Strade provinciali.
Le provincie non furono pure
restìe a grandi sacrifici per la pubblica viabilità; soltanto questi sacrifizi
non sempre furono opportunamente fatti e in qualche caso non servirono che a
rendere più difficile il problema stradale.
Questo avvenne soprattutto a
Girgenti e a Caltanissetta.
La provincia di Girgenti, quella
appunto che non provvide finora a nessuna comunicazione coi suoi due capoluoghi
di circondario, Sciacca e Bivona, contrasse fino dal 1865 prestiti onerosissimi
per otto milioni; decretò di costruire con questo fondo tutte le strade
comunali della provincia; largheggiò in progetti male redatti da uomini
imperiti o mossi da considerazioni di piccoli interessi locali; spese fino a
500 mila lire per soli 7 chilometri di una strada comunale; seminò tronchi di
strada senza concetti direttivi e senza ordine amministrativo; e si trova ora
con un debito ingente, colle strade provinciali non fatte, colle strade
comunali interrotte o male costrutte; col malcontento seminato in ogni ordine
di cittadini per questa specie di anarchia stradale; e non senza aver lasciato
qua e là il sospetto che in questa anarchia qualcuno abbia avuto il proprio
tornaconto, o per lo meno che qualche amministratore della provincia abbia
pensato esclusivamente ed egoisticamente agli interessi del singolo Comune dove
tiene beni e dimora.
A Caltanissetta pure
l’amministrazione provinciale diresse la materia stradale in modo da lasciare
aperto l’adito a gravi censure. Lì i partiti si combattono con vigore e sono
tenaci ad escludersi. Dopo il 1867 il partito che predominava nel Consiglio
provinciale fece decretare una larga rete stradale, comprendendovi, come a
Girgenti, molti tronchi di puro interesse comunale. E si contrassero, come a
Girgenti, prestiti per la somma di circa 5 milioni. Indi a poco, scavalcato
quel partito, e introdottisi nel Consiglio molti amministratori nuovi, prevalse
il sistema di affidare in appalto ai Comuni l’esecuzione della rete
provinciale. Si appaltavano i tronchi per L. 23,000 al chilometro, i Comuni li
riappaltavano per L. 8000 o 9000 e lucravano la differenza. Una grande
rilasciatezza nella sorveglianza tecnica fu la conseguenza necessaria di questo
sistema; si costrussero ponti, che naturalmente rovinarono, col ginese
delle zolfare a guisa di mattoni o di pietre; gli ingegneri che redigevano
progetti furono anche chiamati talvolta a collaudarne l’esecuzione; onde i
sospetti facilmente attecchirono, e non mancarono deposizioni che attribuirono
una parte dei lucri guadagnati sugli appalti comunali agli stessi consiglieri
provinciali che di quel sistema erano stati iniziatori e propugnatori.
Nella provincia di Messina le
cose andarono diversamente, ma egualmente non bene. L’amministrazione
provinciale non sembra, a parere di qualcuno anche fra i suoi componenti, avere
un eguale interesse per tutte le parti del territorio da essa vigilato. Però,
una rete stradale fu decretata; ma la provincia inciampò in appaltatori
insufficienti; con uno di questi, a cui si vuole attribuire qualche influenza
presso la prefettura di Messina, pendono già da assai tempo trattative e
contestazioni; il risultato fu che appena alcuni chilometri poterono costruirsi
di tutta la rete provinciale.
La configurazione territoriale
di questa provincia è sfavorevole per ciò che un’aspra catena di monti la
taglia longitudinalmente per mezzo, e rende quindi assai difficili e costose le
comunicazioni fra i due versanti. È inoltre in questa provincia soprattutto che
i corsi d’acqua frequentissimi e scorrenti sopra larghissimi letti esigono tal
numero di ponti monumentali da soverchiare le forze di ogni provinciale
bilancio. Le fiumane della Calabria si ripetono qui cogli stessi caratteri come
si riproduce coll’identico tipo l’aspetto delle montagne. E in entrambe le
regioni la necessità di provvedere al rimboscamento dei terreni dirupati e
all’arginatura di certi fiumi è vivamente sentita, pei danni gravi che una
mancanza e l’altra producono agl’interessi locali.
