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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 68. — La Polizia.
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§ 68. — La Polizia.

L’autorità pubblica si trova in Sicilia per la ricerca e l’arresto dei delinquenti, in condizioni molto diverse da quelle dei paesi dove l’ordine pubblico (come è inteso nelle Società moderne), è in stato normale. Difatti, nell’alta Italia per esempio, o in Francia o in altro paese in condizioni analoghe, l’autore di un delitto è conosciuto da un numero di persone ristrettissimo relativamente alla popolazione totale del luogo dove il delitto fu commesso; e la generalità degli abitanti prova un sentimento ostile per il delitto ed il suo autore. Sicchè, per quanto l’indolenza e il timore li renda restii a ricercarlo ed arrestarlo spontaneamente, pure non rifiuteranno nei casi ordinari le informazioni ed anche la loro cooperazione all’autorità pubblica. In Sicilia invece, o almeno in quella parte dove sono comuni i reati, i particolari di ogni delitto, il delinquente, il luogo dove si nasconde, sono noti a quasi tutta la popolazione del vicinato. Ma d’altra parte la popolazione in generale non è disposta ad aiutare l’autorità direttamente, indirettamente, sicchè rimane libero il campo a coloro che hanno interesse a porla sopra una falsa via. Di più, il numero dei delinquenti per mestiere fra i quali è probabile si trovi l’autore di un delitto, è grandissimo in Sicilia, ristretto nei paesi considerati come in istato normale, sicchè il sorvegliare continuamente i facinorosi noti come tali, può in questi giovare alla scoperta dei colpevoli, in Sicilia molto meno.

D’altra parte, lo stato della viabilità dell’Isola pone la forza pubblica in una condizione speciale di fronte ad una specie importantissima di delitti; quelli cioè che si commettono contro i viandanti. Perchè nei paesi dove la rete stradale è completa o quasi, le occasioni di commettere siffatti reati, si presentano ben di rado fuori delle strade ruotabili, e, come il numero di queste è necessariamente limitato, un sistema ben combinato di perlustrazione permette non solo di prevenirli o di scuoprir presto le tracce dei loro autori, ma anche di sorvegliare le campagne vicine alle strade e render più difficili i delitti contro le persone che attendono alla coltura dei loro fondi. In Sicilia invece i sentieri sono molto più numerosi di quello che sarebbero le strade ruotabili di cui tengono il posto, e possono essere fra un luogo ed un altro quattro o cinque, lontani fra loro, ed ugualmente battuti. Il farli perlustrare tutti diventa dunque difficilissimo, senza parlare della maggior difficoltà di sorvegliare un sentiero che una strada maestra. La sorveglianza materiale delle campagne siciliane non sarebbe realmente efficace che quando si potessero disporre per tutta l’Isola a scacchiera ed a portata di voce gli uni dagli altri, dei pelottoni di truppa ognuno abbastanza numeroso per poter reggere almeno per un momento all’assalto improvviso di una banda di malfattori.

Da tutto ciò risulta che le difficoltà e gli ostacoli per la prevenzione dei delitti, e per la scoperta dei loro autori, sono in Sicilia d’indole diversa che nei paesi considerati come in istato normale; ed in conseguenza, che i modi usati per superarli, sperimentati buoni altrove, possono rimanere in Sicilia inefficaci. Inoltre, possono verificarsi molto più gravi in Sicilia quei loro difetti che altrove sono apparsi leggeri.

Ed invero, se da un lato, la sorveglianza materiale delle campagne ha un’importanza molto più secondaria in Sicilia che altrove, e quella dei facinorosi abituali vi è molto più difficile e meno efficace, dall’altro lato, per ciò che riguarda la scoperta dell’autore di un delitto, la difficoltà in altri paesi sta nel trovare chi conosca fatti che possano giovare alle ricerche; in Sicilia invece la difficoltà sta nel trovare chi parli. Il generale silenzio giunge al punto, che difficilmente e tardi pervenga all’autorità la notizia del semplice fatto di un delitto commesso, mentre altrove il clamore pubblico ne sparge rapidamente la fama.

