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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 71. — I sindaci ufficiali di Polizia. Le guardie campestri.
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§ 71. — I sindaci ufficiali di Polizia. Le guardie campestri.

Per questa medesima cagione, il dare in Sicilia ai sindaci la qualità di ufficiali, e alle guardie campestri ed altri dipendenti dai sindaci quella di agenti di pubblica sicurezza ci sembra di sommo danno.

Ciò che già dicemmo sulle relazioni sociali nei Comuni dell’interno, ciò che avremo occasione di dire intorno alle amministrazioni comunali, ci dispensa adesso dal dilungarci molto sopra questo argomento. Diremo solamente che il sindaco, nei Comuni divisi in fazioni, è capo, o istrumento del capo di uno dei partiti; nei Comuni sottoposti alla tirannia di uno o di alcuni tutti fra loro d’accordo, è il tiranno del luogo, oppure lo rappresenta. Da questi fatti il lettore trarrà da le conseguenze riguardo alla pubblica sicurezza, dopo ciò che già dicemmo altrove. Nei Comuni fuori dell’una e dell’altra delle dette categorie, il sindaco è per lo meno vittima dei malfattori. Accade spesso che i sindaci di taluni Comuni chiamati dall’autorità pubblica non osino presentarsi per timore di essere da quelli sospettati di aver fatte denunzie. Come faranno siffatte persone a rifiutare informazioni ai malfattori stessi se richiesti? Eppure, in virtù dell’art. 5 capov. 3 della legge di pubblica sicurezza del 1865, gli agenti di pubblica sicurezza hanno obbligo, nei luoghi dove manchino altre autorità di polizia, di informare i sindaci di tutti gli avvenimenti interessanti la polizia, ed i carabinieri specialmente avrebbero obbligo siffatto in forza di una decisione del Ministero dell’interno del 3 marzo 1866.

Delle guardie campestri già avemmo occasione di parlare. Nella parte dell’Isola infestata da malfattori, è ben raro che non siano malfattori anch’essi129. In generale, si può dire che le guardie campestri rispondono in tutto alle condizioni del Comune cui servono. In parecchi Comuni il brigadiere delle guardie è il più tristo uomo dei contorni, ma è devoto al sindaco, alla famiglia di lui, e naturalmente nessuno in Giunta o in Consiglio oserebbe proporne il licenziamento. Quando l’autorità governativa tentasse di provvedere d’ufficio o d’imporre al Comune il licenziamento degli elementi impuri, i mali del Comune si aggraverebbero rapidamente, le distruzioni di colture, le grassazioni, gli omicidii andrebbero spesseggiando sempre più, e i proprietari, volenti o nolenti, verrebbero a protestare che si andava meglio quando si chiudeva un occhio. Da questo è facile vedere che il personale delle guardie campestri non può non esser sempre pessimo qualunque sia l’autorità incaricata della scelta loro, sia pure la governativa. Imperocchè il Governo deve pure per la scelta degl’individui ricorrere per informazioni alle persone del luogo, ed allora corre grave pericolo di essere «ingannato tristamente con false assicurazioni di moralità e rettitudine a riguardo di persone che agognano non pure a sottrarsi al rigore delle leggi, ma a divenir niente manco che depositari di parte del pubblico potere130». In conseguenza, il dare alle guardie campestri autorità di agenti di pubblica sicurezza non può, in regola generale, giovare ad altri che ai malfattori, qualunque sia il sistema di scelta e di nomina. Ben lungi dal dar loro siffatta qualità, converrebbe farli strettamente sorvegliare dalla polizia, laddove si lasciassero sussistere come semplici guardie municipali.

