§ 88. — Come la
legislazione italiana sancisca e ribadisca nelle province meridionali il potere
illimitato ed assoluto della classe abbiente su quella povera.
Gli effetti della nostra
legislazione e della nostra pratica specialmente amministrative sulle relazioni
fra la classe abbiente e la proletaria non sono speciali alla Sicilia; ed in
tutte le province meridionali, vediamo ripetersi con una dolorosa uniformità il
fatto che queste hanno ribadito e sancito la dipendenza delle classi povere
dalle abbienti, ed alla servitù economica hanno aggiunto quella amministrativa.
Le leggi hanno affidato gl’interessi locali alla popolazione abbiente di ogni
luogo. I Consigli comunali e provinciali sono eletti dalle persone che pagano
una data somma d’imposta rispettivamente nel Comune e nella Provincia, e fra
quelle persone. Sono pure elette da loro le Giunte esecutrici di questi
Consigli, la maggioranza dei Consigli scolastici, delle Congregazioni di carità
ec. Nei Comuni, il sindaco è scelto dal Governo, ma fra i membri del Consiglio
comunale. Al Consiglio comunale e al sindaco è dato per così dire, in balìa il
Comune. Essi, da sè, o per mezzo della Congregazione di carità e della
Commissione del Monte frumentario amministrano il patrimonio pubblico. Colla
distribuzione delle tasse, la cui scelta è solamente sottoposta ad alcune
limitazioni legislative piuttosto elastiche, possono influire sulla fortuna
privata dei cittadini. Al sindaco s’indirizza l’autorità governativa per avere
informazioni sulle condizioni economiche del paese. A lui tocca dare i
certificati di stato civile, di moralità, di miserabilità. Da lui
principalmente riceve informazioni il pretore sulle persone da sottoporsi
all’ammonizione. Egli è ufficiale di polizia dove manca, e come tale ha diritto
di eseguire arresti in certi casi. Sicchè il contadino non solo per i suoi
guadagni e per la sua prosperità economica, ma anche per tutte le necessità
della vita, nascita, matrimonio, morte, e per rimanere e per partire, per la
sua libertà personale stessa, dipende in gran parte da coloro che sono alla
testa del municipio.
È facile imaginare quali possono
essere gli effetti di quella onnipotenza assoluta della classe abbiente,
combinata colla speciale condizione del senso giuridico che già descrivemmo. Le
amministrazioni locali sono, ad esclusione di poche eccezioni, tanto più degne
di ammirazione quanto sono più rare e contrarie allo spirito generale, dirette
ad esclusivo vantaggio della classe abbiente (e più specialmente di una parte
di essa, come esporremo tra breve). Parimente, nelle relazioni d’indole
privata, la volontà di chi è ricco, o per qualunque altra ragione potente trova
raramente ostacolo nelle leggi ed è assoluta di fronte non solo dei proletari
veri e proprii, ma anche di coloro che hanno scarsa fortuna, o sono deboli per
qualche altra causa. Per modo che il non imporre a torto la propria volontà è,
nell’uomo potente, atto di carità, non dovere nel senso giuridico della parola.
Sotto questo aspetto la differenza sola che distingua dalle altre la parte
dell’Isola infestata dai malfattori, si è che in questa, alle cause ordinarie
che rendono un uomo potente, alla ricchezza cioè, all’abilità, o alla
cognizione della legge, bisogna aggiungere il potere usare direttamente o
indirettamente la violenza.
Se vogliamo ricercare le manifestazioni esterne di questo
stato di cose, vediamo che le imposte municipali in grandissimo numero di
Comuni sono distribuite in modo da gravare specialmente sulla classe
povera195. A questo proposito citeremo il fatto seguente che ci sembra
abbastanza caratteristico. In un Comune dove la sovrimposta municipale gravava
per una somma di 95.000 lire sul dazio consumo (il quale per l’indole sua
colpisce più specialmente la classe povera), rimanendone intieramente esente la
fondiaria, il sindaco rispose alle osservazioni in proposito dell’autorità
politica, che il territorio del Comune essendo tutto in mano di pochi
proprietari, quando si fosse sovrimposto la fondiaria, ognuno di essi avrebbe
dovuto pagare una grossa somma, e sarebbe stato in conseguenza ingiustamente
gravato. Il medesimo spirito si manifesta nella distribuzione delle spese in
molti luoghi, dove vediamo sprecate somme considerevoli per spese edilizie di
lusso, mentre mancano in campagna le strade e talvolta in città le cose più
necessarie per la generalità della popolazione196. Del resto, la
cagione della cattiva distribuzione delle imposte non sta sempre in chi regge i
Comuni, ma talvolta anche nei difetti della loro circoscrizione
territoriale197. Pur tuttavia esistono, benchè rari, esempi di autorità
comunali che anche con gravi sacrifizi pigliano i provvedimenti più atti a
giovare le classi meno fortunate. Se non che nell’assoluta mancanza d’unità
nell’indirizzo del governo, o nell’inaudita confusione dei concetti che lo
dirigono, accade talvolta che questi provvedimenti vengano dall’autorità
governativa avversati od anche impediti per cagioni d’indole burocratica.
