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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 82. — Ammonizione e domicilio coatto.
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§ 82. — Ammonizione e domicilio coatto.

Qualunque possa essere la efficacia dei provvedimenti da noi proposti sta il fatto che adesso i delinquenti sottoposti a processo sono pochi, e meno i condannati. Nella pratica si è cercato di supplire a questa impotenza coll’uso dell’ammonizione e del suo accessorio l’invio a domicilio coatto169. I quali per tal modo sono spesso diretti in Sicilia, ad impadronirsi di quei delinquenti che è stato impossibile condannare per le vie legali, piuttosto che a sorvegliare più efficacemente, ed a porre nell’impotenza di nuocere quelle categorie di persone che per presunzione della legge sono più facili di altre a commettere delitti o contravvenzioni. I primi del resto sono pure fra coloro che la legge sottopone ad ammonizione come diffamati per crimini o per delitti contro le persone e le proprietà170.

Se non che, e la legge e il personale incaricato di applicarla sono poco adattati all’uso che principalmente se ne vuole fare in Sicilia.

Lasceremo da parte la definizione dell’ammonizione di valore esclusivamente teorico data dall’art. 47 del Codice Penale171, per occuparci delle disposizioni della legge di Pubblica Sicurezza del 20 marzo 1865 modificata in alcuni articoli colla legge del 6 luglio 1871172. Secondo questa legge, l’ammonizione s’infligge per tre cagioni principali. S’infligge cioè: Agli oziosi e vagabondi (art. 70 capov. 1)173; Ai sospetti per furti di campagna o per pascolo abusivo (art. 97); Ai sospetti come grassatori, ladri, truffatori, borsaiuoli, ricettatori, manutengoli, camorristi, mafiosi, contrabbandieri, accoltellatori, e tutti gli altri diffamati per crimini e delitti contro le persone o la proprietà (art. 105). L’ammonizione è pronunziata dal pretore: contro gli oziosi e vagabondi e i sospetti di furti campestri, sulle denuncie dell’autorità di pubblica sicurezza ch’egli deve verificare, ovvero anche senza denunzia, in seguito della pubblica voce o notorietà (articoli 70, 98); contro i sospetti grassatori ec., e diffamati per crimini o delitti, dietro denuncia dell’autorità di pubblica sicurezza, verificate dal pretore stesso con informazioni assunte (articoli 105 e 106 capov. 1). La contravvenzione all’ammonizione è punita (articoli 71 e 106 capov. 2), colle pene sancite dal Codice Penale per gli oziosi e vagabondi cioè col carcere da tre a sei mesi, più la sorveglianza speciale della polizia. La pena è aggravata in caso di recidiva174. Inoltre può essere all’ammonito proibito dal prefetto di abitare in dati luoghi, e può il Ministro dell’Interno inviarlo a domicilio coatto per un termine da sei mesi a due anni, dopo una prima condanna per contravvenzione, e dopo una seconda, per un termine da uno a cinque anni175. L’ammonizione quantunque pronunziata da un magistrato, è stata dalla giurisprudenza considerata come provvedimento amministrativo, e perciò inappellabile in via giudiziaria176 e non soggetto a ricorso in Cassazione.

È incerta la quistione di competenza per la sentenza di contravvenzione all’ammonizione, essendo la giurisprudenza contradittoria177. Talune decisioni l’attribuiscono al pretore, talune altre al tribunale correzionale. Però la Corte di Cassazione di Palermo l’ha dichiarata di competenza del tribunale correzionale.

L’invio a domicilio coatto è provvedimento esclusivamente amministrativo, ma subordinato per legge, alla condanna per contravvenzione all’ammonizione.

Riguardo ai fatti che possono giustificare l’ammonizione, la legge lascia pieno arbitrio al pretore col solo obbligo di prendere informazioni178.

