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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE PRIMA                       CONDIZIONI ATTUALI
      • Capitolo III.   ZONA ALBERATA — DA MAZZARA A CATANIA
        • § 45. — Colonie perpetue.
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§ 45. — Colonie perpetue.

Ci resta ora a parlare di una forma particolare di censo a mezzadrìa, conosciuta sotto il nome di colonìa perpetua, che una volta era molto generale nella provincia di Messina, specialmente nei beni ecclesiastici, e di cui si trovano tuttora moltissimi esempi nelle proprietà dei privati sulla costa orientale da Messina a Giardini.

I monasteri e le chiese, e anche molti baroni, usavano in passato concedere in perpetuo ai villani le terre incolte divise in tanti appezzamenti, col patto che pagassero anno per anno un canone proporzionale ai prodotti di qualunque natura, che fossero per ricavare da quella terra: la quota da pagare era quasi sempre della metà dei raccolti, alcune volte del terzo per alcuni determinati prodotti. Queste colonìe perpetue sono insomma veri censi perpetui a canone in natura, variabile e proporzionale all’annuo prodotto; e sono quindi regolate dalle leggi relative all’enfiteusi, così per la devoluzione al proprietario in caso di non eseguito pagamento del canone per il corso di due anni, come pel diritto all’inamovibilità del colono. Questi coloni perpetui trovandosi quasi nella condizione di proprietari, migliorarono di molto i loro poderi, piantandovi olivi, viti, ecc.

Dopo la legge del 1862 di censimento dei beni ecclesiastici, e quella generale sulle affrancazioni del 24 gennaio 1864, quei canoni variabili in natura si poterono oltrechè affrancare, anche trasformare in canoni fissi in denaro, da stabilirsi dietro domanda del colono e per mezzo di perito, sulle raccolte di un decennio, o sul fitto del decennio quando fitto vi fosse stato; e di un ventennio dopo la legge del 28 luglio 1867. Queste conversioni si facevano per le colonìe perpetue nei beni ecclesiastici, dalle Commissioni circondariali enfiteutiche stabilite col regolamento del 26 marzo 1863, per l’applicazione della legge di censimento del 10 agosto 1862.

Quasi tutte le colonìe perpetue sui beni già ecclesiastici sono ora sparite, sia su vari latifondi per effetto della conversione chiesta dai coloni, sia per alienazione fatta dal Demanio del dominio diretto. Il Corleo, soprintendente delle Commissioni enfiteutiche della Sicilia249, ci assicura che per parte della Soprintendenza tutto si fece, perchè i coloni perpetui non fossero defraudati nei loro diritti; e lo crediamo facilmente, ma sembra però, che, sia per errore o per altro, molti di questi dominii diretti siano stati venduti, e talvolta, per connivenza dei periti coi compratori, a prezzi bassissimi ed inferiori al giusto. Parecchi poi di questi acquirenti del dominio diretto hanno ottenuto dai coloni la cessione del loro diritto livellare, contro pagamento di una tenuissima somma, ingannandoli colla lusinga che sarebbero rimasti egualmente sul podere, e cogli stessi patti di divisione, come coloni amovibili o mezzadri. Altri proprietari, a quanto sembra, hanno acquistato nello stesso modo dai coloni perpetui il loro diritto livellare, e quindi l’hanno convertito in canone fisso, affrancandolo o no; e così sono rimasti a buon patto, proprietari dei poderi.

A ogni modo restano ancora moltissime di tali colonìe perpetue sopra beni di particolari. Quasi tutti i terreni a colonìa perpetua sono stati beneficati a tutta spesa dei coloni, e moltissimi contengono pure la casetta stata costruita dagli stessi coloni. Disgraziatamente tutte queste colonìe sono di piccoli appezzamenti di terra, che giungono raramente fino a un ettaro, e non bastano a dar lavoro e sostentamento ad una famiglia.

 

 




249 Vedi: Simone Corleo, Storia della Enfiteusi dei Terreni Ecclesiastici di Sicilia. Palermo, 1871, pag. 157.






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