§ 64. — La mafia
nelle province.
Ma se le speculazioni fin qui
enumerate sono le principali dei malfattori in provincia, non sono le sole. Non
mancano anche in provincia occasioni di guadagno analoghe a quelle che sono gli
oggetti principali dell’industria del malfattore in Palermo e dintorni, e per
cagione di questa analogia sono generalmente qualificate per atti di mafia.
Nel medesimo modo anche ai malfattori in Palermo e nei dintorni non mancano
occasioni di commettere atti di malandrinaggio vero e proprio, come
grassazioni, lettere di scrocco, talvolta anche ricatti. Solamente a Palermo
come in provincia, i generi di speculazione secondari non essendo sufficenti ad
assicurare guadagni continuati, non impiegano generalmente un personale a
parte, ma sono occupazioni accessorie di quei malfattori, dei quali abbiamo
descritto le caratteristiche principali. Essi in conseguenza traggono la loro
forza e la loro autorità dall’esercizio delle speculazioni principali,
adoperano poi questa loro forza nell’esercizio delle secondarie. Perciò, il
malfattore di provincia, che eseguisce operazioni simili a quelle che fanno
l’oggetto principale dell’industria dei facinorosi palermitani, avrà nonostante
tutti i caratteri del malandrino; mentre viceversa il mafioso di Palermo
e dintorni, anche quando compie atti di malandrinaggio, conserva le sue
caratteristiche. Le varietà nell’industria dei malfattori in Sicilia, non si
devono dunque, a nostro avviso, distinguere a seconda delle varie speculazioni,
colle quali siffatta industria si pratica, bensì, a seconda della qualità delle
persone che l’esercitano. E questa qualità stessa è determinata dalle varie
circostanze locali, in mezzo alle quali queste persone la esercitano: da un
lato, quelle di Palermo e dintorni, o di taluni altri centri di popolazione, in
quanto le loro condizioni si ravvicinano a quelle di Palermo, e dall’altro,
quelle delle province.
Molto più, l’industria del
brigantaggio ha a Palermo uno dei suoi principali centri d’informazione e di
azione. A Palermo stessa si combinano molte delle operazioni di brigantaggio da
commettersi nell’interno. A Palermo viene a finire buona parte del provento di
queste. Insomma uno dei centri del manutengolismo vero e proprio, spontaneo e
socio nei guadagni dell’industria, è Palermo. La cosa si spiega facilmente
dall’esser questa città soggiorno per buona parte dell’anno di molti importanti
proprietari delle terre percorse e dominate dai briganti, centro considerevole
di affari e di ricchezze, finalmente sede d’importanti amministrazioni civili,
giudiziarie e militari, sui procedimenti e intenzioni delle quali i malfattori
hanno necessità di essere minutamente informati, e colle quali hanno
continuamente bisogno di avere mezzi di contatto e d’influenza. Queste intime
relazioni con Palermo non tolgono però all’industria dei malfattori di
provincia i suoi caratteri speciali, nel medesimo modo che una società per la
costruzione di ferrovie, o l’escavazione di miniere nell’America Centrale può
avere la sede principale della sua amministrazione e dei suoi interessi
pecuniari a Londra, senza diventare perciò una società bancaria o commerciale.
L’essere generalmente invalso
l’erroneo criterio delle varie specie di speculazioni, per distinguere le varie
specie dell’industria facinorosa, si spiega facilmente. Fra i diversi modi nei
quali si esercita l’industria dei facinorosi in Sicilia, quelli che hanno prima
e più d’ogni altro colpito le menti di chi riflette, parla e scrive dentro e
fuori dell’Isola, sono da un lato il brigantaggio e il malandrinaggio,
dall’altro i fatti che avvengono a Palermo. Di modo che, da una parte fu dato,
e a buon diritto, il nome di brigantaggio e malandrinaggio agli atti simili a
quelli che sul Continente erano designati con questi nomi. E dall’altra parte,
invalsa nell’uso comune (sempre indeterminato e inesatto) la parola mafia
(nel suo significato volgare ed improprio) per designare genericamente gli atti
di qualunque specie coi quali si esercita l’industria dei facinorosi in Palermo
e dintorni, venne naturalmente fatto di applicare il medesimo nome a quelle
speculazioni dei facinorosi in provincia, che avevano una somiglianza formale
con quelle di Palermo. La similitudine del nome genera naturalmente nelle menti
l’idea della similitudine della cosa, e così accade che a prima vista nasca
nella mente, se non il pensiero, almeno l’impressione che in provincia le
speculazioni analoghe a quelle che costituiscono l’oggetto e il guadagno
principale dei malfattori di Palermo, e per la loro natura e per le persone che
praticano, siano una cosa distinta dal brigantaggio e dal malandrinaggio, e si
confondano con l’industria della mafia palermitana, mentre è vero
precisamente il contrario.
