§ 37. — Condizioni sociali
delle provincie orientali uguali a quelle del rimanente dell’Isola.
Ma se, lasciando da parte queste
manifestazioni esteriori e derivate, per quanto importanti, ci volgiamo ad
esaminare le condizioni sociali in loro stesse, ci ritroviamo pur troppo in
paese di conoscenza. Certamente, manca nelle provincie orientali quella classe
di malfattori che desola le altre; sono rare le violenze sanguinarie; ma ciò è
in gran parte perchè i prepotenti sanno con altri mezzi prevalere a dispetto
delle leggi e della giustizia. Da un lato, la classe abbiente ha saputo
conservare preziosamente il monopolio della forza ed impedire fino adesso che
lo dividessero con lei, servendola, dei facinorosi venuti su dalle classi
infime della società; dall’altra parte, la popolazione di ogni classe, o per
indole o per tradizione o per qualsiasi ragione è piuttosto portata ad usare
l’astuzia che la violenza. Ma gli effetti finali vengono ad esser sempre i
medesimi. In questa parte, come in tutte le altre dell’Isola, si adopera la
legge soltanto per eluderla: v’è una cospirazione generale e permanente per far
sfuggire alla legge coloro che l’hanno offesa se, offendendola, non hanno leso
gli interessi di qualcuno fra coloro che prevalgono. Un piccolo numero di
persone s’impone all’intera società e ne volge a proprio profitto le ricchezze
e la forza. Nel campo delle relazioni private, le prepotenze, usandosi più
generalmente da ricco a povero, fanno meno rumore e sono meno conosciute, le
frodi di una infinita popolazione di faccendieri, non assumendo la forma di
offese aperte e violenti alle leggi, non sollevano scandali e non sono
conosciute fuori del luogo dove si commettono. Ma il disordine in tutte le
relazioni sociali private e pubbliche qui come nel rimanente dell’Isola è
profondo, e si estende a tutto. Ben più, quegli elementi di violenza che nelle
provincie orientali dell’Isola sono in piena attività, qui esistono in germe e
sono pronti a fiorire alla prima circostanza favorevole. Già in Messina
mostrarono i loro frutti, e sono ovunque abbastanza sviluppati perchè, se
qualcuno abbia un valido movente a far commettere un omicidio, non peni a
trovare il braccio che lo eseguisca. Si sono presentati parecchi casi di uomini
della classe abbiente che, volendo dar moglie ai loro figli si sbarazzavano
delle drude di questi facendole uccidere. In un Comune della provincia di
Siracusa che prima era fra i più tranquilli, da alcuni anni, gli odii si sono
inaspriti fra le due famiglie che tengono diviso il paese, ed è già stato
commesso un omicidio in circostanze tali, che nel centro della provincia di
Palermo non si potrebbe far di meglio. Un sicario, per mandato di una di queste
famiglie, uccise un membro dell’altra, mentre era la sera nella casina di
società piena di gente, tirandogli dalla strada una fucilata per la finestra. I
facinorosi non essendo in questa parte dell’Isola potentemente organizzati come
in altre, l’autore e i mandanti del delitto sono stati arrestati. Però, a
quanto pare, fu trovato modo di fare assalire per la strada la corriera il
giorno che portava il loro processo a Palermo presso la sezione d’accusa della
Corte d’appello. Questa fu svaligiata, e le carte del processo portate via.
La vista delle condizioni
dell’Isola intera senza distinzione di provincie, ispira un profondo sconforto.
L’animo prova una continua vicenda di sdegno e di pietà verso i vari elementi
che vanno cozzandosi ciecamente in quella disperata confusione, prova uno
smarrirsi e un confondersi di tutti quei criterii e concetti di buon governo
che nelle università e nei libri si è imparato a ritenere per sicuri, e un
dubbio doloroso che tutti quei principii di giustizia e di libertà, nei quali
si era abituati a credere quasi come in una religione, non siano altro che
discorsi bene architettati per coprir magagne che l’Italia è incapace di
curare, una vernice per lustrare i cadaveri.
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