§ 82. — Ammonizione e
domicilio coatto.
Qualunque possa essere la efficacia dei provvedimenti da noi
proposti sta il fatto che adesso i delinquenti sottoposti a processo sono
pochi, e meno i condannati. Nella pratica si è cercato di supplire a questa
impotenza coll’uso dell’ammonizione e del suo accessorio l’invio a domicilio
coatto169. I quali per tal modo sono spesso diretti in Sicilia, ad
impadronirsi di quei delinquenti che è stato impossibile condannare per le vie
legali, piuttosto che a sorvegliare più efficacemente, ed a porre
nell’impotenza di nuocere quelle categorie di persone che per presunzione della
legge sono più facili di altre a commettere delitti o contravvenzioni. I primi
del resto sono pure fra coloro che la legge sottopone ad ammonizione come
diffamati per crimini o per delitti contro le persone e le
proprietà170.
Se non che, e la legge e il
personale incaricato di applicarla sono poco adattati all’uso che
principalmente se ne vuole fare in Sicilia.
Lasceremo da parte la definizione dell’ammonizione di valore
esclusivamente teorico data dall’art. 47 del Codice Penale171, per
occuparci delle disposizioni della legge di Pubblica Sicurezza del 20 marzo
1865 modificata in alcuni articoli colla legge del 6 luglio 1871172.
Secondo questa legge, l’ammonizione s’infligge per tre cagioni principali.
S’infligge cioè: 1° Agli oziosi e vagabondi (art. 70 capov. 1)173; 2°
Ai sospetti per furti di campagna o per pascolo abusivo (art. 97); 3° Ai
sospetti come grassatori, ladri, truffatori, borsaiuoli, ricettatori,
manutengoli, camorristi, mafiosi, contrabbandieri, accoltellatori, e tutti gli
altri diffamati per crimini e delitti contro le persone o la proprietà (art.
105). L’ammonizione è pronunziata dal pretore: contro gli oziosi e vagabondi e
i sospetti di furti campestri, sulle denuncie dell’autorità di pubblica
sicurezza ch’egli deve verificare, ovvero anche senza denunzia, in seguito
della pubblica voce o notorietà (articoli 70, 98); contro i sospetti grassatori
ec., e diffamati per crimini o delitti, dietro denuncia dell’autorità di
pubblica sicurezza, verificate dal pretore stesso con informazioni assunte
(articoli 105 e 106 capov. 1). La contravvenzione all’ammonizione è punita
(articoli 71 e 106 capov. 2), colle pene sancite dal Codice Penale per gli
oziosi e vagabondi cioè col carcere da tre a sei mesi, più la sorveglianza
speciale della polizia. La pena è aggravata in caso di recidiva174.
Inoltre può essere all’ammonito proibito dal prefetto di abitare in dati
luoghi, e può il Ministro dell’Interno inviarlo a domicilio coatto per un
termine da sei mesi a due anni, dopo una prima condanna per contravvenzione, e
dopo una seconda, per un termine da uno a cinque anni175. L’ammonizione
quantunque pronunziata da un magistrato, è stata dalla giurisprudenza
considerata come provvedimento amministrativo, e perciò inappellabile in via
giudiziaria176 e non soggetto a ricorso in Cassazione.
È incerta la quistione di competenza per la sentenza di
contravvenzione all’ammonizione, essendo la giurisprudenza
contradittoria177. Talune decisioni l’attribuiscono al pretore, talune
altre al tribunale correzionale. Però la Corte di Cassazione di Palermo l’ha
dichiarata di competenza del tribunale correzionale.
L’invio a domicilio coatto è
provvedimento esclusivamente amministrativo, ma subordinato per legge, alla
condanna per contravvenzione all’ammonizione.
Riguardo ai fatti che possono giustificare l’ammonizione, la
legge lascia pieno arbitrio al pretore col solo obbligo di prendere
informazioni178.
