Capitolo
IV.
RELAZIONI ECONOMICHE E AMMINISTRAZIONI LOCALI
§ 84. — Scarsa influenza
della legislazione posteriore al 1860 sulla distribuzione della proprietà.
Fatta ormai l’analisi degli
elementi essenziali del vivere sociale in Sicilia, ci riescirà più facile e
spedito l’esame degli effetti prodotti fino adesso dal regime inaugurato nel
1860, sulle relazioni economiche in generale ed in specie sulle amministrazioni
locali.
Per le medesime cagioni per cui la distribuzione della
proprietà non potè dalla legislazione borbonica posteriore al 1812 esser
modificata al punto d’influire sulle condizioni sociali dell’Isola, non furono
molto più efficaci a tal uopo le leggi venute in vigore dal 1860 fino ad
oggi187. Le vendite e quotizzazioni dei beni demaniali ed
ecclesiastici, il continuare della quotizzazione dei demani
comunali188, hanno più che altro servito ad ingrandire le proprietà già
grandi. La divisione delle eredità sancita dal nostro Codice Civile senza le
poche e limitate eccezioni che ammetteva quello delle Due Sicilie189,
non ha avuto ancora tempo di produrre effetti. L’aumento di alcune colture ed
industrie, specialmente di quella sullo zolfo190, se oltre a render
maggiori le grandi fortune, ne ha create alcune nuove, pure non ha portato la
classe media al numero ed al grado che deve avere in una società del tipo
moderno. Laonde, nulla o ben poco è stato mutato alle relazioni sociali da noi
già descritte191. Nel senso giuridico universale il diritto continua a
fare una cosa sola coll’interesse e la volontà dei più forti. E forti
continuano ad essere i ricchi e gli abili. Scoppiata appena la rivoluzione del
1860, vi fu bensì un momento in cui i contadini credettero che la forza, e in
conseguenza il diritto, era venuta nelle loro mani. Tentarono di sperimentarla.
Vi furono in alcuni luoghi sollevazioni incomposte e barbare, giacchè nelle
condizioni sociali dell’Isola non potevano esser diverse; promosse, come era
inevitabile, da taluni della classe dominante stessa, che speravano di potere
sfruttare. Ma furono presto represse in alcuni luoghi dai proprietari stessi,
nella maggior parte, dalla forza del Governo. Ne risultò solamente che quelli
della classe dominante in molti di quei luoghi dove erano avvenute sommosse,
resi cauti dallo spavento avuto e dai danni momentanei sofferti, si
affrettarono di operare fra i proletari quella divisione dei beni comunali alla
quale erano tenuti per legge, e vanno adesso adagio nel caricare le imposte
quasi esclusivamente sulla classe povera. I contadini, dopo aver fatto la prova
che la forza privata e pubblica era sempre al servizio dei medesimi interessi
di prima, si acquetarono, continuarono a riconoscere ciò che avevano fino
allora riconosciuto per diritto, e d’allora in poi sperimentano la propria
forza solamente allorquando gli si dà ad intendere che la forza del Governo ha
cessato di esistere, e che su di essa non può più far conto la classe
dominante192.
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