§ 62, cioè: 1° necessità continua e normale di
soccorsi, e come naturale conseguenza uno stato continuo di dipendenza; 2°
esposizione a tutti i rischi dell’industria agricola, senza capitali per farvi
fronte, e 3° difficoltà di smaltire i suoi prodotti, dovendo perciò subire
passivamente tutto il despotismo delle camorre locali. Questo ultimo
inconveniente è in Sicilia reso tanto più grave dalla scarsezza e difficoltà, e
in alcuni mesi dell’anno dall’assoluta impraticabilità delle vie di
comunicazione tra luogo e luogo.
La partecipazione dunque in questa forma di
metaterìa porta soltanto alle seguenti conseguenze: che da un lato il contadino
guadagna il minimo necessario alla vita, ed è esposto a tutti gli effetti della
concorrenza dei suoi compagni, mentre che dall’altro la forma del suo contratto
fa sì che vive la maggior parte dell’anno, non dei frutti giornalieri del suo
lavoro, come il salariato, ma di mutui, di debiti, e quasi di carità,
sottoposto a tutti i soprusi e a tutte le soperchierie, e felice se dopo aver
lavorato e sudato per tutto l’anno, egli all’epoca della raccolta potrà
arrivare a saldare le sue passività, senza dover vendere il mulo, o la
casupola.
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