Riguardo ai fatti che possono giustificare una sentenza di
contravvenzione all’ammonizione, la legge è molto indeterminata in quanto
spetta agli ammoniti per oziosità e vagabondaggio e soprattutto agli ammoniti
come sospetti di grassazioni, ec. e diffamati per delitti contro la proprietà o
le persone. Difatti, in quanto riguarda gli oziosi e vagabondi gli estremi
della contravvenzione sono stabiliti, ma molto vagamente dai termini nei quali
il pretore deve pronunziare l’ammonizione179. Per i sospetti di
grassazione, ec. o diffamati per delitti, gli estremi della contravvenzione non
sono affatto stabiliti. La giurisprudenza non ammette che si facciano a questa
categoria di ammoniti nemmeno i precetti medesimi che agli oziosi e vagabondi
s’impongono in virtù dell’art. 70, capov. 1, della legge di Pubblica
Sicurezza180. Per modo che, secondo la legislazione attuale, le persone
più pericolose sono quelle che, per quanto menino vita irregolare e diano luogo
a più fondati sospetti, possono più difficilmente essere convinte di
contravvenzione all’ammonizione e condannate in conseguenza; essere cioè
incarcerate e sottoposte alla sorveglianza della polizia181 in virtù
dell’alt. 437 del Codice Penale; e inviate a domicilio coatto. Quando poi si
pensi che la condanna per contravvenzione è una sentenza pronunciata da
un tribunale e in conseguenza subordinata a un certo rigore di prove, non sarà
necessario grande sforzo di mente per intendere che la legge, non permettendo
che sia data a questa sentenza quando diretta contro i sospetti grassatori ec.
e i diffamati per crimini e delitti altra base che una persistenza di sospetti,
mette il tribunale incaricato d’infliggerla in una strana posizione: perchè se
la pronuncerà, agirà contrariamente alla sua natura di corpo giuridico, se non
la pronuncerà, renderà inutili ed illusorie le disposizioni di legge intese a
far sorvegliare questa categoria di persone e ad impedirle di commettere reati.
Riguardo agli oziosi e vagabondi questi inconvenienti quantunque grandi ancora,
sono minori per la maggior precisione della legge. Riguardo alle persone
sospette di furti campestri e pascolo abusivo, la difficoltà quasi non esiste
per la maggior determinatezza della legge a loro riguardo182.
Ora, conviene considerare che in
Sicilia le persone che è essenziale di sorvegliare sono i sospetti e i
diffamati per crimini e delitti; preme tener d’occhio gli oziosi e vagabondi
solamente in quanto sono pericolosi, e si possono comprendere nella precedente
categoria. La prevenzione dei delitti minimi, come quelli che vengono
generalmente commessi dagli oziosi e vagabondi inoffensivi, e i furti campestri
(che nel più dei casi sono una sola e medesima cosa) è un lusso che si possono
dare le società in cui la pubblica sicurezza è in ben altre condizioni, e che
possono disporre delle loro forze per fini secondari. Le leggi italiane
sull’ammonizione sono dunque siffattamente ordinate, che dànno all’autorità in
Sicilia i mezzi più efficaci per prevenire quei disordini che sono tollerabili.
Ma gli inconvenienti della legge crescono ancora per il modo
della sua applicazione. In Sicilia non si può parlare del caso che le persone
da ammonire siano denunziate dalla voce pubblica. Rimane la denuncia delle
autorità di pubblica sicurezza fatta in seguito agli indizi che queste, per
l’ufficio loro, sono state in grado di raccogliere, seguendo l’individuo passo
a passo per delle settimane e dei mesi. Ma queste denunzie non bastano. Il
pretore per legge è obbligato a formarsi personalmente una convinzione
sull’argomento. Siccome egli non interviene per nulla nel servizio di polizia,
egli è costretto a ricercare gli elementi della sua convinzione per altre vie
che quelle tenute dagli agenti di pubblica sicurezza, e non ha altro che le
testimonianze dei cittadini. Già dicemmo quanto poco numerosi sieno i cittadini
capaci di rifiutarsi a firmare un attestato di buona condotta per un malfattore
temibile183. Chi non lo può ottenere, è il delinquente minore. Ben più:
taluni dei capi mafiosi, più noti e più ribaldi di Palermo e dintorni,
denunciati per l’ammonizione, trovarono non di rado per perorare la loro causa
presso le autorità, persone considerevoli non solo per la loro ricchezza e per
la loro influenza nell’Isola, ma anche per la loro posizione ufficiale. Di
fronte a tali informazioni, le sole sulle quali, nelle condizioni attuali, il
pretore possa fondare la sua convinzione legale, sarà ben difficile che esso
infligga l’ammonizione al malfattore più palese, se si rammenta di esser
magistrato, per quanto sia onesto, coscenzioso, coraggioso fino all’eroismo,
insomma inaccessibile alle influenze di ogni genere.
