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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • III. I MALFATTORI IN PROVINCIA
        • § 63. — Speculazioni dei briganti e malandrini.
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§ 63. — Speculazioni dei briganti e malandrini.

Con siffatti mezzi diversi nei particolari, uguali nelle caratteristiche fondamentali, i briganti e i malandrini assicurano la loro autorità sulle popolazioni, e per mezzo di questa, i loro mezzi di esistenza e le loro difese contro le ricerche della forza pubblica. Questa autorità agio ad essi di operare le loro speculazioni. I modi che tengono gli uni e gli altri sono, per la maggior parte di queste, simili. La lettera di scrocco, la grassazione, il sequestro di persona, l’assassinio puro e semplice si eseguiscono coi medesimi mezzi e nei medesimi modi da una banda di briganti, da due o più malandrini uniti momentaneamente in comitiva, e dal malandrino isolato. Tutti preparano il colpo dietro le informazioni avute, e per mezzo delle intelligenze che mantengono in paese, e si valgono talvolta di queste anche per compierli.

Nei generi di speculazione adesso enumerati i briganti e i malandrini sono ugualmente in grado di non usare gli estranei che come complici molto secondari e principalmente per averne informazioni. Non è che spesso estranei non prendano una parte molto più importante ed all’esecuzione ed ai guadagni di siffatte operazioni; avremo luogo di parlarne fra poco. Ma tale loro partecipazione per l’indole stessa dell’operazione non è necessaria. Non così per l’abigeato. Le circostanze nelle quali si opera mettono il brigante in condizioni diverse da quelle del semplice malandrino. Il capo brigante, per il numero delle sue relazioni in varie provincie dell’Isola, può facilmente allontanare il bestiame rubato dal suo luogo d’origine, magari trattare con qualche commerciante in un porto di mare per farlo esportare. La sua autorità personale lo mette in grado d’imporre a qualche gran proprietario che lo riceva in deposito nelle sue tenute in mezzo ai suoi armenti. Potrà anche, se vorrà, trovare chi lo prenda a soccida. I gregari della banda si valgono del prestigio della loro qualità di brigante per rubare animali per conto proprio, e per trattare la restituzione mediante un compenso in denari. Il malandrino invece, quando non sia di quelli più temuti e che partecipano piuttosto della natura del brigante, non ha generalmente relazioni seguite all’infuori di una cerchia di territorio relativamente ristretta. Non può sempre far conto sull’aiuto dei colleghi per un interesse secondario come quello del furto di qualche capo di bestiame. In conseguenza, s’egli non ha occasione di venderlo, appena rubato, in qualche mercato o fiera, o se non si trova in circostanze specialmente favorevoli per farsi pagare la restituzione dal proprietario, egli è costretto a consegnare gli animali rubati a qualche proprietario o mercante di bestiame, che sia in grado di nasconderlo nei suoi fondi o di trasportarlo lontano, o di commerciarlo, o di adoperarlo nella coltura. L’indispensabile necessità del concorso di siffatte persone per la riuscita dell’abigeato commesso da un malandrino ordinario, fa sì che queste sono in grado di esigere una grande, se non la maggior porzione del provento dell’operazione. Difatti la parte principale in un gran numero di furti di bestiame è tenuta da proprietari o da mercanti che spesso non sono solamente soci nell’operazione, ma committenti e accomandanti.

 

 




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