§ 40. — Circondario di
Patti.
Riprendiamo intanto il nostro cammino lungo la
marina. Questa volta la tappa sarà più lunga, e per non stancare troppo il
lettore con particolari di un’importanza secondaria, ci trasporteremo d’un
salto fino nel tranquillo circondario di Patti.
Qui la produzione alberata, lungo tutta la zona
media e inferiore della marina, è ricca e varia. Si comincia a vedere una certa
quantità di gelsi, ma la coltura legnosa principale è quella degli oliveti, e
dopo questa per ordine d’importanza vengono quelle degli agrumi e della vigna.
Su tutta la costa verso Oriente troviamo i prati artificiali dell’erba sulla,
che generalmente si alternano col grano con avvicendamento biennale, — e
raramente quadriennale col grano, le fave, e l’orzo o l’avena. La sulla
vien seminata quasi contemporaneamente col grano: quando questo poi si
raccoglie rimane il prato della sulla, che non si rompe prima di un
altro anno.
Metatieri salariati.
Con nostra sorpresa vediamo qui ricomparire i metatieri,
e questa volta per le colture alberate; ma questo nome di metatiere non
può attribuirsi ad altro, nel circondario di Patti, come nella piana di
Milazzo, che a reminiscenze storiche, giacchè nella metaterìa di Patti
non vi è alcun elemento di partecipazione del contadino al prodotto. Questo
contratto di metaterìa che si usa soltanto per i terreni alberati, è il
seguente:
Il proprietario, e in generale senza
intermediario di gabellotto, dà al contadino la casa e la legna gratis, e per
di più un piccolo orto contro alcuni regali di prodotti del medesimo. Il
contadino sorveglia in genere la proprietà, e si obbliga a lavorare in tutto il
corso dell’anno pel padrone, ogni volta che venga da lui richiesto, e per un
salario costante di 2 tarì (L. 0.85) al giorno, più un quartuccio (8 1/2
decilitri) di vino e altrettanto di vinello. Nei giorni in cui non sia impiegato
dal padrone, questi non gli deve nulla ed egli può lavorare per altri. Il
padrone gli permette di coltivare per proprio conto le fave, in mezzo ai filari
delle viti: la lavorazione del terreno è fatta dal padrone, ma il contadino
mette il concime e paga alla raccolta 10 tarì (L. 4.25) per ogni migliaio di
viti tra cui ha seminato le fave. Se in mezzo al terreno alberato vi è un pezzo
di terreno nudo, il metatiere lo prende a terratico, come pure a
terratico vengono concessi in generale ai contadini tutti i campi non alberati,
per l’anno o gli anni della coltivazione a cereali o a baccelline.
Sopra una trentina di ettari di terreno alberato
si troverà una sola famiglia di metatieri. In ogni proprietà un po’ estesa vi è
inoltre un campiere, che per conto del padrone sorveglia i metatieri e le ciurme,
ossia le brigate dei giornalieri. Il metatiere vien impiegato dal padrone per
circa un cento giorni nell’anno. Alla donna del metatiere si paga circa L. 0.60
per giornata di lavoro, e ad un ragazzo da L. 0.20 a L. 0.40.
Del resto tutte le colture legnose vengono
condotte a economia e coll’opera dei giornalieri, che sono la classe di
molto la più numerosa. I fitti sono rari e non si fanno senonchè per una
proprietà tutta intiera. Soltanto per gli agrumeti giovani e che ancora non
dànno frutto, si usa concederli a baliaggio, ossia affittarli per uso
d’ortaggio contro canone in denaro per sei a otto anni. Per le vigne alcuni
singoli proprietari hanno introdotto la partecipazione del colono, che riceve
secondo i casi, 1/3, 2/3 o anche metà del prodotto; ma queste mezzadrìe sono
rare. Quanto agli olivi si concede talvolta al contadino la raccolta dei coccioni,
ossia delle poche olive che restano sui rami dopo la battitura, rilasciandogli
una metà dell’olio che se ne estrae.
Gelsi.