Riguardo ai fatti che possono giustificare una sentenza di contravvenzione all’ammonizione, la legge è molto indeterminata in quanto spetta agli ammoniti per oziosità e vagabondaggio e soprattutto agli ammoniti come sospetti di grassazioni, ec. e diffamati per delitti contro la proprietà o le persone. Difatti, in quanto riguarda gli oziosi e vagabondi gli estremi della contravvenzione sono stabiliti, ma molto vagamente dai termini nei quali il pretore deve pronunziare l’ammonizione179. Per i sospetti di grassazione, ec. o diffamati per delitti, gli estremi della contravvenzione non sono affatto stabiliti. La giurisprudenza non ammette che si facciano a questa categoria di ammoniti nemmeno i precetti medesimi che agli oziosi e vagabondi s’impongono in virtù dell’art. 70, capov. 1, della legge di Pubblica Sicurezza180. Per modo che, secondo la legislazione attuale, le persone più pericolose sono quelle che, per quanto menino vita irregolare e diano luogo a più fondati sospetti, possono più difficilmente essere convinte di contravvenzione all’ammonizione e condannate in conseguenza; essere cioè incarcerate e sottoposte alla sorveglianza della polizia181 in virtù dell’alt. 437 del Codice Penale; e inviate a domicilio coatto. Quando poi si pensi che la condanna per contravvenzione è una sentenza pronunciata da un tribunale e in conseguenza subordinata a un certo rigore di prove, non sarà necessario grande sforzo di mente per intendere che la legge, non permettendo che sia data a questa sentenza quando diretta contro i sospetti grassatori ec. e i diffamati per crimini e delitti altra base che una persistenza di sospetti, mette il tribunale incaricato d’infliggerla in una strana posizione: perchè se la pronuncerà, agirà contrariamente alla sua natura di corpo giuridico, se non la pronuncerà, renderà inutili ed illusorie le disposizioni di legge intese a far sorvegliare questa categoria di persone e ad impedirle di commettere reati. Riguardo agli oziosi e vagabondi questi inconvenienti quantunque grandi ancora, sono minori per la maggior precisione della legge. Riguardo alle persone sospette di furti campestri e pascolo abusivo, la difficoltà quasi non esiste per la maggior determinatezza della legge a loro riguardo182.

Ora, conviene considerare che in Sicilia le persone che è essenziale di sorvegliare sono i sospetti e i diffamati per crimini e delitti; preme tener d’occhio gli oziosi e vagabondi solamente in quanto sono pericolosi, e si possono comprendere nella precedente categoria. La prevenzione dei delitti minimi, come quelli che vengono generalmente commessi dagli oziosi e vagabondi inoffensivi, e i furti campestri (che nel più dei casi sono una sola e medesima cosa) è un lusso che si possono dare le società in cui la pubblica sicurezza è in ben altre condizioni, e che possono disporre delle loro forze per fini secondari. Le leggi italiane sull’ammonizione sono dunque siffattamente ordinate, che dànno all’autorità in Sicilia i mezzi più efficaci per prevenire quei disordini che sono tollerabili.

Ma gli inconvenienti della legge crescono ancora per il modo della sua applicazione. In Sicilia non si può parlare del caso che le persone da ammonire siano denunziate dalla voce pubblica. Rimane la denuncia delle autorità di pubblica sicurezza fatta in seguito agli indizi che queste, per l’ufficio loro, sono state in grado di raccogliere, seguendo l’individuo passo a passo per delle settimane e dei mesi. Ma queste denunzie non bastano. Il pretore per legge è obbligato a formarsi personalmente una convinzione sull’argomento. Siccome egli non interviene per nulla nel servizio di polizia, egli è costretto a ricercare gli elementi della sua convinzione per altre vie che quelle tenute dagli agenti di pubblica sicurezza, e non ha altro che le testimonianze dei cittadini. Già dicemmo quanto poco numerosi sieno i cittadini capaci di rifiutarsi a firmare un attestato di buona condotta per un malfattore temibile183. Chi non lo può ottenere, è il delinquente minore. Ben più: taluni dei capi mafiosi, più noti e più ribaldi di Palermo e dintorni, denunciati per l’ammonizione, trovarono non di rado per perorare la loro causa presso le autorità, persone considerevoli non solo per la loro ricchezza e per la loro influenza nell’Isola, ma anche per la loro posizione ufficiale. Di fronte a tali informazioni, le sole sulle quali, nelle condizioni attuali, il pretore possa fondare la sua convinzione legale, sarà ben difficile che esso infligga l’ammonizione al malfattore più palese, se si rammenta di esser magistrato, per quanto sia onesto, coscenzioso, coraggioso fino all’eroismo, insomma inaccessibile alle influenze di ogni genere.

