§ 25. — Metatieri e
terraggieri.
Abbiamo detto come mèta dell’ambizione del
giornaliero in Sicilia sia comunemente quella di diventare metatiere o
terratichiere. Esaminiamo ora la condizione di questi, per vedere come e di
quanto sia superiore a quella del bracciante.
Il metatiere e il terratichiere vivono
normalmente una gran parte dell’anno di soccorsi, ossia di anticipazioni
che presta loro il padrone, e di mutui che prendono dagli usurai delle città.
La quantità dei soccorsi che dà loro il gabellotto è calcolata soltanto su quel
che è necessario per mantenerli durante il tempo in cui lavorano sul campo loro
affidato; quando là non vi sia da lavorare, il borgese diventa un semplice
bracciante e cerca d’impiegare dovunque le sue giornate. Se possiede un mulo
avrà la risorsa di poter fare qualche vettura, ossia qualche trasporto a
schiena d’animale, di merci o di passeggeri da un luogo a un altro.
I soccorsi.
Diciamo dei soccorsi. In molti luoghi vi è
una consuetudine che impone quasi al padrone di prestare una certa quantità di
fave o di grano come soccorso al contadino, secondo la estensione della
terra concessa. Questa consuetudine consiste ordinariamente nell’anticipazione
di una salma di frumento (ettol. 2.75) per ogni salma di terra (ettari 1.746).
Non è però cosa generale, e anche dove il fatto duri tuttora, si scorge una
tendenza nei gabellotti, e specialmente in quelli di montagna, dove più incerte
sono le raccolte, a cercar di esimersi da quell’obbligo. Del resto non
essendovi nulla che costringa il gabellotto a dare questa anticipazione a un
frutto piuttosto che a un altro, ed avendo egli inoltre l’interesse di render
possibile al metatiere la continuazione del suo lavoro fino alla consegna del
prodotto nell’aia, non potrà mai sparire l’uso dei soccorsi, ossia delle
anticipazioni fatte al metatiere per il suo mantenimento, contro rimborso sulla
raccolta finale, rimborso per il quale il mutuante ha il privilegio accordato dall’art.
1958 del Codice civile, oltre quello sanzionato dal decreto del prodittatore
Mordini del 18 ottobre 1860.
Questi soccorsi padronali vengono da per tutto
dati col patto della restituzione al raccolto, di 20 tumoli per ogni salma
prestata (1 salma = 16 tumoli), ossia del 25% per 6 a 7 mesi. Alcuni pochi
proprietari o gabellotti più umani, si contentano dell’addito di 2
tumoli per salma, e questo è considerato anche dai contadini stessi come un
frutto equo e legale.
Quando il mutuo vien fatto in denaro, il che non
accade che ben raramente, il frutto formalmente pattuito è molto minore, e non
supera ordinariamente il 10 a 12%, ma siccome il rimborso viene poi eseguito
mediante una valutazione arbitraria fatta dallo stesso creditore, del prezzo
del genere che egli si ripiglia al momento del raccolto, di fatto viene a
prendersi una usura più forte; oltrechè il frutto del 10 o 12% viene spesso
preso sui sei o sette mesi che corrono dal momento del mutuo a quello del
rimborso, il che costituisce un interesse annuo di quasi il doppio.
Nei soccorsi ordinari poi che vengono dati in
grano, il mutuante guadagna sulla differenza di qualità tra il genere che dà,
che è tutto quanto c’è di più scadente, e non altro che solame, ossia
spazzatura dell’aia, e quello che riceve, che è quanto egli si ripiglia di
grano di buona qualità sulla parte colonica, alla divisione sull’aia.
Del resto ci basti per ora l’osservare che come
cosa di fatto in Sicilia il metatiere e in gran parte anche il terratichiere
vivono di soccorsi per parecchi mesi dell’anno, e specialmente nel tempo in cui
lavorano sui loro paraspoli o poderi. Quando il gabellotto non voglia o
non possa prestare tali soccorsi, il contadino deve necessariamente ricorrere
agli usurai, e non è dato calcolare fino a che punto giungano la spogliazione e
i soprusi, che egli deve allora subire.
Vi sono dei centri di usura dove un gran numero
di fortune cospicue si sono fatte con questa sola industria.
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