§ 68. — Metaterìe della 1a
zona.
Cominciamo dalle metaterìe nella
granicoltura, che abbiamo trovato dominanti in tutta la prima delle due
maggiori zone studiate nella prima parte di questo scritto. In queste metaterìe
osserviamo come la partecipazione presenti tutti quanti i suoi inconvenienti in
tutta la loro pienezza, e senza che vi sia nessuna di quelle condizioni che,
come abbiamo veduto, possono attenuarne i pericoli.
Qui difatti la coltura è quasi unica, quella del
grano: una sola quindi la raccolta; donde la necessità per il lavorante di
ricorrere normalmente alle anticipazioni o ai soccorsi. La misura minima di
questi soccorsi può bensì in alcuni luoghi essere imposta al padrone dalla
consuetudine, ma restano sempre mutevoli e arbitrari i patti e gli oneri con
cui il soccorso vien prestato. Il padrone quindi, oppure un estraneo, quando il
padrone non voglia o non possa fornire il soccorso, si prende una fortissima
usura, generalmente il 50% all’anno, ossia il 25% per sei mesi, oltre la
differenza di valore tra la qualità inferiore somministrata, e quella superiore
del rimborso che vien preso sul raccolto. Questa usura insomma è tale da
disinteressare quasi affatto il villano nel raccolto finale, poichè tra la
restituzione del soccorso, i frutti da pagare, e gl’infiniti soprusi di diritti
padronali sotto vari titoli, non gli resta più quasi nulla da sperare dalla sua
quota del prodotto. Di qui pel contadino una condizione di continua dipendenza,
la quale gli toglie ogni sentimento di dignità morale, e ogni speranza di
migliorare la sua sorte col lavoro onesto e coll’economia. Egli quasi non tiene
al contratto di partecipazione che per la sicurezza di ricevere soccorsi quando
ne abbisogni, nè si cura del frutto che per questi gli venga imposto: non conta
sul raccolto, quanto sulla garanzia che in vista del raccolto vi è qualcuno
interessato a non lasciarlo morire di fame, e per questa ragione rinunzia con
rassegnazione a un giusto compenso alle sue fatiche.
Il metatiere inoltre, seguendo il generale
avvicendamento agricolo dell’intiero feudo, muta ogni anno o ogni due anni di
podere. Quindi va perduto il vantaggio della mezzadrìa di affezionare il
lavoratore al suolo, come fosse un piccolo proprietario; egli là è sicuro di
non profittare mai di alcun lavoro a scadenza maggiore di un anno. Di più,
quella metaterìa errante rende praticamente impossibile ogni consuetudine, o
esclusione della concorrenza, giacchè i patti si rinnuovano ogni anno, e
potendolo si moltiplicano. Appena se si conservano alcune grandi forme del
contratto, mentre tutti i piccoli patti accessori sono variabilissimi.
Vi è poi nella realtà l’uso contemporaneo negli
stessi luoghi dei contratti di metaterìa e di quelli di terratico o fitto in
grano, sicchè la rinnovazione annua, e annua non soltanto di diritto ma di
fatto, delle metaterìe, riduce i patti di queste allo stesso livello dei
terratici, i quali, come vedremo quando parleremo degli affitti, sono esposti a
tutta l’azione della concorrenza dei lavoratori.
Insomma, senza dilungarci più oltre, basta il fin
qui detto per dimostrare come il metatiere sopporti tutti quanti i danni
accennati al
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