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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 75. — Come convenga porre in Sicilia il personale di polizia sotto una stretta dipendenza dell’autorità giudiziaria.
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§ 75. — Come convenga porre in Sicilia il personale di polizia sotto una stretta dipendenza dell’autorità giudiziaria.

Se la direzione locale della polizia indagatrice deve stare nel pretore, quali dovranno essere le relazioni con lui dell’autorità locale di pubblica sicurezza? come si potranno conciliare queste relazioni coll’unità nella direzione suprema della polizia in tutta l’Isola o in buona parte di essa?

Perchè il problema sia solubile, occorre, prima di tutto, che venga posto un funzionario di pubblica sicurezza in ogni mandamento. Questo provvedimento è del resto richiesto da tutti i prefetti delle province mal sicure di Sicilia nelle loro già citate relazioni. Per il rimanente, noi sappiamo che le proposte che siamo per fare parrebbero, nelle circostanze ordinarie, per lo meno discutibili, ma, fuori del caso che si voglia sospendere lo Statuto, ci sembra talmente indispensabile per la scoperta e l’arresto dei delinquenti, l’unione fra le autorità locali giudiziarie e di polizia, stretta al punto di farne una potestà sola, che se la pratica dimostra che sia necessario per raggiungere siffatto scopo, il porre l’autorità di pubblica sicurezza del mandamento sotto la dipendenza gerarchica vera e propria del pretore, non esitiamo a proporre di farlo.

Per conciliare la sottoposizione all’autorità giudiziaria dell’impiegato di pubblica sicurezza nel mandamento, colla sua dipendenza dalle autorità superiori di questura, converrebbe che in tutti i gradi della gerarchia fossero simili le relazioni fra i funzionari di pubblica sicurezza e l’autorità giudiziaria rappresentata dai Procuratori del Re presso i tribunali correzionali, e, sopra tutti dal Procuratore Generale alla Corte di Appello presso il quale risiederebbe la questura.

Per ottenere l’unità nella direzione suprema, converrebbe mutare in Sicilia la circoscrizione delle Corti di Appello. E quando si chiarisse impossibile nella pratica il metterne una sola per tutta l’Isola e stabilire in tal modo un ordinamento che provvedesse al possibile estendersi delle cattive condizioni della pubblica sicurezza alle parti attualmente tranquille, almeno togliere dalla dipendenza di quella di Palermo, la tranquilla provincia di Siracusa, e rimpiazzarla coi circondari delle province di Messina e Catania presentemente infestati dai malfattori.

Con un siffatto ordinamento, le istruzioni penali per le quali tutti gli elementi sussistessero nel territorio di un mandamento o nelle sue immediate vicinanze, verrebbero compiute dal pretore. Quando questi elementi fossero sparsi sopra un più vasto territorio, si farebbero dai giudici istruttori sotto la direzione rispettivamente dei procuratori del Re circondariali o della procura Generale secondo i casi. Per le istruzioni penali che venissero sotto la direzione di quest’ultima, rimarrebbe la quistione esclusivamente pratica, se gl’istruttori dovessero esser presi dal Tribunale Correzionale della residenza della Corte d’Appello, oppure dalla sezione d’accusa della Corte stessa, e diventerebbero forse necessarie alcune modificazioni al Libro II, Titolo 3, Capo 1 del Codice di Procedura Penale. Quando nel corso dell’istruzione venissero fuori elementi sparsi sopra un più vasto territorio, il processo si potrebbe trasmettere dall’autorità inferiore alla superiore perchè continuasse l’istruzione in quanto a lei spetterebbe.

Converrebbe inoltre ordinare le relazioni fra i pretori in modo da rendere rapide e continue le comunicazioni fra di loro, e da rendere facile a ciascuno di essi di iniziare istruzioni anche per delitti commessi in mandamenti limitrofi, quando in questo modo si potesse ottenere rapidità maggiore. Quest’ultima sarebbe piuttosto opera di regolamento che di legge, poichè questa ha già provveduto al caso158. Per i delitti commessi nelle grandi città comprendenti parecchie preture come Palermo, Catania e Messina, l’ordinamento di polizia si fonderebbe sull’unione del questore e del Procuratore del Re.

Naturalmente il provvedimento che stiamo proponendo, e che viene a mettere l’amministrazione della polizia nell’arbitrio dell’autorità giudiziaria, dovrebbe esser subordinato ad una depurazione radicale di quest’ultima in tutti i suoi gradi, depurazione che le nostre leggi attuali rendono difficilissima, fuorchè per i pretori che sono amovibili in virtù dell’art. 69 dello Statuto.

Ma tolte pure quelle difficoltà, ne rimarrebbero due capitali. Da un lato, è egli possibile togliere all’autorità politica la direzione della pubblica sicurezza? Dall’altro, la qualità di capo di polizia, è essa compatibile in pratica con quella di magistrato?