Ma questo non è il caso per la maggior parte dei pretori di Sicilia, lo abbiamo già detto nel primo capitolo. Ne risulta che essi da un lato non avendo altri limiti al loro arbitrio nello scegliere le persone da ammonire fuorchè quelli imposti dalla loro coscenza, dall’altro essendo sottoposti a pressioni ed influenze di ogni genere, si sfogano ad ammonire sospetti di furti campestri, oziosi e vagabondi inoffensivi, e di quando in quando qualche malfattore che abbia poche aderenze. Quando poi altre influenze riescano a vincere quelle locali ed il pretore principii a distribuire le ammonizioni senza tanti riguardi, si espone a rimetterci la vita, come l’infelice pretore di Alcamo. Del resto, in questa cattiva scelta delle persone da ammonire hanno una gran parte di colpa anche gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza per la troppa facilità nel far le denunzie.

Da questa larga e cattiva distribuzione delle ammonizioni sono risultate grandi sofferenze, ingiustamente sofferte da quella classe infima che in Sicilia non ha voce per farsi sentire ed è vittima di tutti. Ed inoltre il gran numero degli ammoniti, rendendo impossibile il sorvegliarli tutti insieme, ha fatto sì che in molti casi l’ammonizione si limitasse a una sorveglianza intermittente dei condannati che fa soffrire gli ammoniti senza avvantaggiare l’autorità.

Del resto, quand’anche le leggi sull’ammonizione, la scelta del personale dei pretori e della pubblica sicurezza, la loro unione e le istruzioni loro impartite fossero tali da impedire per un momento le soverchie ammonizioni, dubitiamo che tali mezzi potessero avere efficacia per lungo tempo. Gli arbitrii di polizia non trovano nelle qualità del personale quelle medesime garanzie che gli arbitrii nei provvedimenti giudiziarii. Il giudice, che di sua autorità ordina un arresto o rifiuta la libertà provvisoria, trova la condanna o l’approvazione del suo provvedimento nel risultato definitivo della procedura. S’egli ha usato il suo arbitrio in modo eccessivo, la sua coscenza, quando l’abbia retta e sensibile, riceve un avvertimento che lo riconduce entro i giusti limiti. Nulla di simile nei provvedimenti di polizia. In questi, nessuna forza morale si oppone a quella tendenza che ha ogni uomo di attenersi ai mezzi più facili per raggiungere il suo intento. Entro un tempo più o meno lungo i pretori più rigidi si troverebbero, senza avvedersene, trascinati dalle forze ineluttabili della natura umana a sbrigarsela con una ammonizione, deve sarebbe stata possibilissima una procedura regolare per delitto poco grave.

Il già detto riguardo alla ammonizione, si deve a più forte ragione dire per il domicilio coatto, quantunque colpisca un numero di persone molto minore. Coll’attuale legge può accadere, ed accade talvolta che porti due anni di domicilio coatto il sospetto di azioni le quali, se fossero giudizialmente provate, procurerebbero al loro autore poche settimane di carcere. Di fatti gli ammoniti per vagabondaggio o per sospetto di furti campestri, in seguito a sentenza di contravvenzione, possono essere e sono talvolta inviati a domicilio coatto per due anni con infinito danno di loro e delle famiglie non solo, ma anche dell’intera società.