Rimane la quistione se si debbano lasciar sussistere anche in questa qualità. Nello stato attuale della pubblica sicurezza in parte della Sicilia, l’istituzione di un corpo di guardie campestri nominate e dirette dall’autorità comunale, non può, nella migliore ipotesi, essere altro che un modo di pensionare le persone più pericolose per la proprietà campestre, di pagare loro una tassa in cambio della quale si astengano almeno fino a un certo punto, da recar danni se non a tutte, ad una parte delle proprietà. In conseguenza, quando cessasse il sistema di transazioni col quale è stata fino adesso dal Governo amministrata la polizia in Sicilia, e quando si trovasse un modo efficace per impadronirsi dei malfattori, finchè questo mezzo non fosse giunto al suo risultato finale, a quello cioè di toglier via quasi la totalità di quelli esistenti, la soppressione pura e semplice delle guardie campestri, porterebbe vantaggi incomparabilmente maggiori dei danni. A meno che non si giudicasse praticamente opportuno il lasciarle sussistere, come si lasciano aperte certe bettole, ritrovi di malfattori, per dar maggior facilità all’autorità di polizia di conoscere dove deve cercare i facinorosi e le persone pericolose; imperocchè la qualità di guardia campestre sarebbe un indizio che la persona rivestitane dev’esser tenuta d’occhio. Ma se questo vantaggio si verificasse nella pratica insufficente a compensare il danno della facoltà che hanno le guardie campestri municipali di girare ufficialmente la campagna in bande armate, non esiteremmo a proporne la soppressione pura e semplice. Tutt’al più rimarrebbe da studiarsi la opportunità di un corpo di polizia governativa, incaricato specialmente della sorveglianza contro i furti campestri, scelto dal Governo, comune a tutta l’Isola e diviso poi fra i municipi, militarmente disciplinato, composto di elementi anche estranei alla Sicilia, o per lo meno presi indistintamente in tutta l’Isola, e non nel Comune dove devono prestar servizio, e senza dipendenza gerarchica dalle autorità comunali. Queste dovrebbero intervenire nell’azione di questo corpo esclusivamente col fornire informazioni. Noi proponiamo che sia studiato, non ammesso questo provvedimento, il quale ad ogni modo ci sembra d’importanza molto secondaria, come è secondaria di fronte alle attuali condizioni della pubblica sicurezza, la quistione dei furti campestri semplici, non commessi da malfattori di mestiere.

Il fin qui detto intorno alle guardie campestri municipali si applica a più forte ragione alle private. Già dicemmo fra qual razza d’individui siano generalmente scelti alcuni fra i campieri di ciascun feudo. Non esitiamo dunque a proporre che almeno nelle parti di Sicilia infestate dai malfattori, sia per regola generale ed assoluta rifiutato loro il porto d’armi, molto più la qualità di agente di pubblica sicurezza. Il danno immediato che ne riceverebbero taluni privati sarebbe incomparabilmente minore del vantaggio del pubblico, e, a lungo andare, di quei privati stessi. Insomma, proponiamo la soppressione di qualunque forza speciale, comunale o privata diretta contro i ladri campestri semplici e non altrimenti pericolosi. Riguardo alla repressione dei malfattori che esercitano l’abigeato, o pei quali il furto campestre semplice è una industria accessoria, queste forze non sono altro che dannose, e provvederebbe l’ordinamento generale della polizia131.

Naturalmente, qualunque riforma e provvedimento intorno ai militi a cavallo, alle guardie campestri municipali e private, è subordinato ad una ricostituzione del rimanente dell’amministrazione della pubblica sicurezza, che la renda realmente efficace, e che metta l’autorità in grado di abbandonare quel sistema di transazioni di cui sono precisamente le manifestazioni più evidenti la qualità del personale dei militi a cavallo e le guardie campestri, a una riforma, insomma, che permetta al Governo di sopprimere la classe dei malfattori, invece di stare eternamente cercando un modus vivendi con lei. Altrimenti questi provvedimenti farebbero molto male, o niun bene.

Adesso, eliminate le precedenti quistioni, esamineremo precisamente come l’ordinamento di pubblica sicurezza del rimanente del Regno, riesca inefficace in Sicilia.

 

 




129 Vedi ciò che dice sulle guardie campestri del mandamento di Misilmeri la già citata Relazione del procuratore generale del Re in Palermo, comm. Calenda, sull’amministrazione della giustizia per l’anno 1873, letta il 5 gennaio 1874, pagg. 48 e 49.



130 Vedi la già citata Relazione del procuratore generale Calenda, letta in Palermo il 5 gennaio 1874, pag. 48.



131 Intorno ai campieri vedi la relazione della Commissione d’inchiesta, pagg. 142-143. Le sue proposte sono meno radicali delle nostre.






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