Capitolo IV.
PROVINCIA
DI SIRACUSA
§ 49. — Caratteri generali.
Nella sua parte montuosa e interna le condizioni generali
della provincia di Siracusa variano poco o punto da quelle delle altre regioni
interne della Sicilia, per quanto riguarda l’oggetto principale dei nostri
studi, cioè a dire i contratti agricoli. Si ritrovano i latifondi gabellati
colla divisione della coltura in tre parti, ossia a terzerìa; e i
contratti di metaterìa e di terratico tra il gabellotto e il contadino. La
pastorizia è più estesa specialmente nella già Contea di Modica, e son numerosi
gli armenti della bella specie bovina conosciuta come razza Modicana; ma ciò
altera le proporzioni delle diverse colture e delle diverse occupazioni dei
lavoranti, anzichè la natura essenziale dei contratti, o la condizione
economica e sociale della classe agricola. Alcune particolarità però meritano
di essere notate.
Coltivazione diretta del
gabellotto.
In primo luogo l’uso per parte dei gabellotti,
che si trova più frequente nel Siracusano che nelle altre provincie siciliane,
di coltivare una buona parte del predio per proprio conto, e con giornalieri
fissati a settimana, o a giorno.
Salari.
Altra cosa da osservarsi è che i salari dei
giornalieri sono nell’interno della provincia e più specialmente del
circondario di Modica, generalmente assai bassi, non passando in media una lira
in tutto; il che contrasta singolarmente col fatto della grande superiorità
della provincia di Siracusa di fronte a tutte le altre dell’Isola, per quanto
riguarda la sicurezza pubblica.
A Modica il salario dei giornalieri, che in tutto
ammonterà a circa una lira il giorno, vien pagato quasi interamente in natura,
e soltanto per una minima parte in denaro; così si darà in media per settimana,
termine per il quale, in quasi tutta l’Isola, si fissano ordinariamente i
braccianti, 17 soldi in denaro, 1 tumolo (17 litri) in grano, più al giorno
1 1/2 quartuccio (litri 1.2.9) di vino, e una minestra di fave la sera. I
giornalieri sono in tutta la provincia la classe più numerosa; forse i tre
quarti della popolazione agricola.
Canone d’affitto in generi.
Notiamo inoltre la particolarità negli affitti
dei latifondi, come pure di molti fondi minori, dell’esser spesso il canone di
affitto dovuto parte in denaro, e parte in generi, il che corrisponderebbe alla
divisione delle colture in pascolo naturale e in coltivazione di cereali.
Quanto alle vigne, che qui si trovano assai
spesso anche nei latifondi, presso il caseggiato centrale della azienda, si usa
diversamente secondo i luoghi e i proprietari: alcuni li affittano insieme col
fondo, altri li ritengono per proprio conto, facendosi prestare soltanto dal
gabellotto gli animali per le arature tra i filari delle viti.
Nella provincia di Siracusa non è raro trovare
dei ricchi proprietari che coltivano direttamente le loro terre, unendovi pure
generalmente qualche fondo vicino che prendono a gabella.
Del resto, anche qui si ritrovano molte delle
caratteristiche già notate per le altre provincie dell’interno; così vi
ritroviamo le colture legnose ristrette generalmente alle sole vicinanze
dell’abitato; e l’accentramento di tutta la popolazione rurale nelle città, da
cui i contadini escono per lo più il lunedì per tornarvi il sabato sera; come
pure la nessuna emigrazione per contrade lontane, ma soltanto al tempo delle
mèssi una migrazione temporanea di lavoranti dalle montagne alle piane di
Catania e di Terranova. Dalla montagna i giornalieri, in alcune epoche
dell’anno, scendono pure a lavorare nelle regioni più basse della stessa
provincia di Siracusa, e dove sono più sviluppate le colture arborescenti. Così
per esempio da Chiaramonte vanno a zappare o vendemmiare nelle vigne di Comiso
e di Vittoria; da Buccheri scendono a Lentini e Carlentini, ricche di agrumi,
di oliveti e di vigne. Di immigrazione da fuori provincia, non v’è che quella
dei Calabresi, per i lavori di espurgo dei fossi e per la pota degli olivi.
Per i lavori della mèsse, si usa in diversi
luoghi della provincia (Lentini, Avola) di impegnare i lavoranti fino dal
gennaio, dando a ciascuno una caparra, generalmente di 5 lire. Il salario vien
poi fissato a giugno dai proprietari; ordinariamente sono i pochi grandi
proprietari della località che stabiliscono il prezzo della giornata, e i
proprietari minori adottano lo stesso saggio. I salari così fissati per la
mietitura, raggiungono in media le 2 lire, più il vino e 1/4 di chilo di cacio.
Per i lavori della mietitura, il padrone divide i lavoranti in tante ciurme,
o brigate, e pone a capo di ognuna come sorvegliante, uno di loro, che
generalmente è scelto dai compagni.
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