§ 94. — Come la diffidenza
e l’antipatia che ispirano i rappresentanti del governo a molti Siciliani, si
possano vincere, e con quali mezzi.
Che questa diffidenza e questa
antipatia esistano, è indubitato. Diremo più: il Governo e tutto ciò che lo
rappresenta o che è da lui rappresentato, è in molti luoghi profondamente
disprezzato. Ma, prima di tutto, questi sentimenti sono molto meno generali che
non si creda, ed inoltre, essi nascono da cagioni diverse da quelle che
generalmente s’imaginano.
Che gli accennati sentimenti non
sieno insiti nella natura dei Siciliani, e comuni a tutti, lo dimostrano esempi
di ogni specie. Da un lato, abbiamo vista la bassa mafia al servizio
della polizia, dall’altro vediamo ogni giorno delle autorità, specialmente le
nuove venute, circondate ed accarezzate dai principali del paese dove sono.
Queste cortesie sono spesso interessate, e con esse ciascun partito cerca
impadronirsi del nuovo funzionario, però talvolta sono anche senza secondo
fine. Se d’altra parte ci volgiamo ad analizzare l’antipatia, la diffidenza, il
disprezzo che ispirano le autorità, la spiegazione si presenta chiara ed
evidente alla mente. Fino adesso in Sicilia la legge ed il Governo che la
rappresenta, sono stati, tutt’i conti fatti, i più deboli dappertutto. In
conseguenza, il sentimento pubblico, secondo una legge psicologica di cui già
cercammo dimostrare l’esistenza, s’informò agl’interessi di chi realmente
dominava, i quali sono contrari a quelli delle leggi. Ne risultò una tendenza
generale a considerare le leggi, e in conseguenza i loro rappresentanti come intrusi,
la quale, aiutata dalla tradizione, influì sulle menti dei più, e costituì
un’opinione pubblica, la cui pressione determinò gli atti esterni anche di
coloro che non dividevano il sentimento generale.
Cotale essendo lo stato delle
menti, è facile imaginare con quali sentimenti la popolazione sottostia ai
sacrifizi che l’autorità non riconosciuta del Governo riesce ad imporre. Le
tasse, quand’anche fossero leggerissime, sarebbero considerate come soprusi da
coloro stessi che ne pagano regolarmente delle gravissime all’autorità
riconosciuta dei briganti o della mafia. E molto più sono considerate
come soprusi delle tasse gravi accompagnate da formalità che le rendono più
gravi ancora. Inoltre il Governo, continuando nella sua debolezza non dà in
cambio delle tasse quei vantaggi di sicurezza pubblica, di opere pubbliche ec.,
ch’egli promette, e che i Siciliani conoscono per fama essere in altri paesi
assicurate da lui. Bene è vero, che se esso è impotente ad assicurare questi
vantaggi specialmente in ciò che riguarda la pubblica sicurezza, la colpa è
principalmente delle condizioni sociali dell’Isola; ma i Siciliani non ne hanno
coscenza. Per modo che, anche all’infuori delle speciali influenze che
determinano in Sicilia l’indirizzo dell’opinione pubblica, la maggioranza della
classe abbiente siciliana che dall’attuale prevalenza della potenza privata
trae maggior danno che vantaggio, potrebbe considerare come ingiustificate le
gravezze imposte dal Governo.
Da ciò che precede risulta che
allorquando la legge per mezzo del Governo diventasse realmente la più forte,
sparirebbe in gran parte quell’antipatia che prova per esso la classe abbiente
(della classe povera non è qui luogo di parlare). Perchè da un lato sparirebbe
quella forza che imprime all’opinione pubblica un indirizzo avverso al Governo;
dall’altro, lo sparire della prepotenza privata recherebbe alla maggioranza
della classe abbiente vantaggi sensibili. È vero che d’altra parte una rigida
applicazione della legge, toglierebbe alla totalità di questa classe molti
vantaggi materiali e morali nelle sue relazioni colle classi povere, ma il
malcontento prodotto da questa perdita sarebbe forse compensato dagli altri
vantaggi recati dal dominio della legge. E ad ogni modo, quando il Governo
avesse impresso negli animi il sentimento della sua forza, erediterebbe quella
simpatia che adesso è privilegio dei prepotenti. Preparato per tal modo il
terreno, il rappresentante del Governo, quando non fosse persona volgare,
potrebbe valersi nelle sue relazioni colla classe abbiente siciliana, la cui
educazione intellettuale, specialmente in provincia, è generalmente piuttosto
scarsa, di quell’autorità morale che viene assicurata ad una mente di coltura
superiore; la sua influenza potrebbe lottare vantaggiosamente contro quella dei
faccendieri, e per mezzo delle conversazioni private, gli sarebbe più che in
ogni altro paese possibile ottenere in via ufficiosa, colla persuasione, dei
miglioramenti che la legge la più complicata sarebbe impotente a procurare.
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