Caldare e Montedoro.
Qui veramente il ritardo cessa
di trovarsi imputabile all’opera del Governo, che ha fatto e va facendo ogni
sforzo perchè una comunicazione diretta fra Palermo e Catania si stabilisca. Ma
è noto il lungo ed aspro dibattimento che intorno a questa linea di
congiunzione insorse fra gli interessi locali. Per due anni discussero le
provincie e le Camere di commercio dell’Isola se a raggiungere Campofranco si
dovesse procedere direttamente da Serradifalco per Montedoro o scendere a
Canicattì e di là staccare un tronco fino al quadrivio delle Caldare, alcuni
chilometri al disotto di Campofranco. Palermo e Caltanissetta propugnarono
accanitamente la linea di Montedoro; Girgenti, Siracusa, Catania, Messina
appoggiarono la linea delle Caldare. Il Governo stette un pezzo neutrale; i
suoi tecnici però non dissimulavano che le difficoltà di costruzione lungo la
linea di Montedoro si mostravano assai maggiori. Finalmente, cedendo forse al
desiderio di fare cosa grata alla città di Palermo, piuttosto che ad una decisa
convinzione sulla opportunità tecnica di quella linea, udito il Consiglio
superiore dei lavori pubblici, il Governo si decise per la linea di Montedoro e
stipulava con l’appaltatore Parisi il contratto d’appalto per la somma di lire
6,874,000.
Senonchè, appena posta mano ai
lavori, crebbero le difficoltà, e ricominciarono le esitazioni. Per secondare
le raccomandazioni tecniche unite al voto del Consiglio superiore dei lavori
pubblici, furono studiati i progetti e proposte deviazioni tali che sopra 29
chilometri della lunghezza totale del tronco, soltanto tre chilometri e mezzo
rimanevano invariati secondo il primitivo progetto. Dopo ciò bastò una cattiva
invernata, perchè il movimento dei terreni rendesse necessarie nuove varianti
anche al secondo progetto; e queste varianti si esercitarono sopra una
lunghezza complessiva di oltre 13 chilometri. Malgrado ciò, l’enorme franosità
dei terreni, l’insalubrità della regione, la scarsezza dei materiali, le
difficoltà dei trasporti hanno potuto far dire ad un chiaro ingegnere essere
quella località la negazione stessa della viabilità. E la Commissione,
composta dei signori Siben e Imperatori, che con espresso mandato visitò quella
linea nell’estate del 1875 fece un rapporto assai scoraggiante sulle sue
condizioni di costruzione e di esercizio. In una tabella annessa alla relazione
del bilancio definitivo del Ministero dei lavori pubblici pel 1876 è accennato
che le ultime constatazioni ufficiali farebbero ascendere il costo della linea
di Montedoro a lire 10,000,000 più del prezzo d’appalto. Queste varianti e
queste visite impedirono naturalmente i lavori; tantochè in questi due anni, in
cui fu dato così forte impulso a tutta la costruzione ferroviaria dell’Isola,
appena poche centinaia di migliaia di lire furono spese sulla linea appaltata
al Parisi. L’opinione pubblica si preoccupò di questa situazione e cominciò a
discutersi una soluzione diversa. Gl’interessi favorevoli alla linea delle
Caldare ripigliarono forza; nella stessa Palermo gli uomini d’affari e le
personalità più distinte rammollirono le loro resistenze; si ammise che, se le
difficoltà tecniche avessero resa mal sicura la strada di Montedoro, era
necessario trovare in qualche modo una congiunzione fra le due ferrovie, pur
scendendo sino alle Caldare; purchè un’altra via più diretta fra Palermo e
Catania si ponesse allo studio, quella per esempio, delle due Imere, che
accorcierebbe di 75 chilometri la comunicazione fra le due grandi città.
La questione trovasi attualmente
a tal punto, ed è grave per gli interessi molti e complicati che vi si
annodano. Essa comprende principalmente tre aspetti: l’aspetto commerciale,
l’aspetto tecnico finanziario, l’aspetto politico.
Sotto il primo aspetto, la
Giunta non può non dare alla linea delle Caldare la preferenza su quella di
Montedoro. Mentre questa traversa una landa incolta, dove il piccolo comune di
Montedoro è quasi il solo centro di popolazione, in tutto meno di 5 mila
abitanti, la linea delle Caldare passerebbe a poca distanza dalle grosse e
ricche borgate di Racalmuto, Grotte, Comitini, Aragona, che sarebbero messe in
comunicazione diretta con entrambi i due porti di Licata e PortoEmpedocle. Come
importanza solfifera, l’ingegnere Parodi, competentissimo nella materia,
considera il bacino delle Caldare come produttore di 200 mila quintali di
zolfo, quello di Montedoro di soli 30 mila, che recenti calcoli porterebbero
anche fino a 50 mila. Il paragone quindi non regge. Finalmente una ricchezza
ancora vergine troverebbe nella ferrovia delle Caldare il modo di manifestarsi:
e sarebbero le miniere di salgemma che abbondano a Racalmuto, e che ora, pel
prezzo dei trasporti, non possono offrire all’industria bastevole allettamento.
Queste saline sono giudicate di tale importanza che il compianto generale
Bixio, seguendo il consiglio dello stesso Parodi, aveva divisato farne la sua
zavorra pei carichi di ritorno nell’India; e mentre ad esse darebbe valore
mercantile la ferrovia delle Caldare, non potrebbe darne quella di Montedoro
alle minori saline di Mussomeli, ancor troppo lontane dalla linea per potersene
giovare.
Sotto l’aspetto politico il
tracciato più favorevole è quello che più rapidamente si compie. È già vivo ed
aspro il malcontento destato da questo fatto, che dopo 16 anni Palermo non si
trovi ancora in diretta comunicazione ferroviaria colle città orientali
dell’Isola. Riesce difficile a molti l’indagare con animo scevro di passione le
cause di siffatto ritardo, ed uomini eletti per intelligenza e patriottismo non
sempre sanno difendersi contro ingiuste impressioni. Prolungando ancora di troppo
l’epoca di questo congiungimento, possono soffrirne alcuni interessi
commerciali di Palermo, ma ne soffrirà assai più lo spirito pubblico e
l’indirizzo politico di quella illustre città. Palermo ha bisogno di rompere
l’incanto che la tiene segregata e sovrana al di là del Platani e delle
Madonie. La via del mare non le basta; bisogna che per le vie di terra, e le
più rapide che si possa, si senta allacciata d’interessi, di affetti, di idee,
al resto della Sicilia, al resto d’Italia, a Roma.
Dopo ciò la Giunta non crede
poter discutere il terzo aspetto della questione, l’aspetto tecnico
finanziario. Le mancano troppi dati, troppa competenza per pronunciarsi. Se un
nuovo esame della linea delle Caldare dimostrerà che tecnicamente come
finanziariamente le sue condizioni siano quali si erano dette fin qui, vale a
dire un tracciato da potersi eseguire in due anni e con cinque o sei milioni di
spesa, nessuna esitazione a scegliere questa linea sarà scusabile più. Se
invece le delusioni tecniche si ripeteranno anche per le Caldare e si proverà
che le cifre del tempo e della spesa debbano salire a livello di quelle della
linea per Montedoro, il Governo sarà giustificato se persiste in questo
tracciato, dal momento che non sarà nè più lungo, nè più difficile, nè più
dispendioso di un altro.
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