Di modo che, se rimane pure ufficio importantissimo dei rappresentanti l’autorità il ricercare, dopo ricevuta la notizia di un delitto, le tracce del colpevole, è però molto più essenziale che essi siano in contatto talmente intimo e continuo con ogni classe della popolazione, da poter sempre, anche quando non sia in corso alcuna inquisizione, anche quando le ricerche non siano dirette a nessun fine speciale, approfittare di tutte le occasioni di ricevere rivelazioni, di scuoprire indizi di qualunque genere. Quando un segreto è conosciuto da una intera popolazione, basta usare una certa vigilanza per esser certi di sorprendere in un luogo od in un altro qualche gesto, qualche parola sfuggita che dia mezzo di scoprirlo. Inoltre, l’amore del lucro, o della vendetta od altri infiniti interessi possono non di rado esser tanto forti, da vincere nell’animo di qualche abitante quel sentimento di ripugnanza per far rivelazioni all’autorità, sentimento che come risulta dall’analisi da noi fatta delle condizioni della pubblica sicurezza110, è molto meno assoluto che non si creda generalmente, e dipende, più che da ogni altra cagione, dalla riconosciuta impotenza dell’autorità di fronte ai malfattori e dalla potenza di questi, e sparirebbe insieme con questa potenza. Diremo più: l’essere poche le denunzie non dimostra che non sia in molti il desiderio di farne. Anzi, per parte nostra siamo convinti che questo desiderio esiste in molti, e produrrebbe effetti senza il timore delle vendette e della riprovazione di quella specie di opinione pubblica che già analizzammo. Spetta all’autorità l’agire con prudenza e discretezza tali, che il sentimento del timore di una vendetta immediata non faccia tacere chi sarebbe disposto a denunziare. Però le denuncie continueranno ad essere rare come adesso, se l’autorità continua ad aspettarle invece di andarle a cercare.

Se non che un contatto intimo e continuo de’ funzionarii governativi colla popolazione, è reso difficilissimo dalla ripugnanza di questa ad entrare in relazioni d’indole amichevole con essi, specialmente se non sono Siciliani, e se sono impiegati di polizia. Ripugnanza che ha la sua origine nel medesimo fatto che impedisce le denuncie, cioè nella prevalenza morale dei malfattori. Questo sentimento è molto meno universale che non si creda generalmente, ma ha ormai preso la forma di tradizione, s’impone a coloro che spontaneamente non lo proverebbero, ed allontana spesso dai rappresentanti del Governo quelle persone stesse che sarebbero disposte a far rivelazioni, e non le possono fare perchè manca loro l’occasione di comunicare coll’autorità senza eccitare sospetti.

Inoltre, il trar profitto da siffatte rivelazioni è reso molto arduo dalla facilità che hanno i delinquenti di conoscere dove siano dirette le ricerche dell’autorità e di sottrarre a queste le tracce del delitto e di stessi appena possano lontanamente sospettarle; facilità dovuta alla complicità stessa dell’intera popolazione. Ciò rende necessaria all’autorità la massima segretezza, rapidità ed energia nell’agire in seguito alle informazioni. Il che implica unità nella direzione e nell’azione.

