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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo VI. RIMEDI
        • § 110. — Il tentar di reprimere una sola categoria di disordini non può dare in Sicilia risultato alcuno.
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§ 110. — Il tentar di reprimere una sola categoria di disordini non può dare in Sicilia risultato alcuno.

Comunque siasi, non si potrà pensare a rimediare ai disordini descritti in questo volume, finchè il personale amministrativo e giudiziario non avrà le qualità necessarie in tutti gli ordini e in tutti i gradi; giacchè si tenterebbe invano di assicurare il predominio della Legge in un ordine solo di fatti, lasciando gli altri andare per il loro verso. I disordini di ogni specie che presenta la Sicilia sono manifestazioni della medesima cagione, la prepotenza privata. Ora, i prepotenti appoggiano la loro autorità sopra punti tanto diversi fra loro, che se la non si combatte in tutti i lati alla volta, nelle sue relazioni così coi facinorosi come colle amministrazioni locali e colle società, associazioni e persone di ogni genere, troveranno modo di schermirsi dagli assalti, valendosi dei mezzi di cui è lasciato loro libero l’uso. Il volere sopprimere la prepotenza in una sola delle sue manifestazioni è cercare di stringere con una mano sola una grossa vescica a metà piena d’aria. L’aria scappa nella parte libera, e si rimane colla sola membrana in mano. Ma d’altra parte, la moltiplicità dei punti d’appoggio, se apre più vie al prepotente per sfuggire alle autorità, è cagione per contro ch’egli presenti a questa maggiore numero di punti vulnerabili, quando l’autorità lo assalga da ogni lato. Chi non ha potuto esser convinto di mandato d’omicidio potrà mandarsi in galera per malversazioni in un’amministrazione locale, e dove per il primo delitto sarà mancato chi volesse testimoniare, forse per il secondo non difetteranno le denuncie segrete che ne faranno scuoprire le prove di fatto. Il lettore avrà forse già osservato che dopo aver fatto lunghe teorie sulla difficoltà di distinguere il manutengolo forzato da quello volenteroso e che dal manutengolismo ritrae lucro, non abbiamo indicato criterio per distinguere l’uno dall’altro; difatti un criterio a priori a parer nostro non esiste, e già cercammo di dimostrarlo. Un funzionario intelligente, con una grandissima pratica dei luoghi e delle persone, ha mille modi di distinguere quelle persone che nel favorire i malfattori hanno per iscopo principale di acquistare autorità e denari, ma ben di rado potrà trovar contro di loro prove da addurre in giudizio. Questa difficoltà non si vincerà mai prendendola di fronte. Il manutengolismo è effetto delle condizioni sociali generali e non si può vincere che combattendo queste. Con questo mezzo però la vittoria è sicura. Colui che non è manutengolo solamente per paura, è necessariamente un prepotente, in conseguenza il funzionario che conosca ciò ch’egli è, non ha che da tenerlo d’occhio per trovare in breve tempo piuttosto dieci che una cagione di porlo sotto processo, all’infuori del manutengolismo. In questo modo saranno colpiti non solo i manutengoli, che dalla loro complicità ritraggono vantaggio materiale, o guadagno pecuniario, ma anche coloro che ne ricevono vantaggio solamente morale, e che nel massimo numero dei casi sarebbe assolutamente impossibile di potere giuridicamente convincere.

 

 




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