§ 79. — Arbitrio del
giudice istruttore per l’arresto e la libertà provvisoria. — Legge del 30
giugno 1876.
Ad ogni modo, per ottenere questo effetto sarebbe necessaria
una larga facoltà nel magistrato istruttore di rilasciare mandati di cattura,
di confermare gli arresti fatti in flagranza di reato e di rifiutare la libertà
provvisoria167 anche per i delitti o per i crimini che per una ragione
od un’altra siano di competenza del Tribunale correzionale. Lo studio di
quistioni così difficili e complicate non è compatibile coll’indole generale
del presente lavoro. Ma riguardo ai limiti posti all’arbitrio del giudice nel
concedere o no la libertà provvisoria, limiti resi più stretti ancora dalle
modificazioni portate al Codice di Procedura Penale colla legge del 30 giugno
1876, ci permetteremo solamente di sottoporre un dubbio al lettore. Ha
l’esperienza dimostrato che il numero e la complicazione dei controlli, e le
limitazioni imposte dalla legge all’arbitrio del magistrato, bastino a
compensare i danni prodotti dall’essere il personale giudiziario in parte
impari all’ufficio suo, e il servizio della polizia giudiziaria inefficace al
punto di prendere per colpevoli gl’innocenti in un grandissimo numero di casi?
E più specialmente per ciò che riguarda lo stato di fatto che ha provocato la
legge 30 giugno 1876, può una legge generale prevedere e distribuire in
categorie l’infinita varietà di circostanze che presentano i processi per
delitti non leggerissimi, e stabilire anticipatamente quando il giudice abbia
facoltà d’assicurarsi della persona dell’imputato e quando no? Nessuno al mondo
potrà certamente criticare la legge in discorso in quelle parti dove
all’obbligo sostituisce la facoltà di rilasciare il mandato di cattura (come
per esempio nella modificazione portata all’art. 183 del Cod. di Proc. Pen.).
Ma dove l’arbitrio del giudice viene ristretto, è forse lecito di temere che sia
stato chiesto alla legge di fare ciò di cui sono capaci solamente le persone
incaricate d’applicarla. Era senza dubbio indispensabile ed urgente il
provvedere agl’inconvenienti che provocarono questa legge, ma il modo efficace
di provvedervi ci sembra sia di modificare non la legge, ma il personale
giudiziario, il personale e l’ordinamento di polizia. In ogni istituzione
politica vi ha un punto dopo il quale la sua riescita non può dipendere altro
che dalle qualità delle persone cui n’è affidata l’applicazione, e dove ogni
nuovo provvedimento legislativo diventa non solo inutile, ma dannoso. Perchè,
volendo sottoporre ad una regola generale e prestabilita fatti infinitamente
vari, si corre grave rischio, per schivare un male, di cadere nel male opposto;
e soprattutto perchè chi governa, credendo di aver provveduto sufficentemente,
si mette l’animo in pace, e lascia sussistere e crescere la cagione vera del
male ritenendola per un inconveniente secondario. E a chi dicesse che il
fondare un’istituzione sulle qualità di una categoria di funzionari è darle una
base incerta e precaria, non potremmo rispondere altro se non che l’aver base
incerta e precaria, è natura di tutte le cose umane e delle istituzioni
politiche più di qualunque altra, e che le garanzie dei sistemi costituzionali
hanno per iscopo di restringere questa incertezza e precarietà, non di
toglierle.
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