I gelsi sono coltivati per conto esclusivo del
proprietario, il quale ne vende la foglia, se non vuol fare i bachi da seta. Se
invece ne fa, ed ha bigattiera grande, ma il caso è raro, fa far tutto per
conto suo, per mezzo di salariati. Se invece non ha bigattiera, dà ai contadini
il seme, la foglia, i castelli; il contadino mette tutte le spese di
allevamento, come sarebbero la raccolta delle foglie, il fuoco, ecc.; e il
prodotto bozzoli va per un terzo a lui e due terzi al proprietario. Alcuni
pochi dividono il prodotto a metà. Ad una famiglia di contadini si affidano due
o tre once di seme, e con queste riesce a guadagnare da 80 a 100 lire, ma dando
perciò naturalmente le giornate occorrenti. La speculazione dei bachi si fa
soltanto da quei proprietari che possiedono gelsi.
I campi tenuti a prato artificiale si affittano
annualmente contro canone in denaro.
Allevamento di animali.
Qui cominciamo a entrare nella zona
dell’allevamento di bestiame bovino, affidato ai coloni. A Patti ancora gli
esempi sono pochi, ma troviamo l’uso di questi allevamenti per ingrasso
diventar sempre più generale, via via che procediamo nella direzione del Faro.
Il padrone compra il vitello di sei o sette mesi; il metatiere lo mantiene con
foraggi propri, pagando con annuo fitto in denaro la terra che produce il
foraggio. Alla rivendita dell’animale ingrassato, ogni profitto o perdita sul
primo prezzo di compra va in conto metà, e così pure l’eventuale morte
dell’animale: in quest’ultimo caso però il padrone si rimborsa della metà che
spetta al colono, soltanto coi guadagni che si faranno sopra i nuovi animali
che gli affiderà. Questi allevamenti per ingrasso non si usano in quel di Patti
che sulle terre dove si possa fare il prato. La stalla dei contadini è una
stalla aperta e formata da una piccola tettoia, che appoggia da un lato alla
casa, e riposa dall’altro su due pilastrini di mattoni. Chi non ha stalla, lega
il vitello sotto un albero.
Il salario dei giornalieri nella marina da Santo Stefano
a Patti, varia in media da L. 1.10 a L. 1.40. A Patti oscilla tra L. 0.85 e L.
1.10, più quasi 1 litro di vino, e mezzo di vinello. Per la mèsse si pagano 4
tarì (L. 1.70); per la vendemmia i salari non crescono.
La proprietà è poco divisa in alcuni Comuni;
assai in altri. A Gioiosa, a Montagna, molti giornalieri possiedono oltre la
casa, anche un piccolo appezzamento di terreno a censo; a Patti non posseggono
nulla e debbono prendere la casa in affitto. Presso Patti troviamo pure qualche
casa da metatieri in mezzo ai terreni alberati.
Le case dei contadini non sono generalmente
migliori di quelle che abbiamo vedute altrove; in tutto, una stanza terrena e
sotto i tegoli. Durante l’estate, qui come in gran parte della Sicilia, i
contadini dormono fuori.
Vi è malaria soltanto in vicinanza dei corsi di
acqua, e specialmente a causa della macerazione che vi si fa del lino dai
contadini.
Il giornataro o giornaliero, sta in via
generale peggio del metatiere. Questi riceve alcuni soccorsi dal padrone e
anche, nominalmente, senza frutto quando sono dati in denaro. Per le
anticipazioni però della semenza al terratichiere, il padrone riprende sul
raccolto 5 tumoli per ogni 4 dati. I giornalieri sono indebitati e oppressi
dall’usura; e la popolazione è piuttosto esuberante. Nel giugno emigrano da
tutta questa costa per andare a far la mèsse nella piana di Catania; e
nell’autunno dopo finita qua la vendemmia, tornano nel Catanese, per impiegarsi
là pure nella vendemmia sulle colline, che vi si fa generalmente un po’ più
tardi, e per i lavori di preparazione della terra nella Piana.
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