§ 93. — Dei mezzi che si
potrebbero usare colla speranza di diminuire il numero dei disordini nelle
amministrazioni locali, e dei soprusi non violenti a danno dei deboli.
All’infuori di questo, non v’è
altro modo per impedire l’ingiusta distribuzione delle imposte, che la
influenza personale che possa acquistarsi dai rappresentanti del Governo,
quando sia tale da porli in grado di ottenere colla persuasione ciò che non
possono imporre in forza della legge, oppure i mezzi indiretti che possa
fornire la legge stessa. Ma prima che vi sia luogo di pensare a tentare
siffatti mezzi, è necessario che i rappresentanti del Governo siano persone
capaci di distinguere che cosa sia equa distribuzione d’imposte nel territorio
di loro giurisdizione.
Per ciò che riguarda i disordini
o gli abusi nelle amministrazioni locali di ogni genere, qualche miglioramento
si potrebbe probabilmente procurare, con grandi sforzi. Ma la prima condizione
per provvedervi, è che i prefetti e sotto-prefetti conoscano almeno un poco il
territorio di loro giurisdizione: per ciò dovrebbero visitarlo. Non mancano a
queste visite le difficoltà pratiche, la principale delle quali, in quanto
riguarda i sotto-prefetti non è, in molti casi, la spesa, o la difficoltà
materiale del viaggio, bensì una cosa molto meno prevedibile: la rivalità
d’uffizio che può nascere fra il prefetto e il sotto-prefetto, quando il primo
veda il secondo affiatarsi più di lui cogli amministrati. Ma oltrechè il
rendere siffatta visita obbligatoria per legge toglierebbe occasione in molti
casi al nascere di questo sentimento, esso s’incontrerebbe probabilmente ben di
rado quando i prefetti fossero persone tali da non lasciarsi vincere in
attività e in amore all’ufficio dai loro inferiori gerarchici.
Del resto queste visite che per
le grandi difficoltà del viaggio nell’interno della Sicilia e per il tempo che
richiedono, non potrebbero generalmente esser fatte dal capo della provincia o
del circondario più di una volta nel corso della sua residenza, lo porrebbero
bensì in grado di prendere un’idea generale dei luoghi e delle persone, e di
procurarsi talvolta delle intelligenze nei Comuni, non di scuoprire le magagne
delle amministrazioni locali di ogni genere. Per provvedere a queste, sarebbe
necessario in Sicilia, come nelle province meridionali del Continente, come
forse in tutta Italia, l’istituzione di commissari itineranti che andassero
Comune per Comune rivedendo i conti e le casse delle amministrazioni dei
municipi delle Opere pie, dei Monti frumentari, raccogliessero informazioni ed
avessero facoltà di promuovere l’azione dell’autorità giudiziaria. Rimarrebbe
da studiare il modo di coordinare l’azione di questi commissari con quella
delle altre autorità amministrative e giudiziarie.
Questa medesima istituzione
potrebbe fino ad un certo punto giovare a reprimere i soprusi fra i privati.
Noi non pensiamo certamente a rendere di azione pubblica le querele civili, ma
molti soprusi presenterebbero elementi per un’azione penale, e di questi
dovrebbesi approfittare.
Ma questo provvedimento e qualunque altro migliore si potesse
imaginare, non avrebbe efficacia alcuna se non si ponesse in tutti i gradi
dell’amministrazione civile e giudiziaria un personale scelto. Non parliamo poi
delle qualità speciali e del coraggio eccezionale che dovrebbero avere i
commissari incaricati di visitare i Comuni come pure tutto il personale delle
prefetture e sotto-prefetture. Già avemmo luogo di dire come il miglioramento
del personale inaugurato nel 1874 sia stato solamente parziale. Anche adesso,
in molte amministrazioni governative205, o prevale l’elemento siciliano
che per le ragioni già esposte, potrà esser buono sul Continente, ma non può,
salvo distinte eccezioni individuali, che esser pessimo in Sicilia, oppure sono
mandati impiegati continentali per tirocinio o per punizione, di modo che dove
non v’è corruzione vera e propria, pure prevale una cedevolezza, una
compiacenza a violare il proprio dovere, la quale trova poi il suo compenso in
un ricambio di favori, di protezioni, d’intercessioni presso l’autorità
superiore. La prima condizione per ottenere un buon personale così
amministrativo come giudiziario, è di escluderne del tutto l’elemento
siciliano, facendo eccezione solamente per quei pochissimi cui già avemmo occasione
di alludere, ed ai quali l’altezza dell’ingegno e l’energia del carattere ha
concesso da un lato di conoscere e capire l’indole delle società moderne,
dall’altro di liberarsi da tutti quei sentimenti che sottopongono i Siciliani
alla fitta rete degli interessi locali. Per gli impiegati poi delle altre parti
d’Italia, converrebbe lasciarli in Sicilia tempo sufficente perchè potessero
conoscere il paese ed approfittare delle cognizioni acquistate; converrebbe che
fossero tanto intelligenti da capire ciò che vedono, e qual sia l’indole vera
del paese, da sventare le astuzie da cui sono circondati; tanto onesti e tanto
energici da resistere alle tentazioni d’ogni genere. Però, non basta l’energia,
l’intelligenza e l’onestà; è necessaria anche una grande abilità e molto tatto.
I rappresentanti del Governo potrebbero ottener molto in Sicilia per mezzo
della influenza personale. La cosa sembra a prima vista inverosimile a chi
ripensi a tutti i discorsi che si sono sentiti sulla diffidenza e
sull’antipatia che dimostrano i Siciliani per le autorità, specialmente se
continentali, sentimenti di cui già esaminammo gli effetti riguardo alla
sicurezza pubblica. Eppure nulla è più vero.
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