A queste difficoltà e a queste
deficienze venne però in soccorso lo Stato. Il quale si addossò la costruzione
di 85 ponti in questa sola provincia; comprese fra le strade nazionali due
traversate montane, quella da San Stefano per Mistretta a Nicosia e quella da
Milazzo per Novara a Randazzo; e coll’ultima legge del 1875 si addossò pure la
costruzione di due altre grandi strade provinciali, quella da Sant’Agata a
Randazzo e quella da Capo Orlando a Bronte. Rimarrebbe una quinta traversata
che interessa giustamente la città di Castroreale, non congiunta da strada
rotabile con quella parte del suo circondario che rimane al di là della catena.
Ma è sperabile che, appena svincolata dalle pastoie legali in cui ora si
dibatte coi suoi appaltatori, la provincia pensi a soddisfare questo debito che
essa ha veramente verso una parte importante del suo territorio.
Quanto alle provincie di Trapani
e di Palermo, la loro azione e stata più regolare e più efficace. Palermo ha
una rete di chilometri 420 in esercizio, ne ha in costruzione chilometri 49 e
sta preparando i provvedimenti per la costruzione di altri chilometri 158.
Trapani va compiendo il suo sistema di strade provinciali, cominciate già sotto
il precedente Governo, e ha trovato un poderoso aiuto nella legge del 1875 che
affidò allo Stato il compimento della lunga e importante linea da Trapani, per
Castelvetrano e Sciacca, a Porto Empedocle.
Di Catania e Siracusa non si può
dire che bene; dell’ultima soprattutto, la cui rete stradale fu iniziata e
ormai compiuta con grande e intelligente coraggio; sicchè può dirsi che la sua
viabilità ha poco da invidiare a quella delle meglio servite fra le provincie
continentali. Anche nelle provincie di Catania e Siracusa prevalse
originariamente il concetto, come a Caltanissetta e a Girgenti, di costruire a
spese del bilancio provinciale la rete intercomunale. Era un effetto
dell’anteriore legislazione stradale; che, prelevando ogni anno, dal 1843 in
poi, una somma di ducati 300,000 (L. 1,275,000) sui bilanci comunali per la
costruzione delle strade provinciali, aveva attribuito una specie di diritto ai
Comuni stessi, di rivalersi poi sui bilanci provinciali per la continuazione di
quella viabilità a cui essi avevano per tanto tempo provveduto del proprio. Fu
dopo il 1865 che, dovendosi attuare le classificazioni stradali, quel concetto
cominciò ad urtare contro la legge. E d’allora sorsero quelle contestazioni e
quelle confusioni, di cui parlammo a proposito di Girgenti e Caltanissetta;
perchè molti Comuni non volevano accettare il carico del compimento e della
manutenzione di tronchi interrotti e che male servivano alle loro
comunicazioni; molti altri si videro ad un tratto possessori di magnifiche reti
comunali costruite senza loro spesa e fatica. Si aggiunge che, dopo la legge
sulle strade obbligatorie del 1868, sorsero altre contestazioni col Governo,
pretendendo le provincie di farsi rimborsare dallo Stato, pei lavori
anteriormente compiuti, la quota che per le strade comunali obbligatorie si
assumeva l’erario pubblico. Di lì uno stato d’incertezza che rese lunga e
complicata l’esecuzione della legge, tantochè, per esempio, nella provincia di
Catania soltanto al principio del 1875 passarono ai bilanci comunali le strade
fatte costruire anteriormente dalla provincia. Ad ogni modo, ciò che a Girgenti
e a Caltanissetta compromise così gravemente le finanze provinciali ad un punto
e la pubblica viabilità, a Catania e a Siracusa, per una migliore e più cauta
direzione degli affari, non nocque; anzi, è giustizia ripeterlo, a Siracusa la
rete è bene compiuta e bene mantenuta, a Catania, quantunque meno bene
mantenuta, soltanto 34 o 35 chilometri, attualmente in costruzione, occorrono a
compierla.
Nel complesso, dal 31 marzo 1862
al 30 giugno 1875, della rete provinciale si sono costruiti chilometri 593,956,
sono in corso di esecuzione chilometri 304,302, restano a costruirsi chilometri
714,052.
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