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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo II. CENNI STORICI
        • § 44. — Effetti delle sopraddette condizioni. Prevalenza dell’autorità privata.
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§ 44. — Effetti delle sopraddette condizioni. Prevalenza dell’autorità privata.

Mancando la preponderanza di numero e d’influenza della classe media, mancò in Sicilia la cagione che aveva provocato quella trasformazione dei costumi e del diritto, della quale la rivoluzione francese è generalmente considerata come tipo. Ed invero, nello stato sociale di cui il diritto feudale è una manifestazione, sono per consenso universale considerate come diritti le volontà e gli interessi sostenuti da una forza materiale sufficente a farli rispettare. Per contro, è carattere proprio della classe media, che ognuno degli individui i quali la compongono non è in grado di far rispettare colla forza i propri interessi. Per modo che, quando per l’accrescersi delle industrie e dei commerci, la varietà degli interessi diventi tale che, per i componenti questa classe, sia più di danno che di vantaggio l’acquistare forze per difendersi coll’associarsi sotto forma di corporazioni di arti e mestieri; quando d’altra parte la classe media sia diventata tanto numerosa, e, per una cagione o per un’altra, tanto influente da poter determinare l’indirizzo del governo del paese, essa è portata dalla forza delle cose a chiedere che siano dall’autorità sociale riconosciuti e sanciti come diritti gli interessi di ciascuno dei suoi membri, in quanto non ledano quelli degli altri che siano appoggiati a titoli simili. Laonde i moderni codici civili, penali e di procedura. I quali, una volta stabiliti in cosiffatte circostanze, non hanno bisogno che vi si uniformi il senso giuridico della nazione, giacchè essi stessi piuttosto si sono uniformati a quello. Quella medesima influenza della classe media, che ha provocato la creazione del codice è cagione che esso non rimanga lettera morta e venga dalla magistratura applicato. Per quanto da cotale applicazione venga talvolta personalmente a soffrire taluno dei membri di quella classe stessa, pure il senso giuridico della maggioranza sancisce la sentenza, e lo obbliga ad accettarla e ad ubbidire.

Ma in Sicilia, nulla di simile. Di più, se da una parte mancava l’elemento sociale che impedisse l’abuso della forza in chi la possedeva, dall’altra tutto, nelle condizioni dell’Isola, portava all’uso della prepotenza nelle relazioni sociali. La mancanza di commercio e d’industria, le scarsissime relazioni col rimanente di Europa,83 chiudevano infinite vie allo sfogo dell’attività dei privati. era loro maggiormente aperta la strada all’ambizione nella vita pubblica, giacchè questa non esisteva. In quello stato di cose, l’unico fine che ciascuno potesse proporre alla sua attività od ambizione, era di prevalere sopra i propri pari nell’angusto cerchio di un distretto dell’interno dell’Isola e tutt’al più di Palermo. Laonde le rivalità e gli odii ereditari fra le famiglie, inaspriti di generazione in generazione da nuove offese; e l’amore della vendetta spinto all’estremo.

In quanto ai modi per ottenere questa prevalenza, si riducevano quasi tutti alle prepotenze. Era certamente mezzo efficacissimo per acquistarla l’avanzare gli altri di ricchezze; ma nelle condizioni economiche dell’Isola, non si poteva gran fatto aumentare le proprie rendite col migliorare le colture del proprio feudo e impiantar nuove industrie. Rimaneva solamente il prendersi la ricchezza altrui o almeno scemarla. Per chi volesse prevalere coll’influenza, in un paese dove l’opinione pubblica non poteva esistere, e dove, essendo quasi nulla l’azione del Governo, si poteva dire che non esistesse autorità sociale, giacchè la sola giustizia efficace era quella dei baroni,84 il solo modo era la potenza personale. Per ottenerla, i soli mezzi erano la violenza e l’astuzia. In quanta proporzione concorressero l’una e l’altra a costituire la potenza, dipendeva da circostanze accessorie di persone, di luoghi, di costumi, di tradizioni. Ma rimaneva il fatto costante che la preponderanza non risiedeva nell’autorità sociale, bensì in quella persona o in quella unione di persone che sapessero essere più forti. Per modo che, nel massimo numero dei casi, il successo definitivo rimaneva alla forza, qualunque fossero gli elementi che la costituivano. La forza era per tal modo una istituzione di diritto, e l’uso ne diventava legittimo, se non altro, a titolo di difesa. E quantunque dopo il famoso caso di Sciacca nel 1529 le storie non rammentino più guerre private regolari, si può dire che riguardo alle relazioni fra feudatari, il senso giuridico della nazione fosse ancora al principio del secolo, nel punto stesso in cui era stato quello del rimanente d’Europa, quando le guerre private erano una istituzione regolare, e i loro risultati una sorgente di diritti.

