§ 44. — Effetti delle
sopraddette condizioni. Prevalenza dell’autorità privata.
Mancando la preponderanza di
numero e d’influenza della classe media, mancò in Sicilia la cagione che aveva
provocato quella trasformazione dei costumi e del diritto, della quale la
rivoluzione francese è generalmente considerata come tipo. Ed invero, nello
stato sociale di cui il diritto feudale è una manifestazione, sono per consenso
universale considerate come diritti le volontà e gli interessi sostenuti da una
forza materiale sufficente a farli rispettare. Per contro, è carattere proprio
della classe media, che ognuno degli individui i quali la compongono non è in
grado di far rispettare colla forza i propri interessi. Per modo che, quando
per l’accrescersi delle industrie e dei commerci, la varietà degli interessi
diventi tale che, per i componenti questa classe, sia più di danno che di
vantaggio l’acquistare forze per difendersi coll’associarsi sotto forma di
corporazioni di arti e mestieri; quando d’altra parte la classe media sia
diventata tanto numerosa, e, per una cagione o per un’altra, tanto influente da
poter determinare l’indirizzo del governo del paese, essa è portata dalla forza
delle cose a chiedere che siano dall’autorità sociale riconosciuti e sanciti
come diritti gli interessi di ciascuno dei suoi membri, in quanto non ledano
quelli degli altri che siano appoggiati a titoli simili. Laonde i moderni
codici civili, penali e di procedura. I quali, una volta stabiliti in
cosiffatte circostanze, non hanno bisogno che vi si uniformi il senso giuridico
della nazione, giacchè essi stessi piuttosto si sono uniformati a quello.
Quella medesima influenza della classe media, che ha provocato la creazione del
codice è cagione che esso non rimanga lettera morta e venga dalla magistratura
applicato. Per quanto da cotale applicazione venga talvolta personalmente a
soffrire taluno dei membri di quella classe stessa, pure il senso giuridico
della maggioranza sancisce la sentenza, e lo obbliga ad accettarla e ad
ubbidire.
Ma in Sicilia, nulla di simile. Di più, se da una parte
mancava l’elemento sociale che impedisse l’abuso della forza in chi la
possedeva, dall’altra tutto, nelle condizioni dell’Isola, portava all’uso della
prepotenza nelle relazioni sociali. La mancanza di commercio e d’industria, le
scarsissime relazioni col rimanente di Europa,83 chiudevano infinite
vie allo sfogo dell’attività dei privati. Nè era loro maggiormente aperta la
strada all’ambizione nella vita pubblica, giacchè questa non esisteva. In
quello stato di cose, l’unico fine che ciascuno potesse proporre alla sua
attività od ambizione, era di prevalere sopra i propri pari nell’angusto
cerchio di un distretto dell’interno dell’Isola e tutt’al più di Palermo.
Laonde le rivalità e gli odii ereditari fra le famiglie, inaspriti di
generazione in generazione da nuove offese; e l’amore della vendetta spinto
all’estremo.
In quanto ai modi per ottenere questa prevalenza, si
riducevano quasi tutti alle prepotenze. Era certamente mezzo efficacissimo per
acquistarla l’avanzare gli altri di ricchezze; ma nelle condizioni economiche
dell’Isola, non si poteva gran fatto aumentare le proprie rendite col
migliorare le colture del proprio feudo e impiantar nuove industrie. Rimaneva
solamente il prendersi la ricchezza altrui o almeno scemarla. Per chi volesse
prevalere coll’influenza, in un paese dove l’opinione pubblica non poteva
esistere, e dove, essendo quasi nulla l’azione del Governo, si poteva dire che
non esistesse autorità sociale, giacchè la sola giustizia efficace era quella
dei baroni,84 il solo modo era la potenza personale. Per ottenerla, i
soli mezzi erano la violenza e l’astuzia. In quanta proporzione concorressero
l’una e l’altra a costituire la potenza, dipendeva da circostanze accessorie di
persone, di luoghi, di costumi, di tradizioni. Ma rimaneva il fatto costante
che la preponderanza non risiedeva nell’autorità sociale, bensì in quella
persona o in quella unione di persone che sapessero essere più forti. Per modo
che, nel massimo numero dei casi, il successo definitivo rimaneva alla forza,
qualunque fossero gli elementi che la costituivano. La forza era per tal modo
una istituzione di diritto, e l’uso ne diventava legittimo, se non altro, a
titolo di difesa. E quantunque dopo il famoso caso di Sciacca nel 1529 le
storie non rammentino più guerre private regolari, si può dire che riguardo
alle relazioni fra feudatari, il senso giuridico della nazione fosse ancora al
principio del secolo, nel punto stesso in cui era stato quello del rimanente
d’Europa, quando le guerre private erano una istituzione regolare, e i loro
risultati una sorgente di diritti.