Posta la distinzione fra i
facinorosi della città e dell’agro palermitano da un lato, e quelli di
provincia dall’altro, senza pretendere di trarre fra le due categorie una linea
di demarcazione che non esiste, se ricerchiamo una caratteristica costante che
le distingua, troviamo la seguente cui già accennammo. In provincia l’unione
fra i malfattori di un territorio per i loro fini immediati esiste quasi
sempre, a Palermo no. Le rivalità e le lotte che talvolta avvengono fra bande
brigantesche, sono fatti accidentali, che non mutano nulla ai caratteri
generali, giacchè nella popolazione dei malfattori, il brigante è l’eccezione,
e il malandrino la compone quasi esclusivamente. La necessità già dimostrata di
questa unione nei fini immediati per i malandrini fa sì che, anche quando si
adoperano nelle relazioni fra le persone estranee alla loro classe, i
malandrini di un dato territorio, si mantengono quasi sempre uniti. Il che è,
del resto, reso loro molto facile come lo esporremo or ora per l’indole delle
relazioni sociali nella maggior parte dei paesi di provincia, dove non esiste
gran varietà d’interessi di forza uguale, ma predomina l’interesse di uno, di
due, o tutt’al più di tre gruppi di persone.
Questa differenza tra Palermo e
le province, insignificante a prima vista, genera una diversità importantissima
nei costumi dell’una e delle altre. Difatti, a Palermo, come già lo osservammo,
il solo interesse comune che leghi insieme i facinorosi in modo costante, è la
conservazione della loro classe come tale, in altri termini la sicurezza
nell’esercizio della violenza, qualunque sia il fine al quale è diretta, contro
le forze intese a sopprimerla in genere. Le regole di condotta prevalse nella
classe dei facinorosi e da loro imposte materialmente o moralmente al rimanente
della popolazione, sono quelle che per la natura delle cose hanno efficacia per
tutelare l’esercizio della violenza, e, come tutte le altre che hanno carattere
sociale, fanno astrazione dagli interessi momentanei ed immediati degli
individui, anzi, sono spesso in contraddizione con quelli. Laonde il codice
dell’omertà, in Palermo, non ammette eccezioni, e ne soffre nel fatto
poche. In provincia invece, l’interesse della classe violenta s’identifica e si
confonde con quello di determinate persone. In conseguenza l’interesse, la cui
forza predomina, ed il quale per ciò si impone materialmente e moralmente a
tutta la popolazione, è quello di determinati individui, che hanno fra di loro
interessi comuni, oppure sono divisi in due, o tutt’al più, in tre campi
avversarii. Chi adopera la violenza per reagire contro coloro che predominano,
se riesce ad avanzarli di forza, piglia il loro posto, se rimane più debole, è
vinto e distrutto. Chi adopera le sole leggi, rimane inevitabilmente più debole
e ugualmente distrutto, e, se vien dai vincitori dichiarato infame, è per un di
più. In conseguenza, ognuno, nella lotta, può usare a suo piacere, in aiuto
alla violenza anche le leggi, senza rischio di dar di cozzo contro l’ostacolo
fisso ed immutabile della consuetudine e dell’opinione pubblica. Perchè non vi
sono altri violenti per reclamare e sancire a nome di un interesse di classe
l’applicazione del codice dell’omertà, all’infuori dei componenti e
aderenti del partito contrario. Il quale, se sarà più forte, potrà anche darsi
il lusso di dichiarare i vinti infami, ma, in fin dei conti non farà che una
sola vendetta e per le loro violenze, e per le loro insidie legali; e se sarà
vinto, non avrà alcuna influenza sull’opinione pubblica. Sicchè il codice dell’omertà
non è sicuro di essere rispettato che nei casi, non molto frequenti, di lotte
fra malfattori di mestiere. Non abbiamo ormai bisogno di spiegare il perchè.
In conseguenza, nelle province, le regole dell’omertà,
non si sono imposte all’opinione pubblica che in quanto giovano ai più forti;
valgono a favore di questi, non contro di loro. Lo prova il fatto molto
caratteristico già da noi citato, non di una denuncia, ma di una calunnia
giudiziaria commessa dal vero colpevole, uomo temuto, a danno di un meschino
impiegato del macinato, colla complicità del silenzio di un’intera popolazione.
