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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo IV. RELAZIONI ECONOMICHE E AMMINISTRAZIONI LOCALI
      • Capitolo V. IL GOVERNO E LE INFLUENZE LOCALI IN SICILIA
        • § 99. — Effetti della contradizione fra la teoria e il fatto, sui procedimenti del Governo italiano in Sicilia.
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§ 99. — Effetti della contradizione fra la teoria e il fatto, sui procedimenti del Governo italiano in Sicilia.

Così difatti dal 1860 in poi è accaduto e accade tuttora a tutti i Ministeri d’ogni partito che si sono succeduti al potere in Italia. I quali vedendo nascere risultati tanto inaspettati dal criterio, secondo il quale intendevano giudicare la bontà dei propri atti, mancata loro la regola di condotta, andarono a tastoni, pur sempre sforzandosi di conciliare due cose inconciliabili e brancolando d’insuccesso in insuccesso. E siccome quando cerca l’interesse generale non riesce ad ottenere ciò che crede essere l’approvazione pubblica, e quando ricerca questa si allontana fatalmente da quello, così il Governo, nel continuo correr dietro dell’uno e dell’altra insieme, vien trascinato in una disperata altalena, e, secondo la impressione del momento corre da un eccesso nell’altro. Spesseggiano i delitti, accade un fatto più rumoroso che all’ordinario; il Ministero manda istruzioni energiche ai suoi rappresentanti, prende provvedimenti vigorosi, si moltiplicano gli arresti, le ammonizioni, gli invii a domicilio coatto, si giunge talvolta fino alla illegalità. Allora principiano le preghiere, le intercessioni di persone influenti, i reclami, cresce il clamore. Il Governo s’intimorisce, tituba, cede, abbandona i suoi funzionari, li trasloca. Nel medesimo modo, da un lato chiede alla Camera provvedimenti eccezionali, dall’altro butta via cinque milioni per una società ormai irrevocabilmente condannata al fallimento. In mezzo a questo confuso avvicendarsi di rigori e di compiacenze, in mezzo alle incertezze nella direzione suprema, ogni funzionario va lavorando per conto proprio sul problema che tormenta l’autorità centrale, e lo scioglie a modo suo. Da un lato si fa dar la croce di cavaliere a gente che dall’altro si manda a domicilio coatto. In un luogo, l’autorità s’impone con ogni mezzo; in un altro si prefigge per scopo di far tollerare il Governo. Il quale scoraggiato, conscio della propria impotenza è troppo felice di sgravarsi della sua responsabilità sopra i suoi rappresentanti nell’Isola, e giunge ad ignorare gli atti loro al punto di lasciarli tentar di ristabilire la sicurezza pubblica accettando l’alleanza degli stessi malfattori. Del quale fatto un Governo ci sembra doversi considerare colpevole per averlo potuto ignorare, come e quanto se l’avesse ordinato egli stesso.

In mezzo a questa inaudita confusione, rimane sola ad esser sempre ferma, costante, avveduta e coerente a stessa, la politica di coloro che intendono mantener sottoposta la società siciliana alla loro privata autorità, e che riescono non solo a conservar questa, ma ad accrescerla.

Imperocchè la loro influenza in Sicilia estende i suoi effetti al di dei limiti dell’Isola fino alla capitale. I deputati, fondamento del Governo costituzionale, sono in Sicilia, come altrove, eletti nel seno della classe dominante, secondo la sua volontà, e ne rappresentano gl’interessi. Certo non è solamente in Sicilia che i deputati si adoperano per procurare ai loro elettori favori più o meno conciliabili colla legge. Ma non dappertutto il caso è così frequente, ma non dappertutto questi favori hanno l’importanza e gli effetti medesimi che in Sicilia. In un paese dove niuno crede che le leggi siano superiori a tutti e per tutti uguali, e dove è convinzione generale che la loro applicazione dipenda dalla autorità dei potentati locali, ogni concessione che venga a questi fatta ribadisce l’universale credenza: e queste concessioni sono sempre state numerose, salvo in alcuni periodi pur troppo corti. Le intercessioni hanno gli argomenti i più vari. S’intercede per risparmiare l’ammonizione a qualche mafioso di bassa sfera, come per ottenere la traslocazione di qualche alto impiegato che sia incorso nella disgrazia dei maggiorenti locali. Si potrebbe dire che i deputati siciliani hanno dai loro elettori il mandato, più che di far nuove leggi di procurare che sieno fatte eccezioni a quelle in vigore. Certamente non tutte le intercessioni hanno buon successo. Ma troppe sono quelle che l’ottengono.

