§ 63. — Speculazioni dei
briganti e malandrini.
Con siffatti mezzi diversi nei
particolari, uguali nelle caratteristiche fondamentali, i briganti e i
malandrini assicurano la loro autorità sulle popolazioni, e per mezzo di
questa, i loro mezzi di esistenza e le loro difese contro le ricerche della
forza pubblica. Questa autorità dà agio ad essi di operare le loro
speculazioni. I modi che tengono gli uni e gli altri sono, per la maggior parte
di queste, simili. La lettera di scrocco, la grassazione, il sequestro di
persona, l’assassinio puro e semplice si eseguiscono coi medesimi mezzi e nei
medesimi modi da una banda di briganti, da due o più malandrini uniti
momentaneamente in comitiva, e dal malandrino isolato. Tutti preparano il colpo
dietro le informazioni avute, e per mezzo delle intelligenze che mantengono in
paese, e si valgono talvolta di queste anche per compierli.
Nei generi di speculazione
adesso enumerati i briganti e i malandrini sono ugualmente in grado di non
usare gli estranei che come complici molto secondari e principalmente per
averne informazioni. Non è che spesso estranei non prendano una parte molto più
importante ed all’esecuzione ed ai guadagni di siffatte operazioni; avremo
luogo di parlarne fra poco. Ma tale loro partecipazione per l’indole stessa
dell’operazione non è necessaria. Non così per l’abigeato. Le circostanze nelle
quali si opera mettono il brigante in condizioni diverse da quelle del semplice
malandrino. Il capo brigante, per il numero delle sue relazioni in varie
provincie dell’Isola, può facilmente allontanare il bestiame rubato dal suo
luogo d’origine, magari trattare con qualche commerciante in un porto di mare
per farlo esportare. La sua autorità personale lo mette in grado d’imporre a
qualche gran proprietario che lo riceva in deposito nelle sue tenute in mezzo
ai suoi armenti. Potrà anche, se vorrà, trovare chi lo prenda a soccida. I
gregari della banda si valgono del prestigio della loro qualità di brigante per
rubare animali per conto proprio, e per trattare la restituzione mediante un
compenso in denari. Il malandrino invece, quando non sia di quelli più temuti e
che partecipano piuttosto della natura del brigante, non ha generalmente
relazioni seguite all’infuori di una cerchia di territorio relativamente
ristretta. Non può sempre far conto sull’aiuto dei colleghi per un interesse
secondario come quello del furto di qualche capo di bestiame. In conseguenza,
s’egli non ha occasione di venderlo, appena rubato, in qualche mercato o fiera,
o se non si trova in circostanze specialmente favorevoli per farsi pagare la
restituzione dal proprietario, egli è costretto a consegnare gli animali rubati
a qualche proprietario o mercante di bestiame, che sia in grado di nasconderlo
nei suoi fondi o di trasportarlo lontano, o di commerciarlo, o di adoperarlo
nella coltura. L’indispensabile necessità del concorso di siffatte persone per
la riuscita dell’abigeato commesso da un malandrino ordinario, fa sì che queste
sono in grado di esigere una grande, se non la maggior porzione del provento
dell’operazione. Difatti la parte principale in un gran numero di furti di
bestiame è tenuta da proprietari o da mercanti che spesso non sono solamente
soci nell’operazione, ma committenti e accomandanti.
|