Lo prova anche meglio l’andamento dell’istruzione del processo cui diede luogo
quell’omicidio. Finchè l’istruzione rimase in mano del pretore locale, per la
fiaccona o per la poca autorità di questo, o per altre cagioni, gli indizi e le
prove si accumulavano addosso all’innocente. Appena l’autorità superiore,
avvisata, si mise in moto, mandò sul luogo il sotto-prefetto, il procuratore
del re fece sentire che anch’essa era forte, sorsero per incanto le
testimonianze a carico del vero colpevole. Del resto senza citar casi tanto
estremi, accadono ogni giorno fatti, i quali provano che in provincia, il
codice dell’omertà non ha fatto presa sull’animo delle popolazioni nel
grado medesimo che a Palermo, e che soffre numerose eccezioni. I ladruncoli che
non sono stati ancora buoni ad uccidere uno, sono dai proprietarii denunciati
all’autorità, mentre o un brigante, o un malandrino temuto, può, meno rare
eccezioni, uccidere chi gli pare senza pericolo di denunzia, neppure per parte
dei prossimi parenti della vittima. L’unica volta, crediamo in cui contro il
famoso brigante Angiolo Pugliese sia stato, innanzi al suo arresto, presentato
lamento all’autorità, fu prima che egli si fosse dato all’esercizio del
brigantaggio in Sicilia. E fu portato lamento per la detenzione di un cavallo
prestatogli dal proprietario stesso, e che egli, nella sua confessione dichiara
non avere avuto intenzione di rubare107. Va pure citato il fatto
seguente: due partiti si combattevano in un Comune. Un membro dell’uno fu
ucciso, per opera dei capi del partito opposto, credettero i congiunti della
vittima; i quali da una parte tentarono di fare uccidere alcuni di quel
partito, dall’altra porsero querela contro i suoi caporioni accusandoli di
mandato per omicidio. E ciò senza scandalizzare punto l’opinion pubblica.
Fra le infinite forme colle
quali si esercita in provincia la mafia, parleremo di una sola, di
quella cioè che è caratteristica delle condizioni delle campagne siciliane,
dove fiorisce l’industria dei malfattori. Vogliamo parlare della protezione
delle proprietà e fino a un certo punto anche delle persone, che del resto si
esercita da essi anche in Palermo, ma più nelle campagne dell’interno
dell’Isola.
In un paese dove la classe dei malfattori ha l’importanza che
ha in Sicilia, e dove l’autorità pubblica non ha o non usa forza sufficiente
per distruggerla, bisogna pure che si trovi un modus vivendi fra essi ed
i privati. Il quale, del resto, giova agli uni come agli altri; perchè se i
malfattori usassero fino all’estremo la loro facoltà distruttiva, mancherebbe
loro ben presto la materia rubabile. Essi sono in grado d’intenderlo,
perchè la loro industria, stabile e regolare da tanti anni, ha tesori di
esperienza e di tradizioni, e permette a coloro che la praticano di capire in
quali condizioni possa sussistere e prosperare. È dunque invalso un sistema di
transazioni e quasi diremmo di tassazioni regolari per parte dei malfattori, il
quale pur lasciando luogo a molti disordini, nonostante è più tollerabile che
uno stato di guerra aperta e continua. Una delle forme principali di queste
transazioni è l’accollo preso dai malfattori stessi della protezione delle cose
e delle persone. Già accennammo il modo con cui i capi briganti potenti fanno a
proprio profitto le parti di un governo regolare. Ma tal sistema è eccezionale,
come è eccezionale nell’industria dei malfattori la forma del brigantaggio. Più
generalmente, alcuni fra i malfattori assumon ufficialmente le funzioni di
guardiani della sicurezza delle cose e delle persone non solo dai privati, ma
anche dai Comuni e perfino dal Governo. Limitandoci per adesso a parlare dei
primi; senza ritornare qui sul già detto intorno all’importanza del campiere
facinoroso nell’economia agraria siciliana108, osserveremo solamente
che ciò che fa di questi campieri una istituzione caratteristica ed attissima a
dare un’idea netta delle condizioni siciliane, è il fatto che sono in provincia
uno dei principali fra gl’infiniti modi delle relazioni continue fra i
malfattori di mestiere e le classi agiate e ricche. Cercheremo adesso di
analizzare codeste relazioni.
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