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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE SECONDA                       CARATTERI ECONOMICI DEI CONTRATTI AGRICOLI SICILIANI
      • Capitolo I.   LA PARTECIPAZIONE DEL LAVORANTE AL PRODOTTO
        • § 64. — Necessità della consuetudine come barriera alla concorrenza.
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§ 64. — Necessità della consuetudine come barriera alla concorrenza.

Ma tutto ciò non basta. Il Mill ci ha già insegnato come il pregio maggiore del sistema della partecipazione del lavorante al prodotto in agricoltura, sia quello di rendere possibile l’impero della consuetudine, la quale osti come barriera insormontabile alla progressiva diminuzione della parte spettante al lavoro, col togliere l’azione della reciproca concorrenza dei lavoranti256. E difatti senza un tale ostacolo alla mutazione dei patti, senza una legge di opinione pubblica che impedisca al proprietario o all’affittuario di diminuire, ad ogni favorevole opportunità, la quota del lavorante nella repartizione del prodotto, la partecipazione, per quanto riunisca del resto tutte le condizioni già enunciate, non è al più che un ingegnoso strumento nelle mani del capitale, per poter ridurre facilmente il compenso del lavoro al di sotto di quanto, a concorrenza eguale di lavoranti, potrebbe ridursi col sistema dei salari.

E invero col salario, all’infuori del caso di una organizzazione dei lavoranti in apposite associazioni di guerra, domina assoluta la concorrenza, la quale porta in generale alla riduzione della retribuzione della gran massa del lavoro manuale, fino al puro necessario alla vita. E data la necessità della conservazione del lavoro come fattore della produzione, e data, in un determinato tempo e luogo, la misura della regola minore di vita — di quel minimo cioè di comodi della vita sotto il quale il lavorante non accetta di lavorare, anche a rischio di morire di fame, — quel salario minimo possibile sarà in ogni mercato la retribuzione che riceverà una giornata media di lavoro ordinario, senza presupporvi alcun zelo o intelligenza eccezionale.

All’incontro, la partecipazione, al pari del lavoro a fattura, fa sì che il lavorante nella speranza di un maggior guadagno si sforza fisicamente e intellettualmente a produrre quanto più gli è possibile. Ciò può realmente giovare al lavorante medesimo, non meno che alla produzione generale, quando — ed è condizione sine quâ non — sia esclusa la pressione della concorrenza: ma se invece la concorrenza seguita ad esercitare senza freno la sua azione, il guadagno medio del lavorante si ridurrà di nuovo al minimo necessario alla vita; quel minimo però non sarà più il compenso ad un lavoro ordinario, ma bensì ad un lavoro straordinario e soverchio per le forze dell’individuo. In altre parole, nessuno può far sì che il salariato lavori strenuamente mentre lavora, ed egli stesso non ha alcun motivo per sforzarsi, mentre ne ha molti per fare l’opposto; — colui invece che è retribuito colla partecipazione al prodotto, si sforzerà spontaneamente quanto più gli è possibile, e più di quanto possa sopportare la sua salute fisica o morale, e ciò farà nella speranza di guadagnare di più; ma ridotto progressivamente il suo guadagno per opera della mutua concorrenza, egli in fine non riceverà più di chi è salariato, mentre lavorerà di più; il che equivale a dire che in tal caso, a lavoro eguale, il salariato verrà ad essere pagato molto di più del mezzadro. E questa non è teoria, ma è in molti luoghi il puro fatto.

Di più, dato il dominio libero della concorrenza, il salariato potrà più facilmente migliorare la sua condizione, mediante il mutuo accordo tendente a restringere la mutua concorrenza, e questo è lo scopo delle TradesUnions inglesi, e di tutte in genere le Associazioni di mestiere; mentre invece ai mezzadri un’azione comune per ottenere un aumento nelle quote di divisione riesce nel fatto quasi impossibile; e ciò per la grande difficoltà di stabilire la vera media dei guadagni dei lavoranti mezzadri, data la grande varietà nella fertilità naturale o nell’effettiva produzione dei diversi terreni.

Da tutto questo appare come sia condizione assoluta per la buona riuscita della partecipazione a pro del lavorante, che la tradizione, la consuetudine o l’opinione pubblica oppongano una salda barriera ad ogni mutamento dei patti di divisione del prodotto tra il mezzadro e il proprietario.

 

 




256 Vedi: J. S. Mill, Principj di Economia Politica, lib. II, cap. IV, § 2, e cap. VIII, passim. «La consuetudine è, — egli così si esprime, — il protettore più potente dei deboli contro i forti; il loro unico protettore dove non vi siano leggi governo che bastino all’intento».






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