§ 5. — Mandre a spese
sapute, e pel frutto.
Più comuni però sono ora le mandre a
spese sapute, o pel frutto, le quali non possono applicarsi che alla
sola pastorizia. I ricchi proprietari di greggi volendo evitare le conseguenze
della trascuranza o della malafede dei soci prezzamari, e non volendo
dividere con loro i lauti guadagni del fitto di tenute intiere o dei soli
pascoli, — fitto di cui essi debbono sopportare i maggiori rischi, e per cui
debbono offrire tutte le garanzie, come soli possessori di capitali, —
preferiscono queste forme più ristrette di società, in cui il patrone o
interessato principale fornisce il pascolo agli altri soci, contro un pagamento
fisso o fida per ogni 100 capi di bestiame minuto, e talvolta s’incarica
pure di tutte le spese.
La lana, gli agnelli e i capretti restano
sempre esclusi dalla società e di spettanza di ogni socio; ma quanto al latte,
al cacio e alla ricotta, mentre nella mandra a spese sapute, vengono
divisi tra gl’interessati come s’è detto sopra, nella mandra pel frutto
restano di tutta proprietà del patrone, o socio amministratore. Nel
primo caso la fida pel pascolo e per tutte le spese è di circa 400 lire
per 100 capi minuti, o più o meno secondo i luoghi e i tempi; nel secondo di
lire 100 circa. Quest’ultima è la forma più comune di queste società, ed usata
generalmente dagli affittuari di grosse tenute per utilizzare i loro pascoli.
Dei salari dei pastori parleremo più giù nel discorrere degl’impiegati di una
grande azienda rurale.
Le dette forme di associazione, già lo
vedemmo, non si applicano che al solo bestiame minuto e alle cavalle, e non si
usano per le mandrie di vacche. Il barone Turrisi però ci dà notizia di
un’altra forma di mandra, che ha per obietto la sola fabbricazione del
cacio e delle ricotte, e che è, o era, in uso in Sicilia tra i piccoli
possessori di armenti, là dove vigono ancora i diritti civici di compascolo sui
beni comunali o exfeudali. È la mandra a latte reso, che ci ricorda le
associazioni svizzere, quelle di Reggio d’Emilia, e delle valli bergamasche,
per la fabbricazione del cacio. Questa mandra consiste nel patto tra i
soci di mutuare ogni giorno a turno tutto il latte a uno solo, al fine di
averne sempre riunita una quantità sufficiente per la conveniente manipolazione
del burro e del cacio. Non sapremmo dire se questa forma di associazione si
trovi ancora molto sparsa; ma dietro il continuo restringersi dei pascoli
comunali, la progressiva soppressione degli usi civici, e il nessun progresso
in Sicilia delle piccole proprietà, non crediamo che la mandra a latte reso
abbia per ora campo di estendersi.
La pastorizia ha sofferto molto in Sicilia
da un decennio in qua. Il tifo bovino fece specialmente strage negli anni 1866,
1867 e 1868, distruggendo più di due terzi degli armenti: la rogna, la scabbia
e il tifo hanno pure prodotto danni immensi nelle greggi di pecore e di capre.
Un inconveniente grave, che si verifica
in Sicilia per la pastorizia vagante, è quello cagionato dalle imposte comunali
sulle greggi o sulle mandrie; le quali imposte voglionsi dai municipii
riscuotere in ogni territorio, onde lo stesso animale vien tassato in più Comuni,
talvolta in cinque o sei di seguito. Di qui naturalmente liti e reclami senza
numero; e malgrado una decisione del Consiglio di Stato, che non ammette
l’applicazione delle tasse sugli animali senonchè pro rata della loro
permanenza nel territorio comunale, seguitano gli abusi e gli errori, le
tassazioni indebite, i reclami e i danni.
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