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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE PRIMA                       CONDIZIONI ATTUALI
      • Capitolo II.   ZONA INTERNA E MERIDIONALE
        • § 23. — I giornalieri.
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§ 23. — I giornalieri.

I giornalieri o braccianti costituiscono la classe la più numerosa dei contadini siciliani. Anche il terratichiere o il metatiere diventa bracciante e loca la sua giornata quando non ha lavoro nel suo campo.

La mattina prima dell’alba, si vede riunita in una piazza di ogni città, una folla di uomini e di ragazzi, ciascuno munito di una zappa: è quello il mercato del lavoro, e son quelli tutti lavoranti, che aspettano chi venga a locare le loro braccia per la giornata o per la settimana. Se piove o se la stagione è minacciosa, la giornata è perduta, e ciò anche se più tardi il cielo si rasserena; il che dipende specialmente dalle grandi distanze che debbono per lo più percorrere per recarsi al luogo del lavoro. Quelli che vengono impiegati per la sola giornata tornano la sera a casa; se invece l’impegno è per la settimana e la distanza è grande, dormono sia nei cortili dei feudi, sia in mezzo ai campi, sotto capannucce provvisorie di paglia o di frasche, o sotto la vôlta del cielo.

 

Salari.

I salari variano molto secondo i luoghi, le stagioni e il genere dei lavori. Vi sono diversità da luogo a luogo, che difficilmente si saprebbero spiegare. Le comunicazioni rese più facili negli ultimi anni, tendono a diminuire in qualche grado queste diversità e ad eguagliare dovunque il livello dei salari; ma questo movimento non è ancora più che incipiente. Come media generale crediamo si possa ritenere che il salario di un uomo in tutta la zona di cui parliamo sia, tutto compreso, di 3 tarì (L. 1.27); oscillando però secondo i luoghi tra L. 1 e 1.70; ma queste cifre potranno soltanto fornire una qualche idea generica al lettore, e a tali medie generali non si può annettere alcun valore scientifico. In tempo di mèsse il salario è naturalmente molto più elevato, e si tiene in media tra le L. 2.50 e le L. 3.50, andando però talvolta fino alle 5 lire, e anche superandole.

Raramente in Sicilia si paga tutto quanto il salario in denaro: si ordinariamente 1 tarì (L. 0.42), 1 1/2 tarì o 2 tarì in denaro, e il resto in pane, companatico (olive, mezzo arancio, ecc.) e vino; oppure denari, companatico e vino; o soltanto denari e vino. Il vino si calcola in una quantità giornaliera di 1 1/2 quartucci240 a 2 quartucci. In alcuni luoghi si come vitto una minestra di fave o di legumi. Per i giornalieri che si fissano a settimana si usa in più luoghi di anticipar loro una mezza settimana di salario.

 

Migrazioni di lavoranti.

Per la raccolta del grano vi sono nel giugno migrazioni regolari di lavoranti dai monti ai piano e viceversa, secondo l’epoca varia di maturanza della mèsse alle diverse altezze: così ottengono di prolungare il tempo degli alti guadagni, e vien supplito in parte a quel gran difetto della coltura dei cereali, di richiedere cioè un numero grandissimo di braccia durante pochi giorni dell’anno, senza fornir loro un lavoro sufficiente in tutte le altre stagioni.

La maggior risorsa per i braccianti è la coltura dei vigneti, nella quale trovano lavoro per una buona parte dell’anno, nelle diverse zappature, nella potatura, nella vendemmia, ecc. Molti giornalieri prendono pure a coltivare qualche campo a fave per un anno coi patti che sopra abbiamo descritti241. Contuttociò manca spesso il lavoro in tutta la zona interna e meridionale dell’Isola, e in tempo d’inverno la classe dei giornatari si trova di frequente sottoposta a durissime privazioni. Tra le feste, i giorni di cattivo tempo, ecc., si può calcolare in media che il giornataro resti da 100 a 120 giorni dell’anno senza lavoro.

