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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo VI. RIMEDI
        • § 105. — Lo Stato italiano se vuol rimediare ai mali della Sicilia, deve valersi per governarla degli elementi che gli fornisce la Nazione ad esclusione dei Siciliani.
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§ 105. — Lo Stato italiano se vuol rimediare ai mali della Sicilia, deve valersi per governarla degli elementi che gli fornisce la Nazione ad esclusione dei Siciliani.

In conseguenza, se l’Italia vuol porsi in grado di cercare efficacemente i rimedi ai mali della Sicilia e di applicarli con speranza di riescita quando giunga a trovarli, conviene innanzi tutto che si valga a tale scopo dei mezzi morali e intellettuali che le offre la nazione ad esclusione dei Siciliani, o meglio di quasi tutti i Siciliani, giacchè saranno istrumenti migliori di qualunque altro quei pochissimi fra loro che intendono ugualmente lo stato dell’Isola e quello delle società moderne.

Ora, il solo organismo che sia in grado di riunire le forze di una nazione, ordinarle, disciplinarle e dirigerle verso un dato fine, è lo Stato, cioè il Governo. Risparmieremo al lettore una chiacchierata sui limiti teorici dello Stato, ed osserveremo solamente che se nelle condizioni ordinarie si provvede al governo di un paese, di una regione, di una provincia coll’opera combinata dei suoi cittadini e dello Stato in Sicilia, fintantochè faccia parte d’Italia, questi due elementi sono (almeno a parer nostro) incompatibili. L’uno o l’altro deve dominare esclusivamente. Si dia pur la preferenza all’elemento cittadino, ma allora lo Stato stia da parte; si lasci la Sicilia in assoluta balìa di stessa, chè allora vi sorgerà spontanea un’autorità sociale la quale sarà risultante delle sue forze naturali, e conseguentemente in grado di reggerla per mezzo di queste. Ma se la Sicilia dev’esser governata dallo Stato italiano, se non è ammissibile che esso, nel reggere una delle sue province, rinunzi ai propri principii; questi devono in tutto e per tutto essere sostituiti a quelli su cui si fonda la società siciliana; si può tentare di conciliare gli uni e gli altri. Altrimenti lo Stato interviene solamente a turbare il giuoco naturale delle forze di una Società, le impedisce di raggiungere nei modi propri a loro un equilibrio stabile, senza sostituirne a questo un altro; e viene ad essere in quella un elemento di disordine, come lo sono stati in Sicilia tutti i Governi, specialmente dalle riforme del 1812 in poi; come lo è soprattutto il Governo italiano. Il quale impedisce al brigante di conquistar terre, di finire, come i cavalieri di ventura nel Medio Evo, signore di feudi e baronìe, e diventare un elemento d’ordine; reprime le sedizioni dei villani che reclamano le terre loro dovute per legge e non vogliono esser soli a sopportar le gravezze comunali; ma non riesce a sopprimere i briganti, a costringere la classe abbiente ad amministrare secondo gl’interessi di tutti. Insomma in una società che si regge sul predominio della forza materiale, il Governo toglie a questa la sanzione, la facoltà di esercitare l’autorità che le spetta, i mezzi di diventar fondamento di un ordine stabile, ma non sa sostituirvi l’autorità propria.

 

 




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