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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 83. —È necessario in Sicilia un personale giudiziario e di polizia con qualità eccezionali.
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§ 83. —È necessario in Sicilia un personale giudiziario e di polizia con qualità eccezionali.

Ad ogni modo, non solamente quest’ultima nostra proposta, ma tutte quelle da noi fatte, hanno, per condizione indispensabile e per fondamento principalissimo la scelta di un personale di pubblica sicurezza, giudiziario e politico non solo d’intelligenza, di energia, di coraggio e d’onestà eccezionali, ma ancora inaccessibile a qualunque influenza locale, anche alle più lecite. diverso potrebbe essere il fondamento di qualunque proposta diversa che altri facesse. Per dimostrarlo dovremmo riassumere tutto il già detto in questo libro fin dalla prima parola; non crediamo sia necessario il farlo.

È adunque necessario prima di tutto, (già lo dicemmo dimostrandone il perchè) che nell’amministrazione della pubblica sicurezza, come in tutti i gradi della gerarchia giudiziaria, il personale sia estraneo all’Isola, eccettuata una parte della bassa forza di polizia, e anche quella, colle condizioni cui già accennammo. Le difficoltà per imparare il linguaggio, per capire i gesti, per conoscere le abitudini e le persone, le località, si risolvono in una quistione di tempo ed in conseguenza di misura nelle traslocazioni. Non ci fermeremo qui sui mezzi per ottenere siffatto personale, perchè avremo luogo di parlarne a proposito di tutti gli impiegati d’ogni ordine e grado in Sicilia. Diremo solamente che andrebbe scelta con maggior cura quella parte precisamente che adesso è più negletta; i pretori cioè, poichè, almeno a parer nostro, dovrebbero esser la base e il perno di tutto l’ordinamento di polizia e giudiziario in Sicilia.

Ma finchè il personale giudiziario inferiore e superiore, sarà qual’è adesso in gran parte, finchè si potrà dare il caso che una persona contro cui è iniziato processo per mandato di omicidio possa venire a Palermo, fare pubblicamente gli affari suoi con tutto comodo per due o tre giorni, poi, la sera verso le dieci, montare in carrozza a due cavalli, escire di città per una delle porte principali e sparire; ed essere contro di essa rinnovato il mandato di cattura il giorno dopo la sua partenza dal magistrato istruttore invano sollecitato per otto giorni, il parlare di migliorare la pubblica sicurezza o di provvedere a qualunque altro male in Sicilia è uno scherzo di cattivo genere.

Abbiamo finito per adesso coll’argomento della pubblica sicurezza siciliana, e dovremo tornarci solamente quando avremo da parlare del sistema generale di governo tenuto in Sicilia dal 60 fino ad oggi. Per ora ci rimane solamente da parlare delle ragioni le quali, a parer nostro, sono causa che le condizioni sociali e morali, uguali in tutta l’Isola, producano solamente in una parte di essa sulla pubblica sicurezza quegli effetti che abbiamo adesso descritti. Già le abbiamo in massima parte accennate nel corso dei nostri ragionamenti. Adesso ci contenteremo di riassumerle.

Nelle parti dell’Isola dove la sicurezza pubblica è migliore, la generalità della popolazione d’indole molto mansueta, almeno nelle circostanze ordinarie, non basterebbe a fornire un numero di reclute sufficiente alla classe dei facinorosi. In gran parte per questa cagione stessa, manca nella classe dominante di queste province, la tradizione, l’abitudine e la necessità di usare la violenza a sostegno della loro autorità privata. Per la prima di queste cagioni non ebbe occasione di nascere la classe dei facinorosi. Per la seconda non ha avuto luogo di perpetuarsi e soprattutto di fiorire in quei luoghi dove sia nata spontaneamente186.

Siccome in tutti i fenomeni sociali la forma influisce sulla sostanza, così è innegabile che il non esservi tradizioni di violenza nelle province delle quali adesso parliamo, influisce sui costumi in generale, dispone meglio le menti ad accettare miglioramenti di ogni genere, e soprattutto rende più agevole l’introdurli ad una forza estranea all’Isola. Ma, quantunque il non esser nelle tradizioni l’uso della violenza, come mezzo di prevalere, faccia sì che sia più difficile che ad alcuno venga in mente d’impiegarla, nonostante, già lo dicemmo, quando alcuno vi si risolvesse, troverebbe gli elementi pronti. Troverebbe istrumenti in quei malfattori che, in numero più o meno grande, si trovano in qualunque paese. Potrebbe adoperarli con libertà e sicurezza per quelle medesime cause che già descrivemmo a proposito delle altre province dell’Isola. Giacchè in qualunque parte di questa, la forza sociale del Governo non ha potuto affermarsi, e la forza privata con qualunque mezzo manifestata, s’impone negli animi nel medesimo modo. In tutta l’Isola, la violenza usata più o meno spesso nell’atto pratico, pure è ritenuta un mezzo legittimo d’imporsi ed in conseguenza di difendersi. Difatti, il colpevole di delitto violento trova nelle parti più tranquille di Sicilia non solo chi lo nasconda e lo soccorra, ma anche chi interceda per lui presso le autorità, gli dia al bisogno falsi attestati di presenza in un dato luogo, e, appoggiato in tal modo, sa farsi temere abbastanza per impedire non di rado i testimoni di parlare e i giurati di condannarlo. Del resto, per questi ultimi, dove non valgono le intimidazioni valgono le arti già descritte di certi avvocati che fioriscono principalmente nelle parti più tranquille dell’Isola. La differenza principale, sotto questo aspetto, fra le parti tranquille e quelle che non lo sono, sta in ciò, che in quelle è possibile una repressione più rapida del male soprattutto se còlto nel suo principio; pur sempre però coi medesimi mezzi.

 

 

 

 




186 Vedi in proposito ciò che è detto intorno alla mafia del circondario di Acireale in Adernò e in Biancavilla nella Relazione della prefettura di Catania al Ministero dell’Interno in data del 16 settembre 1874. (Camera dei Deputati. Sessione 1874-75. Documento citato, 24 bis, pag. 18, 19).






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