Il primo provvedimento che una siffatta condizione di cose suggerisce alla mente, è di affidare così la direzione come l’esecuzione in tutto ciò che riguarda la polizia a persone dei luoghi, come più atte di ogni altra a conoscere gl’individui e le località ed a trovar modo di mantenersi in relazioni intime e continue colla popolazione. Ma quelle medesime ragioni che in ogni paese rendono pericoloso l’uso degli elementi locali nella polizia, valgono anche per la Sicilia. Anzi in Sicilia questi pericoli sono molto maggiori che altrove per cagione di quello stato delle cose e degli animi, il quale fa sì che la complicità coi delinquenti, o positiva o negativa, o ultronea o forzata, sia generale. Il partecipare dei funzionari siciliani alla generale condizione morale, e i loro precedenti legami di parentela, amicizia, interesse od altro col rimanente della popolazione possono produrre e producono in moltissimi casi, mali di più d’una specie. La pressione morale dell’ambiente può esser tale da impedirgli di agire energicamente contro i malfattori temuti e in conseguenza simpatici alla popolazione. È probabilissimo il caso che abbiano legami personali coi malfattori, la cosa non deve sorprendere, trattandosi di un paese dove tutti ne hanno: ed allora non solo non li perseguiteranno, ma facilmente daranno loro aiuto. Le loro relazioni colle persone influenti del luogo possono far sì che non solo non ricerchino i delitti fatti nell’interesse di quelli, ma ancora impieghino i poteri che loro la Legge a servizio delle loro prepotenze, in modo che in taluni casi gli assassinii o i sequestri di persona per parte dei malfattori, a vantaggio di qualche alto mafioso, si rimpiazzino vantaggiosamente cogli arresti arbitrari per parte degli agenti dell’autorità. Meno sarà stretta la loro disciplina, la loro sorveglianza per parte di autorità che non siano del paese, e più saranno facili ad accadere siffatti inconvenienti. Finalmente, quand’anche si riescisse ad evitarli tutti, rimarrebbe sempre quella mancanza del sentimento della legge e delle garanzie legali, uguali per tutti, che già dicemmo essere a nostro avviso comune alla grandissima maggioranza dei Siciliani. E certamente, un ufficio nell’amministrazione della pubblica sicurezza non è molto atto a far nascere siffatto sentimento negli animi dove non esiste. Quando la polizia in Sicilia fosse in mano di funzionari siciliani, fossero pure onesti, animati del massimo zelo per il bene pubblico, gli arbitrii non troverebbero limite. Non abbiamo bisogno di tornare a dimostrare come siano infiniti e maggiori che in qualunque altro paese i danni che un sistema seguitato di arbitrii cagiona in Sicilia. Lasciamo pure da parte il rischio quasi inevitabile, che nelle attuali condizioni dell’Isola, mancando le garanzie fornite dalle forme legali, la forza pubblica diventi istrumento esclusivo di un interesse locale; pur troppo anche le forme legali, già lo dicemmo, spesso non bastano a schivarlo; questo danno per quanto grande, sarebbe secondario di fronte a quest’altro: che usando un tal sistema, quand’anche si riescisse ad impadronirsi di qualche malfattore, ci si allontana sempre più dallo scopo finale, da quello cioè di ristabilire la pubblica sicurezza durevolmente. E ciò, perchè si mantengono gli animi dell’universale in quelle condizioni stesse che adesso fanno continuamente ripullulare e prosperare i malfattori. Difatti, in un paese dove il criterio del diritto è la forza, e dove a questa si vuol sostituire quegli altri criteri del diritto sui quali si reggono le Società moderne, il modo più diretto e più pronto di riescirvi, è di dare a quelli, che sono diritti, secondo i criterii che si vogliono far prevalere negli animi, la sanzione costante della forza. Potendo disporre di questa, la quistione sta nel constatare quali siano i diritti, a chi spettino, e chi li offenda. Nessun uomo possedendo l’onniscienza, l’infallibilità e l’impeccabilità, non si può affidare all’arbitrio di un uomo lo scoprire questi diritti e il sancirli. L’unico modo che si sia fino adesso scoperto per trovarli colla minor possibile probabilità di errori, è l’osservanza di talune forme, le quali, in conseguenza, sono state sancite per mezzo di leggi. Devono dunque avere la sanzione costante della forza materiale i diritti e le rispettive infrazioni constatati per mezzo di codeste forme legali, se si vuole che negli animi dei Siciliani prevalga a poco a poco il sentimento del diritto come è inteso nelle Società moderne. Se si trattasse di ottenere un risultato passeggero, di sopprimere, per esempio, un certo numero di persone componenti attualmente la classe dei malfattori, sarebbe ammissibile il ricercare se non potrebbe convenire l’uso dell’arbitrio; tratteremo in altro luogo questa quistione. Però, trattandosi non solamente di sopprimere gli attuali malfattori, ma di procurare uno stato di cose tale da impedire che i nuovi, i quali venissero su, trovino le circostanze che hanno favorito quelli di adesso, l’usare l’arbitrio come sistema di governo e di repressione è inefficace e dannoso. Tale sistema può, è vero, secondo il modo in cui si adopera, talvolta impedire talune fra le manifestazioni del male, come accadde quando il Maniscalco dirigeva la polizia; talvolta invece esacerbarlo nelle sue radici e in tutti i suoi fenomeni, come accadde sotto la prefettura militare; potrebbe forse in circostanze eccezionalmente favorevoli sopprimere per un istante tutte le manifestazioni del male, ma il male stesso rimarrebbe quello di prima, quando pure non peggiorasse. Nell’animo delle popolazioni rimarrebbe il sentimento che il diritto è costituito dalla forza materiale senz’altro criterio che la volontà, l’interesse o il capriccio del più forte, sia questo un privato o un rappresentante del Governo. Non crediamo occorra tornare a dimostrarlo dopo tutto ciò che abbiamo detto fino adesso intorno alla sicurezza pubblica in Sicilia.

Dunque, gli elementi locali potranno bensì con profitto essere usati per ottenere informazioni, indizi diretti o indiretti, ma sono fra i meno adattati ad essere adoperati in ogni altro ufficio superiore od inferiore, attinente alla ricerca e all’arresto dei malfattori, a meno che siano sottoposti ad una rigidissima sorveglianza e disciplina che permetta di trar partito dei loro vantaggi, e di rendere inefficaci i loro difetti. Oppure, a meno che siano di quei pochi intelligentissimi, onesti ed energici che, avendo avuto occasione di conoscere le cose del Continente, hanno da quella loro esperienza tratto profitto tale, da sottrarsi del tutto all’influenza delle persone e dei sentimenti dell’Isola. Questi sono istrumenti preziosissimi, superiori a qualunque altro. Siffatti uomini esistono, ma sono ben pochi.