L’amministrazione delle Opere pie198 è in un disordine tale che la
minor parte delle loro rendite giunge alla classe povera, cui è destinata; lo
stesso dicasi per il maggior numero di quei pochi Monti frumentari che esistono
ancora.
Riguardo alle relazioni fra
privati, non staremo a parlare degl’innumerevoli abusi nell’esecuzione dei
contratti fra padroni e contadini, specialmente in quanto riguarda la
misurazione o la qualità dei generi, nella restituzione delle anticipazioni.
Queste sono conseguenze pur troppo inevitabili dell’assoluta dipendenza
economica dei lavoranti della campagna. Ma che dire, per esempio, del fatto di
un accollatario di lavori, influente e prepotente in paese, che per la
costruzione di una strada si fornisce della ghiaia occorrente nel fondicello di
una povera vecchia rifiutando di pagarla? È impossibile conoscere nemmeno alla
lontana quanti casi di tal genere avvengano in Sicilia, giacchè la maggior
parte di essi, per la stessa natura loro, riman nascosta, o per lo meno
conosciuta da pochissimi, che non trovano la cosa strana. Ma è un fatto che i
rimedi dati dalla legge contro siffatti abusi sono illusorii. In un paese dove
molte persone della classe ricca sono convinte della necessità che intervenga
un faccendiere quando abbiano che fare colle autorità, sarà ben raro che una
persona della classe inferiore creda poter ricorrervi direttamente. E quando
ciò non fosse, quando d’altra parte l’autorità morale dei prepotenti non fosse
così grande, e quella della legge così piccola, da toglier dalle menti perfino
il pensiero di ricorrere ai magistrati, quale giustizia potrebbe nel più dei casi
ottenere un pover uomo dal giudice conciliatore, persona per lo più del paese,
o dal pretore, quale è adesso, sottoposto alle influenze locali? Ne risulta che
il povero non ha altro rimedio che la rassegnazione o la reazione violenta;
ch’egli ha maggior garanzia contro i soprusi dove i costumi sono violenti e
sanguinari; che può accadere talvolta al brigante o al malandrino di acquistare
nelle classi inferiori fama di giustiziere, mentre fa una speculazione per
conto proprio, operando un ricatto lucroso, o uccidendo taluno per incutere
salutare timore agli altri.
Riguardo agli abusi nelle
amministrazioni locali, poi, la legge non concede neppure rimedi teorici alle
classi inferiori, giacchè i miserabili non sono elettori. Le altre libertà
garantite dai cosiddetti immortali principii dell’89 non sono nemmeno fatte per
essi. Il parlare a proposito di loro della libertà di stampa o degli altri modi
d’influire sull’opinione pubblica, è ridicolo. Del diritto di riunione, i
contadini non sanno usare che per correre addosso ai proprietari, ucciderli e
bruciar loro le case. Contro i soprusi amministrativi, come contro gli altri,
la violenza è il loro solo rimedio. Il quale del resto non è sempre del tutto
inefficace. È curioso osservare come in molti dei Comuni i quali ebbero a
sperimentare che cosa siano le sommosse di una plebe semiselvaggia, si vada a
rilento nell’imporre le tasse che gravano più le classi povere, quella di
fuocatico, per esempio; e come, quando si siano stabilite, ai primi segni di
malcontento, si alleggeriscano o si tolgano del tutto.
Per modo che in Sicilia, lo
Stato si trova in questa dolorosa condizione, che nell’adempiere al primo dei
doveri di uno Stato moderno, il mantenimento, cioè dell’ordine materiale, esso
non difende la Legge, ma le prepotenze e i soprusi di una parte dei cittadini a
danno degli altri. Difatti, mentre l’azione del Governo è efficacissima e
pronta contro i disordini popolari, rimane miseramente impotente contro quelli
i quali, come il brigantaggio e la mafia, si fondano sopra la classe
abbiente, o almeno sopra la parte dominante di essa.
Per altro, se tutta la classe povera, meno poche eccezioni
individuali, riceve danno nella maggior parte dei Comuni dall’attual sistema di
amministrazione locale, non tutta la classe abbiente ne trae ugual vantaggio.
Anzi, in questo campo, più che in qualunque altro, è elemento di potenza
l’intelligenza e l’astuzia, per modo che talvolta chi trae maggior vantaggio
dalle amministrazioni locali, non è il ricco proprietario, ma l’uomo di
mediocre fortuna e perciò più attivo. Di più, in molti Comuni dove i ricchi non
risiedono o non vogliono occuparsi direttamente delle faccende municipali, la
cosa pubblica è in mano di piccolissimi proprietarii e commercianti e di membri
della classe media inferiore199.
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