§ 100. — Come sia
impossibile al Governo nelle condizioni attuali, di conoscere i veri bisogni
della Sicilia.
Nello stato attuale delle cose,
è quasi impossibile che il Governo giunga a questa cognizione. Difatti per
conoscere le condizioni di ciascuna parte d’Italia, non ha che due mezzi; le
relazioni dei suoi funzionari, e le manifestazioni dell’opinione pubblica
locale.
Per i funzionari governativi,
sono grandi dappertutto, e specialmente in Sicilia, le difficoltà che loro
impediscono di conoscere le condizioni generali di una regione; sono maggiori
ancora quelle che impediscono ad essi di manifestarle quando le abbiano
conosciute. Prima di ogni cosa, il soggiorno dei funzionari in Sicilia è troppo
breve per permetter loro, non solo di fare del paese uno studio generale o
ragionato, ma nemmeno di acquistare le cognizioni più indispensabili per il
disimpegno degli affari correnti. Senza parlare delle frequenti traslocazioni
provocate dalle influenze locali, i funzionari governativi mandativi con
pochissimi e spesso punti vantaggi eccezionali, appena giunti se non sono nati
nell’Isola, non hanno, almeno nel più dei casi, cura maggiore che quella di
ottenere in ogni modo di esser richiamati sul Continente. In un siffatto stato
d’animo, il più che si possa aspettare da essi è lo stretto adempimento del
loro dovere professionale. D’altra parte anche i maggiori fra loro, preposti ad
una sola provincia dell’Isola, hanno un campo d’osservazione troppo ristretto.
Inoltre, la cura incessante dei particolari, che pure hanno una grandissima
importanza immediata, dà loro un abito di mente poco atto alle considerazioni
generali. Per modo che i soli i quali sarebbero atti a dare buoni giudizi, sono
quei pochissimi fra i funzionari nati in Sicilia, che non dividono i modi di
sentire e di vedere dei loro compaesani.
Per altro, quando pure un
funzionario governativo si fosse persuaso che il governar bene la Sicilia
coll’aiuto dei Siciliani è e sarà, almeno per un certo tempo, impossibile; se
avesse il non comune coraggio di dichiararlo, egli probabilmente, non farebbe
altro che recar danno a sè stesso. Un’eresia tanto orribile chiamerebbe sul suo
capo le scomuniche del liberalismo dottrinario che in Italia domina assoluto
nelle regioni ufficiali senza distinzione di partito. Pioverebbero le
interpellanze in Parlamento; si chiederebbero spiegazioni ai Ministri sulle
gravi insinuazioni fatte da quel funzionario. Nella discussione di queste, i
più mansueti gli darebbero del codino e del borbonico, gli sarebbe rovesciato
addosso tutto il frasario consacrato, si parlerebbe molto di libertà, di
dignità e di altre cose simili. Sarebbe votato a grande maggioranza un ordine
del giorno che condannerebbe altamente lo sciagurato, colpevole di aver offeso
una delle più nobili parti d’Italia, ed egli sarebbe troppo felice se riescisse
a cavarsela con una traslocazione.
Però, chi dopo la seduta volesse
levarsi il gusto di ascoltare i discorsi dei deputati, e magari dei ministri
negli anditi della Camera, per le vie, nelle trattorie, nei caffè, nei salotti,
potrebbe sentire la maggior parte di loro, compresi molti siciliani, fare
discorsi ben diversi da quelli uditi nella seduta pubblica. — Certo gli
apprezzamenti di quel funzionario erano esagerati, le sue conclusioni sono
inammissibili, però molto di ciò che ha detto è vero. Ma bisognava dare una
soddisfazione all’opinione pubblica siciliana. —
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