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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE PRIMA                       CONDIZIONI ATTUALI
      • Capitolo II.   ZONA INTERNA E MERIDIONALE
        • § 7. — I latifondi.
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Capitolo II.

 

ZONA INTERNA E MERIDIONALE

 

 

 

§ 7. — I latifondi.

Intendiamo ora descrivere a larghi tratti l’ordinamento delle aziende rurali di tutta l’immensa estensione, che occupa più di cinque sesti della prima delle due zone maggiori in cui abbiamo diviso la Sicilia; di tutte cioè quelle terre situate in montagna, in collina, nel fondo delle valli, o in pianura, che sono destinate alla coltura dei cereali avvicendata coi pascoli naturali.

Come già notammo, la coltura degli alberi fruttiferi e degli arbusti si restringe all’immediata vicinanza delle città; il resto è tutto campo nudo, e tutta la parte coltivabile è destinata alla granicoltura o alla pastorizia. La quasi totalità di queste terre è divisa in latifondi detti exfeudi, che corrispondono generalmente agli antichi feudi baronali, e sono in gran parte ancora in mano delle famiglie della nobiltà. Altri sono stati alienati per diverse cause, di divisione per successione, di vendita per debiti, di assegnazione ai creditori dietro la legge del 10 febbraio 1824, ecc., e si trovano in mano della ricca borghesia: però se hanno cambiato di mano, sono raramente stati divisi, e il latifondo è rimasto nella sua entità. E ciò si spiega facilmente, oltrechè per molte altre ragioni, anche per la grande mancanza dei fabbricati necessari per un aumento del numero delle aziende rurali. Son frequenti i feudi di 1000 e di 2000 ettari, e ve ne sono di 6000 ettari e più; la maggior parte conta dai 500 al 1000 ettari.

Ogni feudo ha un casamento che è il centro dell’azienda rurale. Queste fabbriche sono per lo più in uno stato deplorevole, e quasi tutte poi mancano di stalle per gli animali bovini, e di convenienti abitazioni per gl’impiegati, specialmente per quelli inferiori, che dormono a molti in una stanza, sopra rozzi giacigli di paglia e di cenci. Si contano sulle dita i proprietari che abbiano fatto in Sicilia qualche spesa per ridurre convenientemente questi casamenti rurali, lo stato dei quali ha pure tanta importanza per la coltura dei terreni, e per la condizione di una non infima parte della popolazione rurale.

 

Affitti dei latifondi.

In tutta la Sicilia gli exfeudi — e per feudo o exfeudo s’intende ora qualunque latifondo con coltura a cereali e pascolo, — sono, come regola, dati dai proprietari a fitto a degl’industriali capitalisti, per un termine di anni che varia secondo le provincie e i luoghi, dai tre ai sei, e qualche rara volta tocca i nove anni. Dare una proprietà a fitto in denaro si dice in Sicilia darla a gabella, e gabellotto si chiama l’affittuario; nel Catanese arbitriante. Il fitto dei feudi in tutta la Sicilia si fa generalmente contro un canone in denaro. Però nel Siracusano, più comunemente per i fondi medii e piccoli, e talvolta anche per i feudi, il canone è pagato parte in denaro e parte in generi, oppure anche tutto in generi. Quest’ultimo caso però non si applica che ai fondi minori.

Un gabellotto prende talvolta in affitto parecchi latifondi, per subaffittarli poi ad altri, e in alcuni luoghi dell’interno si trovano così anche due e fino a tre subaffitti. La riunione di parecchi feudi in un solo fitto si chiama nel Caltanissettese uno Stato.

Questo sistema però di subaffitti va fortunatamente diminuendo, e si usa piuttosto dai proprietari di affittare i loro feudi direttamente a chi ne intraprende la coltivazione. Moltissimi però sono i gabellotti che conducono direttamente due o tre latifondi, situati ad altezze diverse, e ciò specialmente per il comodo della pastorizia vagante. Se non hanno capitali da far ciò, prendono a fitto per una parte dell’anno il solo pascolo di qualche altra tenuta in montagna o in marina, per mandarci gli armenti e le greggi nell’estate o nell’inverno. Qua e troviamo qualche proprietario che conduce da il suo latifondo, e per di più prende a gabella qualche altra proprietà: in alcuni luoghi come a Corleone, alle Petralìe, a Caltagirone, la conduzione diretta per parte del proprietario, si trova abbastanza comune; ma però può considerarsi sempre in Sicilia come l’eccezione per quanto riguarda i latifondi di terreni seminativi, e come eccezione non abbastanza frequente per alterare in nulla le condizioni generali della proprietà, quelle dei contratti agricoli o della popolazione rurale.

Se vi è per caso qualche oliveto presso il centro del feudo, esso viene, come regola generale, escluso dal fitto, e tenuto dal proprietario a economia, cioè per conto proprio. Se però non si tratta di veri oliveti, ma di poche piante di olivi, vanno per lo più compresi nel fitto generale del feudo. I vigneti che si trovino presso i caseggiati dei feudi vanno più spesso compresi nell’affitto complessivo; ma non sempre.

L’anno agrario in Sicilia per tutta la terra a granicoltura corre dal settembre al 31 agosto, e l’immissione in possesso del nuovo affittuario, comincia difatti col settembre. Siccome però è uso generale che l’affittuario che parte debba lasciare per l’ultimo anno o per 18 mesi prima della scadenza, un terzo del fondo a completo riposo, il nuovo gabellotto può, secondo le due varietà di patti, sia nel maggio, sia nel gennaio, che precede l’epoca in cui comincia il suo fitto, entrare a lavorare (novalizzare) quella terza parte del fondo, onde prepararla per la sementa del grano a novembre. In generale il fondo vien consegnato al gabellotto colla sola colonna di terzerìa, ossia soltanto col terzo del terreno riposato. Però alcune volte vi si aggiunse come colonna, cioè come capitale d’esercizio, anche la paglia dell’anno precedente, che il gabellotto deve poi lasciare nel fondo in eguale quantità alla scadenza del fitto. In alcuni rari casi troviamo pure la colonna a borgenzatico completa, e il proprietario consegna al gabellotto tutto quanto il capitale d’esercizio, ossia buoi, pecore, paglia, grano per il vitto degl’impiegati per un anno e per la sementa. Probabilmente in origine era questo l’uso più generale, e fu in questo modo che in antico e sotto i nobili feudatari potè formarsi e crescere la classe dei gabellotti capitalisti, alla cui energia, attività e intelligenza deve pur tanto l’agricoltura Siciliana, malgrado tutte le sue deficenze.

 

 




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