Ma questo non è il caso per la
maggior parte dei pretori di Sicilia, lo abbiamo già detto nel primo capitolo.
Ne risulta che essi da un lato non avendo altri limiti al loro arbitrio nello
scegliere le persone da ammonire fuorchè quelli imposti dalla loro coscenza,
dall’altro essendo sottoposti a pressioni ed influenze di ogni genere, si
sfogano ad ammonire sospetti di furti campestri, oziosi e vagabondi
inoffensivi, e di quando in quando qualche malfattore che abbia poche aderenze.
Quando poi altre influenze riescano a vincere quelle locali ed il pretore
principii a distribuire le ammonizioni senza tanti riguardi, si espone a
rimetterci la vita, come l’infelice pretore di Alcamo. Del resto, in questa cattiva
scelta delle persone da ammonire hanno una gran parte di colpa anche gli
ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza per la troppa facilità nel far le
denunzie.
Da questa larga e cattiva
distribuzione delle ammonizioni sono risultate grandi sofferenze, ingiustamente
sofferte da quella classe infima che in Sicilia non ha voce per farsi sentire
ed è vittima di tutti. Ed inoltre il gran numero degli ammoniti, rendendo
impossibile il sorvegliarli tutti insieme, ha fatto sì che in molti casi
l’ammonizione si limitasse a una sorveglianza intermittente dei condannati che
fa soffrire gli ammoniti senza avvantaggiare l’autorità.
Del resto, quand’anche le leggi
sull’ammonizione, la scelta del personale dei pretori e della pubblica
sicurezza, la loro unione e le istruzioni loro impartite fossero tali da
impedire per un momento le soverchie ammonizioni, dubitiamo che tali mezzi
potessero avere efficacia per lungo tempo. Gli arbitrii di polizia non trovano
nelle qualità del personale quelle medesime garanzie che gli arbitrii nei
provvedimenti giudiziarii. Il giudice, che di sua autorità ordina un arresto o
rifiuta la libertà provvisoria, trova la condanna o l’approvazione del suo
provvedimento nel risultato definitivo della procedura. S’egli ha usato il suo
arbitrio in modo eccessivo, la sua coscenza, quando l’abbia retta e sensibile,
riceve un avvertimento che lo riconduce entro i giusti limiti. Nulla di simile
nei provvedimenti di polizia. In questi, nessuna forza morale si oppone a
quella tendenza che ha ogni uomo di attenersi ai mezzi più facili per
raggiungere il suo intento. Entro un tempo più o meno lungo i pretori più
rigidi si troverebbero, senza avvedersene, trascinati dalle forze ineluttabili
della natura umana a sbrigarsela con una ammonizione, deve sarebbe stata
possibilissima una procedura regolare per delitto poco grave.
Il già detto riguardo alla
ammonizione, si deve a più forte ragione dire per il domicilio coatto,
quantunque colpisca un numero di persone molto minore. Coll’attuale legge può
accadere, ed accade talvolta che porti due anni di domicilio coatto il sospetto
di azioni le quali, se fossero giudizialmente provate, procurerebbero al loro
autore poche settimane di carcere. Di fatti gli ammoniti per vagabondaggio o
per sospetto di furti campestri, in seguito a sentenza di contravvenzione,
possono essere e sono talvolta inviati a domicilio coatto per due anni con
infinito danno di loro e delle famiglie non solo, ma anche dell’intera società.
