§ 114. — Come l’Italia sia
tenuta a fare grandissimi sacrifizi pecuniari per migliorare le condizioni
materiali della Sicilia.
Fino adesso si è parlato di riforme nel Governo, di rigori,
di provvedimenti eccezionali; ma a questo punto non si limitano i doveri
dell’Italia verso la Sicilia. Venuta nell’Isola ad imporre un nuovo ordine
sociale, essa ha l’obbligo di porla in condizioni materiali tali da renderlo
possibile. Ha essa adempiuto a quest’obbligo? Ci sembra di no. L’Italia ha
trovato la Sicilia con pochissime strade e senza ferrovie212, ed i
sacrifizi che ha fatti fino adesso per le opere pubbliche dell’Isola non sono
nulla in paragone di ciò che le doveva. La Sicilia, e con lei le altre province
meridionali, non hanno certamente il diritto di chiedere all’Italia ch’essa
ricada nel disavanzo; hanno bensì quello di chiederle che usi in loro favore
tutte le forze di cui può disporre, hanno diritto di chiederle d’esser
preferite nella costruzione di opere pubbliche a qualunque altra regione. Del
resto, il ritardo in questo non sarà stato tutto danno se sarà mutato
l’indirizzo del Governo nell’Isola, e se questo d’or innanzi si regolerà sugli
interessi della intera popolazione siciliana, non sulle esigenze e sui clamori
di quella parte di essa che predomina. Così sarà evitato nell’avvenire che una
gran parte dei denari destinati al bene dell’Isola vengano sprecati senza
profitto per lei, e finiscano in parte nelle mani di accollatari influenti
sotto forma di guadagni scandalosi, in parte siano sprofondati sotto le frane e
nelle paludi per ubbidire ai clamorosi capricci di qualche città o di qualche
camarilla. Il brano della Relazione della Commissione d’Inchiesta che citiamo
in appendice dà un’idea delle immense e dolorose perdite che ha fatte in questo
modo la Sicilia.
|