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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo IV. RELAZIONI ECONOMICHE E AMMINISTRAZIONI LOCALI
      • Capitolo V. IL GOVERNO E LE INFLUENZE LOCALI IN SICILIA
        • § 100. — Come sia impossibile al Governo nelle condizioni attuali, di conoscere i veri bisogni della Sicilia.
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§ 100. — Come sia impossibile al Governo nelle condizioni attuali, di conoscere i veri bisogni della Sicilia.

Nello stato attuale delle cose, è quasi impossibile che il Governo giunga a questa cognizione. Difatti per conoscere le condizioni di ciascuna parte d’Italia, non ha che due mezzi; le relazioni dei suoi funzionari, e le manifestazioni dell’opinione pubblica locale.

Per i funzionari governativi, sono grandi dappertutto, e specialmente in Sicilia, le difficoltà che loro impediscono di conoscere le condizioni generali di una regione; sono maggiori ancora quelle che impediscono ad essi di manifestarle quando le abbiano conosciute. Prima di ogni cosa, il soggiorno dei funzionari in Sicilia è troppo breve per permetter loro, non solo di fare del paese uno studio generale o ragionato, ma nemmeno di acquistare le cognizioni più indispensabili per il disimpegno degli affari correnti. Senza parlare delle frequenti traslocazioni provocate dalle influenze locali, i funzionari governativi mandativi con pochissimi e spesso punti vantaggi eccezionali, appena giunti se non sono nati nell’Isola, non hanno, almeno nel più dei casi, cura maggiore che quella di ottenere in ogni modo di esser richiamati sul Continente. In un siffatto stato d’animo, il più che si possa aspettare da essi è lo stretto adempimento del loro dovere professionale. D’altra parte anche i maggiori fra loro, preposti ad una sola provincia dell’Isola, hanno un campo d’osservazione troppo ristretto. Inoltre, la cura incessante dei particolari, che pure hanno una grandissima importanza immediata, loro un abito di mente poco atto alle considerazioni generali. Per modo che i soli i quali sarebbero atti a dare buoni giudizi, sono quei pochissimi fra i funzionari nati in Sicilia, che non dividono i modi di sentire e di vedere dei loro compaesani.

Per altro, quando pure un funzionario governativo si fosse persuaso che il governar bene la Sicilia coll’aiuto dei Siciliani è e sarà, almeno per un certo tempo, impossibile; se avesse il non comune coraggio di dichiararlo, egli probabilmente, non farebbe altro che recar danno a stesso. Un’eresia tanto orribile chiamerebbe sul suo capo le scomuniche del liberalismo dottrinario che in Italia domina assoluto nelle regioni ufficiali senza distinzione di partito. Pioverebbero le interpellanze in Parlamento; si chiederebbero spiegazioni ai Ministri sulle gravi insinuazioni fatte da quel funzionario. Nella discussione di queste, i più mansueti gli darebbero del codino e del borbonico, gli sarebbe rovesciato addosso tutto il frasario consacrato, si parlerebbe molto di libertà, di dignità e di altre cose simili. Sarebbe votato a grande maggioranza un ordine del giorno che condannerebbe altamente lo sciagurato, colpevole di aver offeso una delle più nobili parti d’Italia, ed egli sarebbe troppo felice se riescisse a cavarsela con una traslocazione.

Però, chi dopo la seduta volesse levarsi il gusto di ascoltare i discorsi dei deputati, e magari dei ministri negli anditi della Camera, per le vie, nelle trattorie, nei caffè, nei salotti, potrebbe sentire la maggior parte di loro, compresi molti siciliani, fare discorsi ben diversi da quelli uditi nella seduta pubblica. — Certo gli apprezzamenti di quel funzionario erano esagerati, le sue conclusioni sono inammissibili, però molto di ciò che ha detto è vero. Ma bisognava dare una soddisfazione all’opinione pubblica siciliana. —

 

 




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