Giacchè l’uomo più inoffensivo alla partenza, torna quasi inevitabilmente mafioso e malfattore dal domicilio coatto nelle isole. Nulla potrebbe esser più demoralizzante del genere di vita che vi menano i condannati. La sola regola disciplinare cui siano astretti, è di presentarsi ogni sera all’appello, e di dormire in certi cameroni che la loro indolenza lascia orribilmente sporchi. Durante la giornata sono liberi. Il Governo passa loro un pagliericcio e una coperta che nell’isola di Ustica (la sola sulla quale abbiamo informazioni precise) vengono mutati quattro volte all’anno per esser lavati. Hanno inoltre 60 centesimi al giorno; del resto, sono lasciati interamente a stessi. Pochi s’impiegano a lavorar la terra nelle piccole proprietà dell’isola. Gli altri vivono nell’ozio il più assoluto e si dànno al giuoco che, proibito nei cameroni, non si può impedire fuori di essi. Si giuocano i pochi denari che ricevono dalle famiglie e perfino gli abiti. I delitti di sangue sono frequenti. Vorremmo poterci maggiormente dilungare sul doloroso argomento del domicilio coatto. Ma il tempo che ci stringe ci obbliga a venire alle conclusioni intorno a questo e alla ammonizione.

Abbiamo detto che, a parer nostro, sarebbe difficile alla lunga di evitare il rinnovarsi degli attuali inconvenienti nell’uso dell’ammonizione per quanto si cercasse di garantirsene. Ma con ciò non abbiamo inteso dire che si dovesse adesso sopprimerla in Sicilia, e molto meno rimandare a casa i domiciliati coatti. Anzi, riguardo a questi, è spesso tale il pericolo che porta per l’ordine pubblico il loro ritorno in patria dopo lo spirar della pena, che spesso di necessità conviene sorvegliarli strettamente per trovar presto cagione di ammonirli, convincerli di contravvenzione all’ammonizione, poi rinviarli alle isole. Intendiamo dire che, supposto che si voglia a qualunque costo ricondurre la pubblica sicurezza in Sicilia ad uno stato relativamente normale, ottenuto questo fine, o coi mezzi che proponiamo o con altri, e tolti via o resi impotenti i malfattori, l’uso dell’ammonizione e dell’invio a domicilio coatto dovrebbe ridursi ad essere considerato come un espediente eccezionale. Fintantochè non si sia giunti ad un così bel risultato conviene cercare che questi provvedimenti raggiungano in Sicilia il fine che ne giustifica l’uso sopra larga scala: la soppressione cioè di quei malfattori di ogni grado che non si possono condannare per le vie legali; e per questo, i mezzi adattati ci sembrerebbero i seguenti:

Prima di tutto adoperare in Sicilia l’ammonizione e il domicilio coatto contro i soli sospetti di crimini o delitti gravi, ad esclusione dei semplici ladri campestri e degli oziosi e vagabondi inoffensivi. Quando le condizioni del rimanente d’Italia non permettessero di sancire siffatta disposizione con una legge generale, e non si volesse fare una legge speciale per l’Isola, si potrebbe ottenere l’intento per mezzo d’istruzioni ai funzionari competenti. Il derogare ad una legge con istruzioni, potrà sembrare a molti cosa scandalosa, ed è certamente pericoloso; ma da un lato, siffatte istruzioni non allargherebbero, bensì ristringerebbero l’applicazione della legge, e d’altra parte, dietro a tali istruzioni, le autorità farebbero per le ammonizioni ciò che fanno adesso nel caso di molte contravvenzioni minori. Difatti, se gli agenti della pubblica sicurezza dovessero far processo verbale per tutte le contravvenzioni, per esempio all’obbligo di tener la notte lanterne alla porta delle osterie ed altre prescrizioni simili, non rimarrebbe più tempo per correr dietro ai malfattori. E magari, fossero queste sole in Sicilia e in tutta Italia le leggi di cui l’autorità pubblica non cura l’applicazione!

Ristretta in tal modo l’applicazione della legge, si farebbe però più che mai sentire il bisogno di determinare i criteri secondo i quali si dovesse ai sospetti o diffamati infliggere l’ammonizione, o per lo meno la condanna per contravvenzione alla medesima. Ma questo è un caso in cui l’indole stessa del provvedimento costringe a far conto esclusivamente sulle qualità personali di coloro cui ne vien affidata la esecuzione. Riguardo all’ammonizione, una osservazione lunga e paziente delle abitudini dei malfattori, dei luoghi che frequentano di preferenza, può forse in altri paesi, permettere di stabilire a priori qualche criterio benchè molto vago. In Sicilia la cosa è molto più difficile, perchè i malfattori sono generalmente troppo confusi col rimanente della popolazione. Converrebbe fidarsi all’onestà, alla energia e alla perspicacia del pretore locale per infliggere l’ammonizione.