Il fatto della soppressione
della feudalità poteva mutar poco a questo stato di cose. Fu levata, è vero, ai
baroni l’organizzazione legale ed ufficiale dei tribunali e degli armigeri
baronali; ma se fu tolto un mezzo, non fu tolta nessuna delle cagioni che
rendevano ai potenti utile, possibile e necessario il procurarsi non solo la
prevalenza, ma anche la sicurezza per mezzo della loro potenza personale. E
certamente la forza e l’energia del Governo che resse la Sicilia durante la
breve vita della costituzione del 1812 non fu tale da potere imporre e
sostituire la sua volontà e la sua legge all’autorità e alla forza personale.
La differenza portata dalla abolizione della feudalità nelle relazioni sociali
si ridusse dunque a questo: che come la ricchezza, così la prepotenza diventò
accessibile ad un maggior numero, e che quella popolazione di facinorosi, che prima
era al servizio dei baroni diventò indipendente; sicchè, per ottenere i suoi
servizi bisognò trattare con essa da pari a pari. L’astuzia entrò in maggior
proporzione a costituire la forza privata. Ma la forza rimase sempre il mezzo
di ottenere in ogni disputa o gara, la vittoria definitiva.
E siccome, qualunque sia il
concetto astratto che uno si faccia del diritto, è un fatto costante che la
generalità degli uomini in un dato paese ed in una data epoca, considerano come
istituzioni di diritto quelle forze d’indole qualsiasi, che non possono essere
combattute e vinte, così si può dire che, nel senso giuridico dei Siciliani,
immediatamente dopo l’abolizione della feudalità, la forza materiale privata,
in quanto prevaleva, costituiva il diritto.
Ne veniva naturalmente che
l’istinto della conservazione portasse ognuno ad assicurarsi l’aiuto di uno dei
forti, giacchè la forza sociale nel fatto non esisteva, laonde la forza che
assumeva la società era quella della clientela. Per modo che la società siciliana,
immediatamente dopo l’abolizione della feudalità, aveva tutti i caratteri di
quelle dei rimanenti paesi d’Europa nel Medio Evo. Distribuzione disugualissima
della ricchezza; mancanza assoluta del concetto di un diritto eguale per tutti;
predominio della potenza individuale; carattere esclusivamente personale di
tutte le relazioni sociali; il tutto accompagnato, com’era inevitabile, da una
grande asprezza negli odii; dalla passione della vendetta; dal concetto che chi
non si fa giustizia e non si vendica da sè non ha onore. In un tale stato di
cose nulla impediva la massima violenza dei costumi e un sommo disprezzo della
vita umana, dove le circostanze locali, le abitudini, le tradizioni vi si
prestassero. E difatti sotto questa forma della violenza si manifestò, in una
gran parte dell’Isola, la sopra descritta condizione sociale. Nel rimanente, e
specialmente nella parte orientale, le medesime cagioni produssero i loro
effetti sotto forma differente. Alla violenza brutale, prevalse l’astuzia. Cercheremo
più oltre di esporre in quella parte che ci sarà possibile le ragioni di questa
differenza nei fenomeni. Ma ad ogni modo la condizione sociale comune a tutta
l’Isola era tale che, se nel 1815 la Sicilia invece di tornare sotto il regime
di una monarchia assoluta, fosse stata lasciata a sè stessa, e se avesse potuto
essere assolutamente isolata dalle influenze di qualunque genere del rimanente
dell’universo, non essendovi nella nazione siciliana elemento alcuno in grado
di approfittare delle riforme del 1812-15, e in conseguenza di difenderle,
queste sarebbero tosto cadute in disuso, e sarebbe invalso nell’Isola un
diritto consuetudinario, analogo molto più al feudale che al napoleonico.
|