§ 48. — Contratti a
migliorìa.
La specialità però di questa regione, e quella
che ci ha specialmente indotto a fermarcisi, sono i così detti contratti a
migliorìa, i quali si usano tanto per la formazione di nuovi agrumeti, come
per la piantagione e anche per l’intiera coltura delle vigne. Diciamo dell’una
e dell’altra forma.
Si distinguono i contratti propriamente detti a
migliorìa, i quali si fanno, con termini diversi di durata, tanto per gli
agrumeti come talvolta per la piantagione di olivi, di mandorli, di fichi e di
vigne, ed anche per soltanto spietrare un campo, dai contratti detti d’inquilinaggio,
i quali non si usano che per le vigne, e durano diciannove o più spesso
ventinove anni.
I contratti della prima specie si usano in questa
regione più specialmente per l’impianto di nuovi agrumeti. N’è infinita la
varietà e ogni giorno nascono nuove convenzioni con nuovi patti. Ecco alcune
forme più generali che si usano. Si conviene che debba eseguirsi dal colono la
piantagione di un dato numero di piante di agrumi. Dopo un certo termine di
anni il proprietario gode di una partecipazione di 1/3 o 1/4 nel prodotto degli
alberi piantati; alla scadenza però del contratto, che durerà dieci, quindici o
venti anni, i miglioramenti qualunque si sieno anderanno tutti a lui, senza che
egli debba compenso di sorta. L’impianto della irrigazione è a carico del
proprietario, e le condizioni del contratto variano molto secondo la natura
dell’acqua che si fornisce al fondo, se di noria, di sorgente o di
fiume. Altre volte invece si pattuisce che al termine del contratto, il
proprietario debba dare al colono un tanto per cento — in generale dal 10 al 15
— sui miglioramenti eseguiti nel fondo, e che vengono valutati per mezzo di
perito.
Per la piantagione poi di olivi, alberi da
frutta, o vigne, o per togliere i sassi da un campo, il contratto è
generalmente il seguente: Si conviene un fitto annuo in denaro che deve pagare
il colono, e si stabiliscono le epoche e i modi in cui si debbono fare le
piantagioni. Allo spirare dell’affitto, che è ordinariamente a lungo termine —
di nove anni per la vigna, — si fanno stimare dal perito i miglioramenti
eseguiti sul fondo, e il proprietario deve pagare in contanti al colono la metà
del valore stimato, detratte naturalmente le anticipazioni già fattegli. Questi
contratti però non sono comuni in questa regione, ma li ritroveremo frequenti
nel Siracusano.
Contratto d’inquilinaggio
per le vigne.
Comunissimo
invece è il contratto detto d’inquilinaggio per le vigne nuove da
impiantarsi: anzi si può dire che la maggior parte delle vigne piantate da
vent’anni a questa parte, specialmente al nord di Catania, sono coltivate con
questa forma particolare di colonìa parziaria. La durata di queste convenzioni
è generalmente di ventinove anni, poichè non si ritiene che la vigna renda più
bene al di là di quest’epoca. Il contratto si fa con pubblico strumento. Spesso
si procede nel modo seguente: Il terreno, se grande, vien diviso in partite, e
queste si sorteggiano fra i coloni250. Il padrone talvolta dà i
maglioli per le viti. Il colono deve piantare il vitigno ed è tenuto a tutte le
spese e i lavori occorrenti alla coltura; il padrone avendo diritto di
sorvegliare a che tutto sia fatto a regola d’arte. Per i primi due anni il
colono paga un tanto a ettaro contro la facoltà di seminare fave
negl’interfilari delle viti. Le spese di guardianìa, ossia di custodia
del frutto pendente sono a carico comune. Il colono poi paga al proprietario
per ogni giornata d’uso del palmento, circa 5 lire al giorno. Il prodotto delle
viti si divide quindi a metà tra padrone e colono pei terreni migliori e vicini
alle città o alle grosse borgate, o invece a terzi, di cui due al colono e uno
al proprietario, per le vigne molto lontane dall’abitato, di poca fertilità, o
situate in luoghi malsani.
Giunti ora alla fine del nostro viaggio da
Marsala, lungo la costa settentrionale, fino a Catania, ed esaminati
rapidamente i caratteri principali dei contratti agricoli nelle due zone
maggiori in cui abbiamo diviso l’Isola, non ci resta che da accennare ad alcune
particolarità della provincia di Siracusa, senza però tornar sopra a tutte
quelle condizioni che le sono comuni con le altre provincie da noi già percorse.
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