I favori non si concedono solamente dal potere centrale o per suo ordine. Molti funzionari d’ogni grado e d’ogni ordine, i quali hanno uffici nell’Isola, ne concedono per conto proprio, oppure tollerano abusi, il che equivale a conceder favori. E la cosa è naturale. Da un lato, vedendosi abbandonati dall’autorità centrale, è facile che si lascino andare a contentar la gente per aver pace. Dall’altro, il personale amministrativo, per ciò che riguarda gli elementi continentali, subiva e subisce tuttora, in quella parte che non è stata depurata o che fu dopo la depurazione peggiorata, gli effetti dell’ambiente. In quanto agl’impiegati siciliani, già dicemmo come il desiderio di acquistare influenza o protezione nel loro paese, sia, per la massima parte di loro, ragione più che sufficente per conceder favori. Se si aggiunge ai casi di favori realmente concessi, quelli in cui le persone influenti attribuiscono alla loro intercessione il merito della giustizia che sarebbe stata ad ogni modo resa, non sarà difficile capire come non solo si mantenga, ma cresca ognora nella gran massa dei Siciliani la convinzione che all’autorità dei loro piccoli potentati locali cedono Legge e Governo. E così avviene che quest’ultimo diventi sempre maggiormente in Sicilia un oggetto di disprezzo e di ludibrio; che, allorquando in qualche accesso spasmodico di energia fa sentir la sua forza, faccia quasi l’effetto di rivoltarsi contro le autorità legittime che dominano nell’Isola ed ecciti odio senza rispetto. Così il Governo, nel cercare di affezionarsi gli elementi locali, vede le sue concessioni voltate a suo danno, e dove cerca di farsi della classe dominante uno istrumento, diventa invece istrumento di lei; al punto che se talvolta sembra aver forza alcuna, vuol dire che è venuto in mano ad un partito locale.

Bene è vero che allora diventa potente e i suoi mezzi di azione non hanno più limiti. Perchè se le illegalità commesse dal Governo per proprio conto, possono trovare un ostacolo nelle manifestazioni dell’opinion pubblica e negli altri mezzi che il sistema costituzionale concede ai cittadini per reagire, questi mezzi non servono contro le prepotenze di un partito locale che si valga dell’autorità pubblica per predominare. Le garanzie costituzionali non hanno effetto contro quegli abusi cui i cittadini sono più esposti in Sicilia. Se ne fece la prova sotto la prefettura militare, allorquando gli eccessi di quella frazione della mafia che aveva in mano la polizia, si commisero per parecchio tempo in mezzo al silenzio generale, e quando s’alzò qualche voce coraggiosa, rimase senza eco, finchè lo scandalo fu portato in Parlamento. Tutt’al più in questi casi si addosseranno gli eccessi commessi al Governo, il quale ne assume l’odiosità senza averne il profitto, e trae le castagne dal fuoco a vantaggio dei despoti locali, continuando sempre a fare di fronte ai Siciliani la parte del tiranno babbeo ed impotente; un chè di simile al vecchio marito ingannato delle vecchie commedie.

E durerà a fare questa parte in Sicilia, finchè non si sarà deciso a rinunziare o all’appoggio della classe dominante, o all’adempimento dei suoi fini più essenziali. Fino a quel momento il suo continuo tentennare finirà sempre inevitabilmente nella ricerca del primo a danno dei secondi. Ve lo trascinano fatalmente tutte le forze di cui si compone il nostro sistema politico. E quanto maggiormente un ministero si vanterà di esser liberale e di governare secondo la volontà del paese, tanto più governerà la Sicilia secondo gl’interessi della ristrettissima classe che vi domina, e transigerà con lei in ogni particolare.

Ma la prima condizione perchè il Governo si rassegni a rinunziare all’una o all’altra di queste due cose, è che si convinca della loro incompatibilità. E questa convinzione è più difficile ad ottenersi che non sembri a prima vista, giacchè richiede che il Governo conosca realmente le condizioni della Sicilia, cosa difficile.

 

 




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