Giacchè l’uomo più inoffensivo
alla partenza, torna quasi inevitabilmente mafioso e malfattore dal
domicilio coatto nelle isole. Nulla potrebbe esser più demoralizzante del
genere di vita che vi menano i condannati. La sola regola disciplinare cui
siano astretti, è di presentarsi ogni sera all’appello, e di dormire in certi
cameroni che la loro indolenza lascia orribilmente sporchi. Durante la giornata
sono liberi. Il Governo passa loro un pagliericcio e una coperta che nell’isola
di Ustica (la sola sulla quale abbiamo informazioni precise) vengono mutati
quattro volte all’anno per esser lavati. Hanno inoltre 60 centesimi al giorno;
del resto, sono lasciati interamente a sè stessi. Pochi s’impiegano a lavorar
la terra nelle piccole proprietà dell’isola. Gli altri vivono nell’ozio il più
assoluto e si dànno al giuoco che, proibito nei cameroni, non si può impedire
fuori di essi. Si giuocano i pochi denari che ricevono dalle famiglie e perfino
gli abiti. I delitti di sangue sono frequenti. Vorremmo poterci maggiormente
dilungare sul doloroso argomento del domicilio coatto. Ma il tempo che ci
stringe ci obbliga a venire alle conclusioni intorno a questo e alla
ammonizione.
Abbiamo detto che, a parer
nostro, sarebbe difficile alla lunga di evitare il rinnovarsi degli attuali
inconvenienti nell’uso dell’ammonizione per quanto si cercasse di garantirsene.
Ma con ciò non abbiamo inteso dire che si dovesse adesso sopprimerla in
Sicilia, e molto meno rimandare a casa i domiciliati coatti. Anzi, riguardo a
questi, è spesso tale il pericolo che porta per l’ordine pubblico il loro
ritorno in patria dopo lo spirar della pena, che spesso di necessità conviene
sorvegliarli strettamente per trovar presto cagione di ammonirli, convincerli
di contravvenzione all’ammonizione, poi rinviarli alle isole. Intendiamo dire
che, supposto che si voglia a qualunque costo ricondurre la pubblica sicurezza
in Sicilia ad uno stato relativamente normale, ottenuto questo fine, o coi
mezzi che proponiamo o con altri, e tolti via o resi impotenti i malfattori,
l’uso dell’ammonizione e dell’invio a domicilio coatto dovrebbe ridursi ad
essere considerato come un espediente eccezionale. Fintantochè non si sia
giunti ad un così bel risultato conviene cercare che questi provvedimenti
raggiungano in Sicilia il fine che ne giustifica l’uso sopra larga scala: la soppressione
cioè di quei malfattori di ogni grado che non si possono condannare per le vie
legali; e per questo, i mezzi adattati ci sembrerebbero i seguenti:
Prima di tutto adoperare in
Sicilia l’ammonizione e il domicilio coatto contro i soli sospetti di crimini o
delitti gravi, ad esclusione dei semplici ladri campestri e degli oziosi e
vagabondi inoffensivi. Quando le condizioni del rimanente d’Italia non
permettessero di sancire siffatta disposizione con una legge generale, e non si
volesse fare una legge speciale per l’Isola, si potrebbe ottenere l’intento per
mezzo d’istruzioni ai funzionari competenti. Il derogare ad una legge con
istruzioni, potrà sembrare a molti cosa scandalosa, ed è certamente pericoloso;
ma da un lato, siffatte istruzioni non allargherebbero, bensì ristringerebbero
l’applicazione della legge, e d’altra parte, dietro a tali istruzioni, le
autorità farebbero per le ammonizioni ciò che fanno adesso nel caso di molte
contravvenzioni minori. Difatti, se gli agenti della pubblica sicurezza
dovessero far processo verbale per tutte le contravvenzioni, per esempio
all’obbligo di tener la notte lanterne alla porta delle osterie ed altre
prescrizioni simili, non rimarrebbe più tempo per correr dietro ai malfattori.
E magari, fossero queste sole in Sicilia e in tutta Italia le leggi di cui
l’autorità pubblica non cura l’applicazione!
Ristretta in tal modo
l’applicazione della legge, si farebbe però più che mai sentire il bisogno di
determinare i criteri secondo i quali si dovesse ai sospetti o diffamati
infliggere l’ammonizione, o per lo meno la condanna per contravvenzione alla
medesima. Ma questo è un caso in cui l’indole stessa del provvedimento
costringe a far conto esclusivamente sulle qualità personali di coloro cui ne
vien affidata la esecuzione. Riguardo all’ammonizione, una osservazione lunga e
paziente delle abitudini dei malfattori, dei luoghi che frequentano di
preferenza, può forse in altri paesi, permettere di stabilire a priori qualche
criterio benchè molto vago. In Sicilia la cosa è molto più difficile, perchè i
malfattori sono generalmente troppo confusi col rimanente della popolazione.