Converrebbe adunque che la gran maggioranza, se non la totalità delle persone impiegate alla ricerca e all’arresto dei delinquenti fossero estranee all’Isola, e converrebbe trovare all’infuori dell’impiego di funzionari isolani qualche altro mezzo per ottenere il contatto continuo dei rappresentanti dell’autorità colle popolazioni, o per lo meno, scuoprire un altro mezzo che conduca al fine che si vuol raggiungere con questo contatto, quello cioè di essere in grado di sorprendere in ogni classe della popolazione i discorsi od altri indizi atti a far rintracciare i delitti e i delinquenti. Per ciò che riguarda il contatto coi cittadini, se la diffidenza per l’autorità impedisce che nasca spontaneamente una gran cordialità di relazioni abituali fra essa e loro, pure non è per l’origine sua tale da impedire ad un funzionario che abbia abilità e tatto, di acquistar la fiducia di molte persone, specialmente della classe agiata, in modo che s’apra dinnanzi a lui un campo di osservazione piuttosto esteso, ed inoltre sia possibile a coloro che gli volessero far denuncie di parlargli senza eccitar la diffidenza altrui, e risvegliare l’attenzione degl’interessati. Inoltre un lungo soggiorno di impiegato nel medesimo luogo, lo porterebbe ad una cognizione così intima delle persone e delle località, da poter trar profitto degl’indizi in apparenza più insignificanti. Ma tutto ciò si riferisce alla scelta del personale ed alle condizioni che gli si dovrebbero fare, e perciò ci contentiamo d’accennarlo, dovendo trattare altrove la questione del personale. Rimane da trovare il modo di tenere informato un funzionario di polizia dei discorsi e degli atti della generalità della popolazione, quando egli non abbia con essa molti contatti. Ma questi, per quanto siano pochi, pure vi sono, e se non si può ottenere che un impiegato solo abbia molte relazioni coi cittadini, la somma totale delle relazioni che possono avere con essi parecchi impiegati e delle informazioni o indizi che ne possono trarre, è considerevole. E quel funzionario il quale riunisse in il risultato delle osservazioni di parecchi impiegati di polizia, fosse pure ciascuno di questi nelle condizioni più sfavorevoli per riescire nelle sue ricerche, si troverebbe in possesso di un numero considerevole di fatti e d’indizii più vari, venuti da tutte le parti, e sarebbe per la scoperta dei delinquenti in condizioni di poco inferiori a quelle di quel funzionario, che fosse colla popolazione nelle relazioni più intime e cordiali. I danni della mancanza di queste relazioni sarebbero dunque compensati quando nell’amministrazione della polizia in ogni luogo vi fosse tanta unità d’azione, che tutte le informazioni raccolte da impiegati d’ogni specie, grado od ordine, fossero prontamente riportate ad un solo e medesimo funzionario.

Condotto a questo punto, ci sembra che il problema della ricerca, della scoperta e dell’arresto dei delinquenti in Sicilia si riduca ai termini seguenti:

Trovare un ordinamento ed un personale di polizia tale:

che impiegandosi il minimo numero possibile di elementi locali, e questi strettamente disciplinati, gl’impiegati di polizia di ogni ordine siano pure in grado di approfittare in ogni momento delle possibili occasioni di ricevere rivelazioni e scuoprire indizi di delitti dagli abitanti di ogni rango e qualità, e perciò siano in contatto continuo colla popolazione di ogni ceto, oppure suppliscano alla scarsezza di questi contatti con una unità di direzione tale che le informazioni raccolte da tutti gl’impiegati vengano a riunirsi nella medesima persona;

che possano questi impiegati di polizia, dietro siffatte rivelazioni e indizi, agire colla massima segretezza, rapidità ed energia possibile, compatibilmente colle forme legali necessarie per evitare le ingiustizie e per distruggere nelle popolazioni il sentimento che il diritto consiste nella forza e non nella Legge.

Dunque, sotto ogni aspetto, la questione della scoperta e dell’arresto dei delinquenti in Sicilia, si risolve in quella dell’unità di direzione e dell’abilità, moralità e sicurezza del personale, ed in quella della stabilità degl’impiegati nel medesimo luogo.

Vediamo adesso fino a qual punto queste condizioni siano state ottenute in Sicilia.

 

 




110 Non riporteremo qui i già fatti ragionamenti e gli esempi già addotti i quali ci persuadono che la ripugnanza dei Siciliani a fare denuncie non proviene da un sentimento di onore bene o male inteso, ma pure spontaneo e non cagionato direttamente indirettamente da forza estranea all’individuo. Però all’esempio di calunnie giudiziarie già citato nel corso di questo lavoro, ne aggiungeremo un altro non meno caratteristico, e che si riproduce non di rado: è quello della calunnia intesa a procurare l’ammonizione giudiziale di un nemico. Per modo che le informazioni cui il pretore attinge per precetto di legge sulle persone da ammonirsi sono «spesso inquinate da quella lue dei piccoli paesi ch’è il feroce spirito di parte». — Vedi la già citata Relaz. del proc. gen. comm. Calenda, pronunciata il 3 gennaio 1873, pag. 60.






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