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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE PRIMA                       CONDIZIONI ATTUALI
      • Capitolo III.   ZONA ALBERATA — DA MAZZARA A CATANIA
        • § 40. — Circondario di Patti.
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§ 40. — Circondario di Patti.

Riprendiamo intanto il nostro cammino lungo la marina. Questa volta la tappa sarà più lunga, e per non stancare troppo il lettore con particolari di un’importanza secondaria, ci trasporteremo d’un salto fino nel tranquillo circondario di Patti.

Qui la produzione alberata, lungo tutta la zona media e inferiore della marina, è ricca e varia. Si comincia a vedere una certa quantità di gelsi, ma la coltura legnosa principale è quella degli oliveti, e dopo questa per ordine d’importanza vengono quelle degli agrumi e della vigna. Su tutta la costa verso Oriente troviamo i prati artificiali dell’erba sulla, che generalmente si alternano col grano con avvicendamento biennale, — e raramente quadriennale col grano, le fave, e l’orzo o l’avena. La sulla vien seminata quasi contemporaneamente col grano: quando questo poi si raccoglie rimane il prato della sulla, che non si rompe prima di un altro anno.

 

Metatieri salariati.

Con nostra sorpresa vediamo qui ricomparire i metatieri, e questa volta per le colture alberate; ma questo nome di metatiere non può attribuirsi ad altro, nel circondario di Patti, come nella piana di Milazzo, che a reminiscenze storiche, giacchè nella metaterìa di Patti non vi è alcun elemento di partecipazione del contadino al prodotto. Questo contratto di metaterìa che si usa soltanto per i terreni alberati, è il seguente:

Il proprietario, e in generale senza intermediario di gabellotto, al contadino la casa e la legna gratis, e per di più un piccolo orto contro alcuni regali di prodotti del medesimo. Il contadino sorveglia in genere la proprietà, e si obbliga a lavorare in tutto il corso dell’anno pel padrone, ogni volta che venga da lui richiesto, e per un salario costante di 2 tarì (L. 0.85) al giorno, più un quartuccio (8 1/2 decilitri) di vino e altrettanto di vinello. Nei giorni in cui non sia impiegato dal padrone, questi non gli deve nulla ed egli può lavorare per altri. Il padrone gli permette di coltivare per proprio conto le fave, in mezzo ai filari delle viti: la lavorazione del terreno è fatta dal padrone, ma il contadino mette il concime e paga alla raccolta 10 tarì (L. 4.25) per ogni migliaio di viti tra cui ha seminato le fave. Se in mezzo al terreno alberato vi è un pezzo di terreno nudo, il metatiere lo prende a terratico, come pure a terratico vengono concessi in generale ai contadini tutti i campi non alberati, per l’anno o gli anni della coltivazione a cereali o a baccelline.

Sopra una trentina di ettari di terreno alberato si troverà una sola famiglia di metatieri. In ogni proprietà un po’ estesa vi è inoltre un campiere, che per conto del padrone sorveglia i metatieri e le ciurme, ossia le brigate dei giornalieri. Il metatiere vien impiegato dal padrone per circa un cento giorni nell’anno. Alla donna del metatiere si paga circa L. 0.60 per giornata di lavoro, e ad un ragazzo da L. 0.20 a L. 0.40.

Del resto tutte le colture legnose vengono condotte a economia e coll’opera dei giornalieri, che sono la classe di molto la più numerosa. I fitti sono rari e non si fanno senonchè per una proprietà tutta intiera. Soltanto per gli agrumeti giovani e che ancora non dànno frutto, si usa concederli a baliaggio, ossia affittarli per uso d’ortaggio contro canone in denaro per sei a otto anni. Per le vigne alcuni singoli proprietari hanno introdotto la partecipazione del colono, che riceve secondo i casi, 1/3, 2/3 o anche metà del prodotto; ma queste mezzadrìe sono rare. Quanto agli olivi si concede talvolta al contadino la raccolta dei coccioni, ossia delle poche olive che restano sui rami dopo la battitura, rilasciandogli una metà dell’olio che se ne estrae.