Nei momenti difficili egli deve ricorrere agli usurai, ma ha poco o nulla da offrire come garanzia, e paga un’usura rovinosa, che può variare dal 25 al 50%, e va spesso a molto di più. Se è personalmente conosciuto da qualche proprietario o gabellotto, che lo impieghi regolarmente di preferenza, e lo riconosca quasi come cliente o aderente, otterrà più facilmente qualche mutuo di grano o d’altro a condizioni uguali a quelle che si fanno ai metatieri, e per la restituzione gli verrà regolarmente defalcato un tanto sopra ogni giornata di lavoro che presterà nel corso dell’anno.

In alcuni luoghi (Randazzo, Isnello, ecc.), i proprietari o gabellotti per essere meglio sicuri di non mancare mai di lavoranti, contraggono con questi dei patti, che durano uno o più mesi, o anche tutto l’anno, e per i quali il bracciante si obbliga a lavorare di preferenza per quel determinato padrone entro il mese o entro l’anno, ogni volta che ne venga richiesto, e ciò sia ad un prezzo determinato, sia talvolta al prezzo di piazza. Quando non venga richiesto da quel padrone può lavorare per proprio conto o per altri. Questi lavoranti così impegnati si dicono nel Catanese mesaruoli o annaruoli, secondo il tempo dell’impegno. Ricevono al momento del contratto una caparra, di cui il padrone si rimborsa via via sui salari nel corso del mese o dell’anno. A Randazzo un annaruolo riceverà di caparra 5 onze (L. 63.75).

 

Ribassi nella primavera del 1876.

Nella primavera di quest’anno (1876) i salari subirono un forte ribasso in una buona metà della Sicilia, e specialmente lungo tutta la parte occidentale, quella interna e quella meridionale dell’Isola. Le cause sono forse molteplici: — I grandi ribassi nei prezzi del vino, che hanno portato dietro di la diminuzione dei lavori nelle vigne: — La crise commerciale e industriale che ha afflitto la Sicilia nell’inverno 187576, crise che travagliò specialmente l’industria mineraria e privò di lavoro tanti operai delle zolfare: — Il forte aumento delle gabelle dei fondi negli ultimi anni, mentre d’altra parte i capitali vanno scarseggiando, perchè molti gabellotti e proprietari si son fatti acquirenti di beni demaniali o ecclesiastici, senza aver denari sufficienti per sborsare tutto il prezzo, e fidandosi sui successivi raccolti per pagarne le rate: — La stessa bella stagione che durò per tutto l’inverno, la quale ha permesso che si continuasse sempre a lavorare nei campi; onde non essendovi nuovi impieghi vistosi di capitale, il lavoro è venuto presto a scarseggiare, e le braccia abbondano: sicchè i lavoranti hanno guadagnato circa lo stesso, ma lavorando di più: — I timori che la troppa siccità, e la bella stagione troppo prolungata avevano fatti concepire per le raccolte dell’estate, onde nessuno voleva impegnare i propri capitali in nuovi lavori.

Il fatto è che in alcuni luoghi, nei mesi di marzo e d’aprile, i braccianti chiedevano lavoro contro un salario perfino di L. 0.60 in tutto (ad Alcamo e Sciacca) o di L. 0.85 (a Ribera, Chiaramonte, Marsala).

Il bracciante non possiede quasi mai un mulo. e raramente un asinello che lo porti mattina e sera le lunghe miglia che deve percorrere per andare e tornare dal lavoro. La sua grande aspirazione è di arrivare a possedere un mulo, perchè con questo potrà ottenere qualche campicello a metaterìa o a terratico. Per raggiungere questo ideale, egli fa i maggiori sforzi di lavoro e di risparmio. Se non può giungere a mettere insieme il prezzo di un qualche mulo vecchio e piagato, cercherà, quando sia possessore di una casupola, di acquistarlo a credito, pigliando al doppio del valore un animale quasi inservibile, da pagarsi l’anno dopo in tutto o in parte sul prezzo delle raccolte sperate: e per ottenere ciò impegnerà la casupola, l’unica sua proprietà.

 

 




240 Un quartuccio = litri 0.86.



241 Vedi sopra, § 10.






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