§ 29. — Censuari.
In parecchi luoghi un certo numero di contadini,
borgesi o giornalieri, possiede, come già abbiamo veduto, un piccolo
appezzamento di terra a censo, e in questo caso la condizione di quella gente è
subito migliore, perchè su quell’appezzamento il lavorante ha modo di
utilizzare non solo i giorni in cui manca d’impiego, ma anche le mezze giornate
o i ritagli di tempo di cui possa disporre. I piccoli censi posseduti dai
contadini sono quasi sempre coltivati con gran cura: il lavoro assiduo
supplisce alla mancanza di capitale. Questi censi sono alcune volte resti delle
quotizzazioni dei terreni comunali ordinate sotto il Borbone, e di cui alcune
sono state eseguite anche dopo il 1860; più spesso invece sono antiche
enfiteusi di terre baronali, che col tempo si sono sempre più suddivise e
sminuzzate. Le quotizzazioni comunali non hanno in generale prodotto altro
effetto che quello di far passare, con vendite e locazioni simulate, i beni
comunali in mano dei proprietari agiati, non procurando alle classi povere che
l’effimero vantaggio di un regalo immediato di poche lire, contro la
prospettiva futura di un aumento di tasse per le diminuite entrate municipali;
giacchè ogni somma retratta dalle vendite o dalle affrancazioni va ben presto a
sparire nel gran baratro dei disavanzi, o va spesa in opere di lusso e a
benefizio esclusivo della classe agiata.
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