Converrebbe fidarsi all’onestà, alla energia e alla perspicacia del pretore
locale per infliggere l’ammonizione.
Le medesime ragioni per le quali
è impossibile stabilire in una legge i criteri, secondo i quali si deve
infliggere l’ammonizione, impediscono pure di stabilire con una regola generale
gli estremi della contravvenzione alla medesima. Perchè fosse possibile dare un
fondamento giuridico alla sentenza, converrebbe dunque attribuire al pretore
facoltà di imporre agli ammoniti quei precetti che per le loro circostanze
speciali giudicasse più efficaci a porli nell’impotenza di nuocere, affinchè la
contravvenzione, quando si verificasse, fosse costituita da fatti. Anche
in questo caso, la garanzia non si può cercare in provvedimenti legislativi, ma
nella scelta del personale e nella posizione che gli venga fatta, tale da
renderlo per quanto sia umanamente possibile inaccessibile alle pressioni e alle
corruzioni locali.
Ad ogni modo, le esigenze
dell’ammonizione così ridotta renderebbero più che mai necessaria una larga
partecipazione dei pretori alla direzione della polizia indagatrice, affinchè
questi potessero farsi un’opinione personale indipendente sul conto delle
persone sospette, per mezzo delle loro proprie informazioni ed osservazioni
giornaliere, senza dover ricorrere dopo la denuncia dell’autorità di pubblica
sicurezza ad una specie d’istruzione fondata sulle informazioni fornite dai cittadini,
e fossero per tal modo in grado di sfuggire all’alternativa della quale
parlavamo or ora, di dovere o andar contro allo spirito del loro ufficio di
magistrati condannando all’ammonizione senza avere adoperato i mezzi indicati
dalla legge per formare la loro convinzione sui fatti che la giustificano,
oppure lasciare in piena balìa di sè stesse persone pericolose.
Riguardo alla competenza per i giudizi di contravvenzione, vi
sono due fini fra loro contraddicenti da conseguire. Da un lato, il lasciar siffatti
giudizi in balìa del pretore, è render più grande che mai quel pericolo degli
arbitrii di polizia cui accennavamo or ora184. Dall’altro, l’affidarli
ai tribunali correzionali, lascia il tempo all’imputato di darsi alla
latitanza. Si potrebbero conciliare ambedue le cose, dando al tribunale la
competenza per il giudizio, e al pretore la facoltà di arrestare l’imputato di
contravvenzione nel momento che è presentata al tribunale stesso la denuncia
per la medesima. Quando la contravvenzione consistesse nell’infrazione di
determinati precetti, il caso di accusa e conseguente arresto non giustificati,
sarebbe raro. Per evitare il rischio di troppo lunga prigionìa preventiva,
converrebbe nel medesimo tempo trovar modo di distribuire i lavori dei tribunali
in maniera che una o più adunanze per settimana, secondo il bisogno
sperimentato, fossero consacrate ai processi per contravvenzione
all’ammonizione185.
Riguardo al genere di vita dei
domiciliati coatti nelle isole, il problema è più difficile. È quistione di
denari e di colonie penitenziarie in Italia, o in un luogo di deportazione. Non
ci dilunghiamo su questo argomento, perchè pur troppo per adesso, ogni proposta
sarebbe oziosa.
In ciò che abbiamo detto adesso
intorno all’ammonizione, abbiamo proposto di affidare ai pretori straordinario
arbitrio di polizia, e ciò dopo aver dichiarato quanto poco valessero a lungo
andare contro il loro abuso anche le qualità personali dei funzionari. Ma tutte
le nostre proposte si fondano sulla presunzione che allo stato anormale della
pubblica sicurezza in Sicilia si voglia ad ogni costo provvedere entro
un tempo non troppo lungo, rinunziando assolutamente al sistema delle mezze
misure e delle transazioni. Quando ciò non sia, queste e le altre nostre
proposte non hanno niun significato, e, faccia o no buona riescita la prova di
affidare arbitrii ai pretori o ad altri, stiano gli ordinamenti come adesso o
diversamente, poco importa.
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