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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 67. — Come si presenti in Sicilia il problema del ristabilimento della sicurezza pubblica.
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IV.

I RIMEDI

 

 

§ 67. — Come si presenti in Sicilia il problema del ristabilimento della sicurezza pubblica.

Fino adesso, nell’analizzare e nel misurare le forze che contribuiscono alle attuali condizioni della pubblica sicurezza in una parte della Sicilia, abbiamo sempre considerata la forza dell’autorità pubblica come uguale se non a zero, almeno ad una quantità infinitamente piccola. Quali sono le cagioni che riducono questa forza a siffatte proporzioni? In qual modo agiscono queste cagioni? Avremo luogo nel capitolo quinto di esporre per quali vie influisca sulla scelta dei provvedimenti riguardanti la pubblica sicurezza in Sicilia e sulla loro applicazione, il fatto che il Governo si appoggia sugli elementi locali e s’ispira da loro. Potremo però fin d’adesso, facendo astrazione da siffatta influenza, analizzare questi provvedimenti quali sono attualmente, e i modi in cui sono attualmente applicati, e cercare in quali parti si adattino alle condizioni della Sicilia e in quali no, e così tentar di scuoprire le cagioni della loro inefficacia. I fatti descritti nel primo capitolo di questo lavoro ci renderanno il còmpito più breve e più facile.

Se si vuole considerare isolatamente la questione amministrativa del ristabilimento dell’ordine pubblico in Sicilia, astrazione fatta dalle condizioni sociali che sono prima cagione delle attuali condizioni della pubblica sicurezza; in altri termini, se si vuole studiare separatamente l’ordinamento della polizia e della giustizia in relazione colle attuali condizioni di pubblica sicurezza di una parte dell’Isola, il problema è determinato da ciò che abbiamo detto finora, e si presenta nei seguenti termini, cioè: Trovare i modi coi quali il Governo italiano possa giungere a prevenire per quanto sia possibile i reati, e quando siano commessi, a scuoprirne gli autori, arrestarli, e procurare che siano condannati e posti nell’impossibilità di nuocere ancora, in un paese dove i delitti sono facili e frequentissimi e non sollevano contro di lo sdegno dell’universale; dove i delinquenti potentemente organizzati godono una grande autorità sull’opinione pubblica, ed hanno quasi sempre nella classe media o superiore della Società una o più persone direttamente o indirettamente interessate a sottrarli alla giustizia; dove l’azione dell’autorità pubblica è stata sempre miseramente inefficace, e questa inefficacia è stata cagione che il predominio morale dei delinquenti sia rimasto intero, assoluto e indiscusso, e che coloro stessi fra i cittadini che hanno interesse alla scoperta dei delinquenti abbiano ragione di temerli e li temano al punto di contravvenire alle leggi e d’incorrere piuttosto nelle pene dalla legge minacciate che nella vendetta dei delinquenti stessi; per modo che l’autorità, da un lato non può far conto alcuno sulle informazioni e l’aiuto dei cittadini contro i delinquenti, dall’altro è esposta senza riparo ad essere nelle sue ricerche tratta sopra una falsa via da chi ha interesse ad ingannarla.

Di fronte ad un tale stato di cose, l’esperienza di quindici anni ha ridotto il Governo italiano a un brutto bivio. Perchè da una parte, quando si è conformato alle forme che impongono le legislazioni moderne per la ricerca, l’arresto e la condanna dei delinquenti, ha ottenuto così pochi frutti, che rimasto come prima impotente, e non avendo acquistato autorità morale, ha mantenuto l’onnipotenza dei delinquenti e confermato nello spirito pubblico l’impressione che questi siano la sola autorità veramente costituita. Per modo che gli effetti reagendo sulle cagioni e viceversa, si mantiene un circolo vizioso infrangibile. Dall’altro lato, allorquando il Governo ha soppresso o nelle leggi o nella pratica la garanzia delle forme sopraccennate, esso è sempre o quasi, caduto in mano ad uno degli interessi locali, ne è diventato l’istrumento, e così, non solo non ha impedito i delitti ma se ne è reso complice. Ora, la questione sta nel sapere se tale riescita dell’uno o dell’altro dei due sistemi era inevitabile, oppure se è stata cagionata dai modi tenuti dal Governo per metterli in pratica. Noi cercheremo di chiarirla adesso, studiando l’amministrazione della pubblica sicurezza e della giustizia in Sicilia, e nelle sue istituzioni, e nel modo in cui queste sono state applicate. Tratteremo prima della polizia, poi della giustizia.

 

 




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