Le medesime ragioni per le quali è impossibile stabilire in una legge i criteri, secondo i quali si deve infliggere l’ammonizione, impediscono pure di stabilire con una regola generale gli estremi della contravvenzione alla medesima. Perchè fosse possibile dare un fondamento giuridico alla sentenza, converrebbe dunque attribuire al pretore facoltà di imporre agli ammoniti quei precetti che per le loro circostanze speciali giudicasse più efficaci a porli nell’impotenza di nuocere, affinchè la contravvenzione, quando si verificasse, fosse costituita da fatti. Anche in questo caso, la garanzia non si può cercare in provvedimenti legislativi, ma nella scelta del personale e nella posizione che gli venga fatta, tale da renderlo per quanto sia umanamente possibile inaccessibile alle pressioni e alle corruzioni locali.

Ad ogni modo, le esigenze dell’ammonizione così ridotta renderebbero più che mai necessaria una larga partecipazione dei pretori alla direzione della polizia indagatrice, affinchè questi potessero farsi un’opinione personale indipendente sul conto delle persone sospette, per mezzo delle loro proprie informazioni ed osservazioni giornaliere, senza dover ricorrere dopo la denuncia dell’autorità di pubblica sicurezza ad una specie d’istruzione fondata sulle informazioni fornite dai cittadini, e fossero per tal modo in grado di sfuggire all’alternativa della quale parlavamo or ora, di dovere o andar contro allo spirito del loro ufficio di magistrati condannando all’ammonizione senza avere adoperato i mezzi indicati dalla legge per formare la loro convinzione sui fatti che la giustificano, oppure lasciare in piena balìa di stesse persone pericolose.

Riguardo alla competenza per i giudizi di contravvenzione, vi sono due fini fra loro contraddicenti da conseguire. Da un lato, il lasciar siffatti giudizi in balìa del pretore, è render più grande che mai quel pericolo degli arbitrii di polizia cui accennavamo or ora184. Dall’altro, l’affidarli ai tribunali correzionali, lascia il tempo all’imputato di darsi alla latitanza. Si potrebbero conciliare ambedue le cose, dando al tribunale la competenza per il giudizio, e al pretore la facoltà di arrestare l’imputato di contravvenzione nel momento che è presentata al tribunale stesso la denuncia per la medesima. Quando la contravvenzione consistesse nell’infrazione di determinati precetti, il caso di accusa e conseguente arresto non giustificati, sarebbe raro. Per evitare il rischio di troppo lunga prigionìa preventiva, converrebbe nel medesimo tempo trovar modo di distribuire i lavori dei tribunali in maniera che una o più adunanze per settimana, secondo il bisogno sperimentato, fossero consacrate ai processi per contravvenzione all’ammonizione185.

Riguardo al genere di vita dei domiciliati coatti nelle isole, il problema è più difficile. È quistione di denari e di colonie penitenziarie in Italia, o in un luogo di deportazione. Non ci dilunghiamo su questo argomento, perchè pur troppo per adesso, ogni proposta sarebbe oziosa.

In ciò che abbiamo detto adesso intorno all’ammonizione, abbiamo proposto di affidare ai pretori straordinario arbitrio di polizia, e ciò dopo aver dichiarato quanto poco valessero a lungo andare contro il loro abuso anche le qualità personali dei funzionari. Ma tutte le nostre proposte si fondano sulla presunzione che allo stato anormale della pubblica sicurezza in Sicilia si voglia ad ogni costo provvedere entro un tempo non troppo lungo, rinunziando assolutamente al sistema delle mezze misure e delle transazioni. Quando ciò non sia, queste e le altre nostre proposte non hanno niun significato, e, faccia o no buona riescita la prova di affidare arbitrii ai pretori o ad altri, stiano gli ordinamenti come adesso o diversamente, poco importa.

 

 




169 Questi argomenti sono in alcune loro parti trattati con profonda dottrina nella già citata Relazione dell’on. Depretis sulla proposta di legge per i Provvedimenti eccezionali di Pubblica Sicurezza. (Camera dei Deputati. Documenti citati 1874-75, 24-A, pag. 10, col. 2, e pag. 11, 12).