Il fatto della soppressione della feudalità poteva mutar poco a questo stato di cose. Fu levata, è vero, ai baroni l’organizzazione legale ed ufficiale dei tribunali e degli armigeri baronali; ma se fu tolto un mezzo, non fu tolta nessuna delle cagioni che rendevano ai potenti utile, possibile e necessario il procurarsi non solo la prevalenza, ma anche la sicurezza per mezzo della loro potenza personale. E certamente la forza e l’energia del Governo che resse la Sicilia durante la breve vita della costituzione del 1812 non fu tale da potere imporre e sostituire la sua volontà e la sua legge all’autorità e alla forza personale. La differenza portata dalla abolizione della feudalità nelle relazioni sociali si ridusse dunque a questo: che come la ricchezza, così la prepotenza diventò accessibile ad un maggior numero, e che quella popolazione di facinorosi, che prima era al servizio dei baroni diventò indipendente; sicchè, per ottenere i suoi servizi bisognò trattare con essa da pari a pari. L’astuzia entrò in maggior proporzione a costituire la forza privata. Ma la forza rimase sempre il mezzo di ottenere in ogni disputa o gara, la vittoria definitiva.

E siccome, qualunque sia il concetto astratto che uno si faccia del diritto, è un fatto costante che la generalità degli uomini in un dato paese ed in una data epoca, considerano come istituzioni di diritto quelle forze d’indole qualsiasi, che non possono essere combattute e vinte, così si può dire che, nel senso giuridico dei Siciliani, immediatamente dopo l’abolizione della feudalità, la forza materiale privata, in quanto prevaleva, costituiva il diritto.

Ne veniva naturalmente che l’istinto della conservazione portasse ognuno ad assicurarsi l’aiuto di uno dei forti, giacchè la forza sociale nel fatto non esisteva, laonde la forza che assumeva la società era quella della clientela. Per modo che la società siciliana, immediatamente dopo l’abolizione della feudalità, aveva tutti i caratteri di quelle dei rimanenti paesi d’Europa nel Medio Evo. Distribuzione disugualissima della ricchezza; mancanza assoluta del concetto di un diritto eguale per tutti; predominio della potenza individuale; carattere esclusivamente personale di tutte le relazioni sociali; il tutto accompagnato, com’era inevitabile, da una grande asprezza negli odii; dalla passione della vendetta; dal concetto che chi non si fa giustizia e non si vendica da non ha onore. In un tale stato di cose nulla impediva la massima violenza dei costumi e un sommo disprezzo della vita umana, dove le circostanze locali, le abitudini, le tradizioni vi si prestassero. E difatti sotto questa forma della violenza si manifestò, in una gran parte dell’Isola, la sopra descritta condizione sociale. Nel rimanente, e specialmente nella parte orientale, le medesime cagioni produssero i loro effetti sotto forma differente. Alla violenza brutale, prevalse l’astuzia. Cercheremo più oltre di esporre in quella parte che ci sarà possibile le ragioni di questa differenza nei fenomeni. Ma ad ogni modo la condizione sociale comune a tutta l’Isola era tale che, se nel 1815 la Sicilia invece di tornare sotto il regime di una monarchia assoluta, fosse stata lasciata a stessa, e se avesse potuto essere assolutamente isolata dalle influenze di qualunque genere del rimanente dell’universo, non essendovi nella nazione siciliana elemento alcuno in grado di approfittare delle riforme del 1812-15, e in conseguenza di difenderle, queste sarebbero tosto cadute in disuso, e sarebbe invalso nell’Isola un diritto consuetudinario, analogo molto più al feudale che al napoleonico.

 

 




83 Sul quasi assoluto isolamento della Sicilia sulla fine nel secolo scorso. — Vedi: La Lumia, Il vicerè Domenico Caracciolo, § 3 (Studi di Storia Siciliana, vol. II, pag. 555).



84 I litigi fra popolazione e signori erano d’ordinario impediti e soffocati in addietro (cioè prima del vicerè Caracciolo). — Vedi: La Lumia, Il vicerè Caracciolo, pag. 572.






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