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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • APPENDICE     LE OPERE PUBBLICHE IN SICILIA ESTRATTO DELLA RELAZIONE DELLA GIUNTA PER L’INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DELLA SICILIA NOMINATA SECONDO IL DISPOSTO DELL’ARTICOLO 2 DELLA LEGGE 3 LUGLIO 1875.
      • La legge del 30 agosto 1868.
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La legge del 30 agosto 1868.

Il viluppo degli argomenti ci ha portato lungi dal tema fondamentale, da cui ci eravamo dipartiti: la necessità di dare più rapido impulso alla viabilità, e di migliorare quindi sotto tale aspetto la legge del 30 agosto 1868.

Si è visto che in molti casi quella legge trovò ostacoli nella resistenza passiva dei Comuni; in molti più casi la trovò eziandio nella difficoltà finanziaria della sua applicazione. E questa difficoltà deriva da cause varie. In alcuni luoghi, per esempio, nella provincia di Palermo, la resistenza assoluta di quella deputazione provinciale a concedere un aumento della sopratassa fondiaria oltre il limite accennato dalla legge del 14 giugno 1874, impedì la costituzione del fondo speciale, previsto dall’articolo 2 della legge del 1868, a tutti quei Comuni che con altre spese obbligatorie avevano raggiunto quel limite. Altrove le circoscrizioni comunali ristrette rendono quel fondo speciale affatto insufficiente, anche portando la sovrimposta al di del limite fisso, e quindi aggravando molto la imposta individuale. In altri Comuni le difficoltà nacquero o dalla mancanza di un appaltatore dei lavori o dalla impossibilità di trovare i mutui necessari alla intrapresa stradale.

Certo, se lo Stato potesse recarsi in mano tutto l’andamento e tutta la responsabilità di questo servizio, rivalendosi esso delle spese anticipate sui bilanci e sui contribuenti comunali, con quei mezzi che possiede, e quei temperamenti che potrebbe adottare, la costruzione della rete obbligatoria camminerebbe assai più spedita, e i voti delle popolazioni isolane saluterebbero con indubbia soddisfazione questo sistema. Almeno quando si tratta di consorzi comunali, a termini dell’articolo 21 della legge 30 agosto 1868, un intervento più diretto dello Stato varrebbe una benefica abbreviazione delle infinite lungaggini che rendono impotente l’opera del legislatore. E l’esempio già avuto, che i progetti sono stati compilati più sollecitamente dallo Stato, e che quei progetti sono costati meno, prova quanto più rapidamente ed economicamente funzionerebbe in questa materia l’ingerenza governativa.

Ma se fin non si può o non si vuole arrivare, bisognerebbe però in alcune parti rendere la legge più pratica e più efficace.

L’articolo 1 dovrebbe essere interpretato con temperanza affinchè la classificazione obbligatoria non imponga oneri troppo gravi a Comuni privi di ogni potenza economica.

L’articolo 2, che costituisce il fondo speciale, poco risponde allo scopo. La prestazione d’opera soprattutto, fonte di liti e d’incertezze nell’esigenza, allontana gli appaltatori che temono da quella forma di concorso, ritardi di pagamento o malfidi operai. E andrebbe ad ogni modo aumentata, se si vuole utile, l’aliquota del 5 per cento sulle tasse erariali, e permesso di oltrepassare per tale intento il limite fisso.

Quanto al sussidio dello Stato, regolato dall’articolo 9, due modificazioni sarebbero di grande utilità: permettere la concessione anticipata del sussidio, almeno per quelle strade alla cui costruzione si procede d’ufficio, giacchè è crescere le difficoltà del Comune l’obbligarlo ad anticipare anche quella parte di spesa che non gli spetta; portare la quota del sussidio ad un terzo, almeno in casi determinati, invece del quarto. queste modificazioni altererebbero gravemente il concetto originario della legge e le previsioni finanziarie che l’avevano accompagnata. Infatti, coll’ingenuità del desiderio ottimista, quella legge stabiliva che il sussidio annuo per le strade obbligatorie non fosse inferiore a tre milioni. L’esperienza ha provato che questa cifra superava di gran lunga gli stimoli della legge e l’attività del paese, giacchè in sette anni, invece di spendere 21 milioni, se ne sono potuti spendere soli 8. Per cui aumentando anche di un dodicesimo il sussidio erariale, è difficile che si arrivi mai ad erogare tutta la somma annuale che la legge del 1868 aveva prescritta. Se vi si arriva, sarà un giorno beato per la viabilità italiana.

Però la questione più grossa non è forse quella del sussidio. Ai due terzi della spesa deve sempre provvedere il Comune. E come vi provvede? Quali sono le fonti, gl’istituti a cui rivolgersi per ottenere un’anticipazione di capitali così importante?

Abbiamo veduto quali trabalzi abbiano avuto in Sicilia gl’istituti di credito, e come siano oggi obbligati a trincerarsi cautamente nelle operazioni di sconto e nei prestiti a breve scadenza. Il credito mobiliare e il credito fondiario non hanno finora istituti importanti a loro servizio, e il capitale privato non osa ancora avventurarsi fuori delle usate vie, o, quel che è peggio, fuori dei nascondigli. I Comuni siciliani non hanno dunque che due casse pubbliche a cui rivolgersi: la Cassa dei depositi e prestiti e la Cassa di soccorso per le opere pubbliche in Sicilia; istituzioni che, quantunque amministrate da una sola autorità, secondo l’ordinamento provvisorio attuato col decreto 4 gennaio 1872, conservano però divise le attribuzioni e separato il bilancio.

Ora, la Cassa del depositi e prestiti ha bensì largito ai corpi morali della Sicilia una somma di lire 13,570,000 dall’anno 1863 in poi; ma di queste una tenuissima parte può dirsi avere avuto influenza sulle costruzioni della rete stradale; la più gran somma andò a beneficio delle grandi città o delle provincie: Palermo ebbe 4 milioni, Catania quasi 3 milioni, Siracusa 2,600,000, un milione e mezzo Girgenti, un milione Caltanissetta; denari consacrati ad opere grandiose certo ed utili, come piazze, teatri, palazzi provinciali, ma che assorbirono inopportunamente ogni fondo, a danno dei piccoli Comuni e della interna viabilità dell’Isola.

 

 




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