III.
LE
PROVINCE TRANQUILLE
§ 36. — La pubblica
sicurezza nelle provincie orientali dell’Isola.
Tale è lo spirito di quella zona centrale di Sicilia che si
estende dal mare Tirreno all’Affricano e comprende le provincie di Palermo,
Girgenti e Caltanissetta, la parte occidentale di quelle di Messina e Catania,
e buona parte di quella di Trapani. In mezzo a questi orrori si sente
raccontare che camminando verso Oriente, si trovano paesi benedetti, dove si
può girare le campagne senza timore di essere uccisi o ricattati, far valere i
propri diritti, scegliere liberamente un compratore per il proprio fondo, senza
essere puniti con una fucilata. Il viaggiatore stanco di ciò che ha veduto e
udito, si affretta verso quella terra promessa, giunge alle provincie di
Messina, Catania e Siracusa. E trova che ciò che ha udito sopra di esse è vero
in gran parte. Nella prima incontra senza dubbio ancora recenti le memorie
degli assassinii e delle violenze di una classe di malfattori, che signoreggiò
per lungo tempo il capoluogo e i suoi dintorni, ora fortunatamente vinta e
distrutta da operazioni di polizia energiche e ben dirette. Sono pure ancora
vive le tradizioni del capo brigante Ignazio Cucinotta, che per alcuni anni,
fino al 1875, percorse da padrone buona parte della provincia, esercitando il
brigantaggio e il contrabbando su larga scala a profitto e colla connivenza di
buon numero di cittadini di ogni ceto. Costui eseguiva operazioni di
contrabbando all’ingrosso. Operava lo scarico di bastimenti. Si dava
appuntamento per la notte e sul punto della costa preventivamente fissato, al
numero d’uomini e di barrocci occorrenti per lo scarico. Eseguito questo, non
mancavano i proprietarii che fornissero luoghi di ricovero per le merci. Tutto
ciò si operava per così dire, pubblicamente. Tutti lo sapevano, meno
gl’impiegati di dogana; o piuttosto lo sapevano anch’essi, ma chiudevano un
occhio, oppure venivano a transazioni vere e proprie coi contrabbandieri per
salvarsi la pelle. Questa banda di malfattori si era accollata, nel territorio
dove dominava, la protezione di talune industrie. Così i fabbricanti di mattoni
dovevano pagarle una tassa, ma in cambio erano assicurati contro la concorrenza
di chiunque volesse imprender la medesima loro industria. Costoro avevano
acquistato sulle popolazioni tale predominio, da intromettersi negli affari
privati, facendola quasi da autorità pubblica, ma esercitando una tirannia in
confronto della quale quella dei Borboni nei tempi peggiori era benefica e
giusta25. La maggior parte dei componenti quella banda furono presi. Il
processo, iniziato in circostanze eccezionalmente favorevoli per essere
arrestata la maggior parte della banda, e preventivamente sgominata la mafia
messinese, ebbe esito felice, malgrado le intimidazioni subìte dai molti
testimoni. La maggior parte degli imputati vennero condannati. Però, il capo,
colla connivenza di persone di ogni classe, ha sfuggito e sfugge tuttora alle
ricerche dell’autorità. Ridotto alla impotenza, egli continua nonostante a
soggiornare nella provincia senza dar molestia ad alcuno. Molti sanno dov’è, e
sono in relazione con lui.
Però, dopo la distruzione della mafia
di Messina, e il processo della banda Cucinotta, la sicurezza pubblica è
tornata in istato normale nella massima parte della provincia. Lo è pure nella
maggior parte di quella di Catania, ed in quella di Siracusa; soprattutto in
quest’ultima. Sotto questo aspetto, pare impossibile che nello spazio ristretto
di un’isola come la Sicilia, possano trovarsi condizioni così diverse come
quelle delle provincie occidentali e delle orientali. Parrebbe che le une
dovessero esser divise dalle altre da parecchie centinaia di miglia di terra e
di mare.
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