170 Legge di Pubblica Sicurezza, art. 105.



171 «Art. 47. L’ammonizione consiste nel riprendere il reo sopra un fatto, un detto od uno scritto riprovato dalla legge con diffidamento che in caso di recidiva incorrerà nella pena più grave dalla legge stabilita».



172 Non parleremo della legge del 3 luglio 1875 sui Provvedimenti straordinari di Pubblica Sicurezza, che era specialmente destinata alla Sicilia, perchè il Governo non si è valso della facoltà di applicarla.



173 Per la definizione dell’oziosità e vagabondaggio, vedi il Codice Penale, articoli 435 e 436.



174 Cod. Pen., articoli 437, 438.



175 Legge di Pubblica Sicurezza, art. 76, capov. 2, e art. 106, capov. 2.



176 Vedi: Sentenza della Corte di Cassazione di Palermo 9 settembre 1873. (Camera dei Deputati. Sessione 1874-75. Documenti già citati, 24 bis, pag. 86 e seg.). Vedi pure le Sentenze di varie Corti di Cassazione citate in seguito alla relazione Depretis sulla legge dei Provvedimenti eccezionali. (Camera dei Deputati. Documenti citati 24-A, allegati, numeri 8, 10, 12).



177 Vedi le due Sentenze delle Corti di Cassazione di Torino e Palermo fra loro contraddicenti. (Camera dei Deputati. Documenti citati, 24-A. allegati 14, 15).



178 Legge di Pubblica Sicurezza, art. 70, capov. 1; — Art. 98, capov. 1; — Art. 106, capov. 1.



179 «...il pretore.... lo ammonisce a darsi immediatamente a stabile lavoro, e di farne constare nel termine che gli prefigge ordinandogli nel tempo stesso di non allontanarsi dalle località ove trovasi, senza preventiva partecipazione all’autorità di pubblica sicurezza». (Legge di Pubblica Sicurezza, art. 70, capov. 1).



180 Vedi: Sentenza della Corte di Cassazione di Firenze febbraio 1873. (Camera dei Deputati. Documenti citati, 24-A, allegato, 9).



181 «La sorveglianza speciale della polizia consiste nell’obbligo imposto al condannato di presentarsi all’autorità che gli viene indicata, e render conto di nei modi stabiliti dalla legge di pubblica sicurezza. — In caso di disobbedienza, il trasgressore sarà arrestato e la pena sarà convertita in quella del carcere per un tempo che potrà estendersi sino a quello stabilito per la sorveglianza con che non ecceda il termine di anni due, fermo stando però, se vi è luogo, il tempo restante della sorveglianza». (Codice Penale, art. 44).



182 Legge di Pubblica Sicurezza, lib. II, cap. 4. Sezione 1.



183.... «se un tale che è pur vigilato e scrutato in ogni suo atto dalle autorità tutrici della pubblica quiete a causa di sua depravata condotta, non ottenesse spesso dei plebisciti in suo favore tanto più ricchi di firme di nomi rispettabili, quanto è più egli temuto pel suo misterioso potere, costituendo così il magistrato nella distretta morale di far cosa, ammonendo, nella sua parvenza contraria a giustizia....» (già citata Relazione del commendator Calenda per l’amministrazione della giustizia nell’anno 1873, pag. 48).



184 Vedi sopra, pag. 229 [questo stesso § 82 Nota per l'edizione elettronica Manuzio]..



185 L’indole di questo lavoro non ci permette di entrare nelle infinite quistioni che solleva il nostro Codice di Procedura Penale, specialmente riguardo al problema di rendere più pronti i giudizi e più brevi le istruzioni. Accenneremo solamente alla sperimentata utilità della citazione diretta nei tribunali correzionali specialmente per il porto d’anni vietate e la contravvenzione all’ammonizione, sulla quale appoggia il procuratore generale commendator Calenda nelle sue Relazioni. — Vedi: Relazione sull’amministrazione della giustizia nel distretto della Corte d’Appello di Palermo pel 1872, pag. 57. Relazione pel 1873, pag. 70.






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