Evidentemente, coll’ordinamento che proponiamo, l’autorità politica potrebbe bensì richiedere l’opera del personale di pubblica sicurezza, ma il suo servizio sarebbe subordinato a quello dell’autorità giudiziaria, e di più il sottoporre alla suprema autorità giudiziaria di Palermo circondarii dipendenti dall’autorità politica di Catania e Messina complicherebbe ancora più le relazioni, a meno che si modificasse la circoscrizione amministrativa dell’Isola insieme colla giudiziaria. Ma quando il personale giudiziario fosse scelto in modo da poter dirigere efficacemente la polizia indagatrice, l’opera dell’autorità politica nella pubblica sicurezza, si ridurrebbe a ben poco, e sarebbe ausiliare. Per ciò che riguarda gli uffici di bassa polizia e gli annessi provvedimenti amministrativi, i funzionari di pubblica sicurezza potrebbero rimanere sottoposti alle autorità politiche. Per ciò che riguarda i pericoli per la sicurezza dello Stato, congiure politiche ec., pericoli che del resto si presentano ben di rado in Sicilia, basterebbe a parer nostro la continuità delle relazioni fra potere giudiziario e politico. Del resto i fatti di Palermo nel 1866 hanno dimostrato come la dipendenza diretta delle questure dalle autorità politiche sia molto meno efficace di quel che si crede generalmente a scoprir le congiure o a prevenire le rivolte di qualunque genere. Basterebbe dunque che i regolamenti determinassero le relazioni riguardo alla polizia fra le autorità giudiziarie e politiche in modo da renderle intime e continue, e prevedessero il maggior numero possibile di casi di conflitto, a fine di eliminarli e così rendere queste relazioni anche cordiali. D’altronde, già lo vedemmo, la dualità delle autorità soprintendenti alla polizia è inevitabile; e ci sembra che in Sicilia i danni che ne derivano sarebbero minori, quando i poteri di queste due autorità fossero distribuiti come lo proponiamo, invece di esserlo come adesso nel modo inverso.

Riguardo ai pericoli morali che correrebbe la magistratura coll’esser posta alla testa della polizia, ci sembra che non siano molto grandi, quando si tratti della polizia strettamente giudiziaria e della sorveglianza preventiva che essa implica, a condizione naturalmente che il Governo non tentasse mai d’impiegare la polizia per fini politici ed elettorali. Osserveremo peraltro che l’ufficio che noi proponiamo di dare ai magistrati è di semplice sorveglianza, e non implica arbitrii, mentre la legislazione in vigore affida ai pretori l’arbitrio importantissimo dell’inflizione dell’ammonizione. Del resto, per questo, come per tutto il rimanente, molti inconvenienti quando si presentassero, dipenderebbero non dalle istituzioni, ma dal personale. E dal personale giudiziario di ogni grado l’elemento siciliano dovrebbe essere escluso.

D’altra parte, la direzione della polizia locale affidata a un magistrato, sarebbe cagione che avesse minore occasione di manifestarsi quell’ombroso spirito di corpo dei Carabinieri, il quale, per quanto possa talvolta nuocere all’unità di azione, pure ha grandi vantaggi.

Affinchè l’unità nella direzione della polizia mandamentale raggiungesse nella pratica tutta la sua efficacia, sarebbe indispensabile che un medesimo locale racchiudesse la pretura, l’ufficio di pubblica sicurezza e la caserma della forza armata di pubblica sicurezza, guardie, carabinieri od altri. Questa condizione per quanto possa sembrare a prima vista accessoria, è d’importanza capitale per ottenere rapida trasmissione delle informazioni e degli ordini, contatto continuo, segretezza e rapidità nel preparare le operazioni.

Per ciò che riguarda la parte esecutiva del servizio di polizia, la forza armata di pubblica sicurezza destinata al servizio in campagna dovrebbe esser tutta a cavallo. Il radunare informazioni e il seguir tracce di qualunque genere in un paese dove i luoghi abitati sono lontani gli uni dagli altri è assolutamente impossibile senza una grande rapidità di movimenti159.

Naturalmente, qualunque sia l’ordinamento della polizia, non è meno necessaria in Sicilia, almeno per adesso, una numerosa forza militare distribuita in modo da esser pronta a qualunque richiesta delle autorità di pubblica sicurezza. è meno indispensabile l’unità di comando di questa truppa in tutta la Sicilia, per poter provvedere rapidamente alla distribuzione della forza nei vari luoghi e nelle varie parti dell’Isola a seconda dei bisogni. Per questa medesima ragione è utilissimo l’ordinamento in zone e sotto-zone, purchè però non abbia una rigidità tale da impedire le autorità locali di polizia di valersi dei soldati senza ricorrere prima al capo-luogo della sotto-zona.

 

 




158 Cod. di Proced. Pen., art. 30.



159 Vedi la già citata relazione dell’on. Depretis, pag. 18, col. 2 (Camera dei Deputati 1874-75, Doc. 5, 24-A).






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