 

Gelsi.

I gelsi sono coltivati per conto esclusivo del proprietario, il quale ne vende la foglia, se non vuol fare i bachi da seta. Se invece ne fa, ed ha bigattiera grande, ma il caso è raro, fa far tutto per conto suo, per mezzo di salariati. Se invece non ha bigattiera, ai contadini il seme, la foglia, i castelli; il contadino mette tutte le spese di allevamento, come sarebbero la raccolta delle foglie, il fuoco, ecc.; e il prodotto bozzoli va per un terzo a lui e due terzi al proprietario. Alcuni pochi dividono il prodotto a metà. Ad una famiglia di contadini si affidano due o tre once di seme, e con queste riesce a guadagnare da 80 a 100 lire, ma dando perciò naturalmente le giornate occorrenti. La speculazione dei bachi si fa soltanto da quei proprietari che possiedono gelsi.

I campi tenuti a prato artificiale si affittano annualmente contro canone in denaro.

 

Allevamento di animali.

Qui cominciamo a entrare nella zona dell’allevamento di bestiame bovino, affidato ai coloni. A Patti ancora gli esempi sono pochi, ma troviamo l’uso di questi allevamenti per ingrasso diventar sempre più generale, via via che procediamo nella direzione del Faro. Il padrone compra il vitello di sei o sette mesi; il metatiere lo mantiene con foraggi propri, pagando con annuo fitto in denaro la terra che produce il foraggio. Alla rivendita dell’animale ingrassato, ogni profitto o perdita sul primo prezzo di compra va in conto metà, e così pure l’eventuale morte dell’animale: in quest’ultimo caso però il padrone si rimborsa della metà che spetta al colono, soltanto coi guadagni che si faranno sopra i nuovi animali che gli affiderà. Questi allevamenti per ingrasso non si usano in quel di Patti che sulle terre dove si possa fare il prato. La stalla dei contadini è una stalla aperta e formata da una piccola tettoia, che appoggia da un lato alla casa, e riposa dall’altro su due pilastrini di mattoni. Chi non ha stalla, lega il vitello sotto un albero.

Il salario dei giornalieri nella marina da Santo Stefano a Patti, varia in media da L. 1.10 a L. 1.40. A Patti oscilla tra L. 0.85 e L. 1.10, più quasi 1 litro di vino, e mezzo di vinello. Per la mèsse si pagano 4 tarì (L. 1.70); per la vendemmia i salari non crescono.

La proprietà è poco divisa in alcuni Comuni; assai in altri. A Gioiosa, a Montagna, molti giornalieri possiedono oltre la casa, anche un piccolo appezzamento di terreno a censo; a Patti non posseggono nulla e debbono prendere la casa in affitto. Presso Patti troviamo pure qualche casa da metatieri in mezzo ai terreni alberati.

Le case dei contadini non sono generalmente migliori di quelle che abbiamo vedute altrove; in tutto, una stanza terrena e sotto i tegoli. Durante l’estate, qui come in gran parte della Sicilia, i contadini dormono fuori.

Vi è malaria soltanto in vicinanza dei corsi di acqua, e specialmente a causa della macerazione che vi si fa del lino dai contadini.

Il giornataro o giornaliero, sta in via generale peggio del metatiere. Questi riceve alcuni soccorsi dal padrone e anche, nominalmente, senza frutto quando sono dati in denaro. Per le anticipazioni però della semenza al terratichiere, il padrone riprende sul raccolto 5 tumoli per ogni 4 dati. I giornalieri sono indebitati e oppressi dall’usura; e la popolazione è piuttosto esuberante. Nel giugno emigrano da tutta questa costa per andare a far la mèsse nella piana di Catania; e nell’autunno dopo finita qua la vendemmia, tornano nel Catanese, per impiegarsi pure nella vendemmia sulle colline, che vi si fa generalmente un po’ più tardi, e per i lavori di preparazione della terra nella Piana.

 

 




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