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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • APPENDICE     LE OPERE PUBBLICHE IN SICILIA ESTRATTO DELLA RELAZIONE DELLA GIUNTA PER L’INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DELLA SICILIA NOMINATA SECONDO IL DISPOSTO DELL’ARTICOLO 2 DELLA LEGGE 3 LUGLIO 1875.
      • Caldare e Montedoro.
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Caldare e Montedoro.

Qui veramente il ritardo cessa di trovarsi imputabile all’opera del Governo, che ha fatto e va facendo ogni sforzo perchè una comunicazione diretta fra Palermo e Catania si stabilisca. Ma è noto il lungo ed aspro dibattimento che intorno a questa linea di congiunzione insorse fra gli interessi locali. Per due anni discussero le provincie e le Camere di commercio dell’Isola se a raggiungere Campofranco si dovesse procedere direttamente da Serradifalco per Montedoro o scendere a Canicattì e di staccare un tronco fino al quadrivio delle Caldare, alcuni chilometri al disotto di Campofranco. Palermo e Caltanissetta propugnarono accanitamente la linea di Montedoro; Girgenti, Siracusa, Catania, Messina appoggiarono la linea delle Caldare. Il Governo stette un pezzo neutrale; i suoi tecnici però non dissimulavano che le difficoltà di costruzione lungo la linea di Montedoro si mostravano assai maggiori. Finalmente, cedendo forse al desiderio di fare cosa grata alla città di Palermo, piuttosto che ad una decisa convinzione sulla opportunità tecnica di quella linea, udito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Governo si decise per la linea di Montedoro e stipulava con l’appaltatore Parisi il contratto d’appalto per la somma di lire 6,874,000.

Senonchè, appena posta mano ai lavori, crebbero le difficoltà, e ricominciarono le esitazioni. Per secondare le raccomandazioni tecniche unite al voto del Consiglio superiore dei lavori pubblici, furono studiati i progetti e proposte deviazioni tali che sopra 29 chilometri della lunghezza totale del tronco, soltanto tre chilometri e mezzo rimanevano invariati secondo il primitivo progetto. Dopo ciò bastò una cattiva invernata, perchè il movimento dei terreni rendesse necessarie nuove varianti anche al secondo progetto; e queste varianti si esercitarono sopra una lunghezza complessiva di oltre 13 chilometri. Malgrado ciò, l’enorme franosità dei terreni, l’insalubrità della regione, la scarsezza dei materiali, le difficoltà dei trasporti hanno potuto far dire ad un chiaro ingegnere essere quella località la negazione stessa della viabilità. E la Commissione, composta dei signori Siben e Imperatori, che con espresso mandato visitò quella linea nell’estate del 1875 fece un rapporto assai scoraggiante sulle sue condizioni di costruzione e di esercizio. In una tabella annessa alla relazione del bilancio definitivo del Ministero dei lavori pubblici pel 1876 è accennato che le ultime constatazioni ufficiali farebbero ascendere il costo della linea di Montedoro a lire 10,000,000 più del prezzo d’appalto. Queste varianti e queste visite impedirono naturalmente i lavori; tantochè in questi due anni, in cui fu dato così forte impulso a tutta la costruzione ferroviaria dell’Isola, appena poche centinaia di migliaia di lire furono spese sulla linea appaltata al Parisi. L’opinione pubblica si preoccupò di questa situazione e cominciò a discutersi una soluzione diversa. Gl’interessi favorevoli alla linea delle Caldare ripigliarono forza; nella stessa Palermo gli uomini d’affari e le personalità più distinte rammollirono le loro resistenze; si ammise che, se le difficoltà tecniche avessero resa mal sicura la strada di Montedoro, era necessario trovare in qualche modo una congiunzione fra le due ferrovie, pur scendendo sino alle Caldare; purchè un’altra via più diretta fra Palermo e Catania si ponesse allo studio, quella per esempio, delle due Imere, che accorcierebbe di 75 chilometri la comunicazione fra le due grandi città.

La questione trovasi attualmente a tal punto, ed è grave per gli interessi molti e complicati che vi si annodano. Essa comprende principalmente tre aspetti: l’aspetto commerciale, l’aspetto tecnico finanziario, l’aspetto politico.

Sotto il primo aspetto, la Giunta non può non dare alla linea delle Caldare la preferenza su quella di Montedoro. Mentre questa traversa una landa incolta, dove il piccolo comune di Montedoro è quasi il solo centro di popolazione, in tutto meno di 5 mila abitanti, la linea delle Caldare passerebbe a poca distanza dalle grosse e ricche borgate di Racalmuto, Grotte, Comitini, Aragona, che sarebbero messe in comunicazione diretta con entrambi i due porti di Licata e PortoEmpedocle. Come importanza solfifera, l’ingegnere Parodi, competentissimo nella materia, considera il bacino delle Caldare come produttore di 200 mila quintali di zolfo, quello di Montedoro di soli 30 mila, che recenti calcoli porterebbero anche fino a 50 mila. Il paragone quindi non regge. Finalmente una ricchezza ancora vergine troverebbe nella ferrovia delle Caldare il modo di manifestarsi: e sarebbero le miniere di salgemma che abbondano a Racalmuto, e che ora, pel prezzo dei trasporti, non possono offrire all’industria bastevole allettamento. Queste saline sono giudicate di tale importanza che il compianto generale Bixio, seguendo il consiglio dello stesso Parodi, aveva divisato farne la sua zavorra pei carichi di ritorno nell’India; e mentre ad esse darebbe valore mercantile la ferrovia delle Caldare, non potrebbe darne quella di Montedoro alle minori saline di Mussomeli, ancor troppo lontane dalla linea per potersene giovare.

Sotto l’aspetto politico il tracciato più favorevole è quello che più rapidamente si compie. È già vivo ed aspro il malcontento destato da questo fatto, che dopo 16 anni Palermo non si trovi ancora in diretta comunicazione ferroviaria colle città orientali dell’Isola. Riesce difficile a molti l’indagare con animo scevro di passione le cause di siffatto ritardo, ed uomini eletti per intelligenza e patriottismo non sempre sanno difendersi contro ingiuste impressioni. Prolungando ancora di troppo l’epoca di questo congiungimento, possono soffrirne alcuni interessi commerciali di Palermo, ma ne soffrirà assai più lo spirito pubblico e l’indirizzo politico di quella illustre città. Palermo ha bisogno di rompere l’incanto che la tiene segregata e sovrana al di del Platani e delle Madonie. La via del mare non le basta; bisogna che per le vie di terra, e le più rapide che si possa, si senta allacciata d’interessi, di affetti, di idee, al resto della Sicilia, al resto d’Italia, a Roma.

Dopo ciò la Giunta non crede poter discutere il terzo aspetto della questione, l’aspetto tecnico finanziario. Le mancano troppi dati, troppa competenza per pronunciarsi. Se un nuovo esame della linea delle Caldare dimostrerà che tecnicamente come finanziariamente le sue condizioni siano quali si erano dette fin qui, vale a dire un tracciato da potersi eseguire in due anni e con cinque o sei milioni di spesa, nessuna esitazione a scegliere questa linea sarà scusabile più. Se invece le delusioni tecniche si ripeteranno anche per le Caldare e si proverà che le cifre del tempo e della spesa debbano salire a livello di quelle della linea per Montedoro, il Governo sarà giustificato se persiste in questo tracciato, dal momento che non sarà più lungo, più difficile, più dispendioso di un altro.

 

 




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