dopo la distruzione della mafia di Messina, e il processo della banda Cucinotta, la sicurezza pubblica è tornata in istato normale nella massima parte della provincia. Lo è pure nella maggior parte di quella di Catania, ed in quella di Siracusa; soprattutto in quest’ultima. Sotto questo aspetto, pare impossibile che nello spazio ristretto di un’isola come la Sicilia, possano trovarsi condizioni così diverse come quelle delle provincie occidentali e delle orientali. Parrebbe che le une dovessero esser divise dalle altre da parecchie centinaia di miglia di terra e di mare.

 

 




25 «Formavano un’associazione ben costituita. Si spacciavano galantuomini che facevano guerra al Governo, esercitavano in quelle contrade ove avevano stanza, un bizzarro e crudele dispotismo. Tenevano un capo, avevano spie e contabili, imponevano tasse ai fornaciai, ai legnaiuoli, ai mugnai, ai pastori, accordando in cambio la loro alta protezione contro chi bisognasse.... E coloro che venivano tassati per questa speciale protezione si rivalevano a loro volta danneggiando le altrui proprietà, sicuri d’essere, al bisogno, difesi. La facevano da giudici, e sotto la condizione che nulla si rivelasse alla giustizia; placavano gli offesi col denaro che facevano sborsare agli offensori, sotto pena della legge del taglione; facevano restituire le cose rubate e risarcire il danno cagionato. Impedivano che si contraessero matrimoni che non andavano loro ai versi, e per converso facevano stringere quelli che loro piacevano per qualche secondo fine. La facevano da pacieri intromettendosi fra padre e figlio, fra marito e moglie, fra fidanzati, e, col timore, li rappattumavano. La facevano da custodi, costringendo i proprietari di quelle contrade a pagare loro un tanto per custodia di frutti, i quali, per soprassello da loro stessi venivano rubati.... Si godevano le donne, e poi le davano in moglie, colla forza, a chi loro piaceva». (Gazzetta d’Italia, 1875, 360-361). «A commettere i furti molti giovanotti erano tratti per forza». (Ibid., 1876, 2-3). Vedi l’intero resoconto sommario del processo della banda Cucinotta nella Gazzetta d’Italia, anno 1875, n. 360-361 e 362; anno 1876, nn. 2-3, 4, 5, 6, 9, 11, 12, 13, 15, 17, 19, 33, 39.






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