§ 105. — Lo Stato italiano
se vuol rimediare ai mali della Sicilia, deve valersi per governarla degli
elementi che gli fornisce la Nazione ad esclusione dei Siciliani.
In conseguenza, se l’Italia vuol
porsi in grado di cercare efficacemente i rimedi ai mali della Sicilia e di
applicarli con speranza di riescita quando giunga a trovarli, conviene innanzi
tutto che si valga a tale scopo dei mezzi morali e intellettuali che le offre
la nazione ad esclusione dei Siciliani, o meglio di quasi tutti i Siciliani,
giacchè saranno istrumenti migliori di qualunque altro quei pochissimi fra loro
che intendono ugualmente lo stato dell’Isola e quello delle società moderne.
Ora, il solo organismo che sia
in grado di riunire le forze di una nazione, ordinarle, disciplinarle e
dirigerle verso un dato fine, è lo Stato, cioè il Governo. Risparmieremo al
lettore una chiacchierata sui limiti teorici dello Stato, ed osserveremo
solamente che se nelle condizioni ordinarie si provvede al governo di un paese,
di una regione, di una provincia coll’opera combinata dei suoi cittadini e
dello Stato in Sicilia, fintantochè faccia parte d’Italia, questi due elementi
sono (almeno a parer nostro) incompatibili. L’uno o l’altro deve dominare
esclusivamente. Si dia pur la preferenza all’elemento cittadino, ma allora lo
Stato stia da parte; si lasci la Sicilia in assoluta balìa di sè stessa, chè
allora vi sorgerà spontanea un’autorità sociale la quale sarà risultante delle
sue forze naturali, e conseguentemente in grado di reggerla per mezzo di
queste. Ma se la Sicilia dev’esser governata dallo Stato italiano, se non è
ammissibile che esso, nel reggere una delle sue province, rinunzi ai propri
principii; questi devono in tutto e per tutto essere sostituiti a quelli su cui
si fonda la società siciliana; nè si può tentare di conciliare gli uni e gli
altri. Altrimenti lo Stato interviene solamente a turbare il giuoco naturale
delle forze di una Società, le impedisce di raggiungere nei modi propri a loro
un equilibrio stabile, senza sostituirne a questo un altro; e viene ad essere
in quella un elemento di disordine, come lo sono stati in Sicilia tutti i
Governi, specialmente dalle riforme del 1812 in poi; come lo è soprattutto il
Governo italiano. Il quale impedisce al brigante di conquistar terre, di
finire, come i cavalieri di ventura nel Medio Evo, signore di feudi e baronìe,
e diventare un elemento d’ordine; reprime le sedizioni dei villani che
reclamano le terre loro dovute per legge e non vogliono esser soli a sopportar
le gravezze comunali; ma non riesce a sopprimere i briganti, nè a costringere
la classe abbiente ad amministrare secondo gl’interessi di tutti. Insomma in
una società che si regge sul predominio della forza materiale, il Governo
toglie a questa la sanzione, la facoltà di esercitare l’autorità che le spetta,
i mezzi di diventar fondamento di un ordine stabile, ma non sa sostituirvi
l’autorità propria.
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