§ 69. — Mezzadrìe presso le
Petralìe.
Nelle
vicinanze delle due Petralìe, abbiamo veduto258 praticarsi una forma di
contratto che va scevra da molti degl’inconvenienti suaccennati, e che si avvicina
al tipo toscano della mezzadrìa; e difatti gli effetti sulla condizione dei
contadini sono subito sensibili. Però anche qui troviamo l’inconveniente della
mancanza di una legge di opinione pubblica che imponga come in Toscana
l’uniforme divisione dei raccolti, poichè il prodotto della vigna si divide ora
a metà e ora a terzi. Inoltre quei poderi sono in generale troppo piccoli per
dare lavoro sufficiente alla famiglia colonica durante tutto l’anno.
Sarebbe però da ritenersi come un grande
beneficio per la Sicilia, se quel tipo di mezzadrìa potesse estendersi: e gli
ostacoli a ciò non dipendono da condizioni naturali avverse, ma dalle generali
condizioni politiche e morali dell’Isola, e, diciamolo pure, sovrattutto
dall’accidia, dall’indifferenza, dall’ignoranza, o dall’avidità della grande
maggioranza dei proprietari.
Contratto misto.
Un
altro tipo di contratto a partecipazione è quello che abbiamo
trovato259 introdotto in un feudo della vallata di Castelbuono dal barone
Turrisi, e che si ritrova pure praticato in vari siti della seconda zona dove
dominano le colture legnose. Qui abbiamo un contratto misto, di fitto a grano
per i prodotti del suolo, e di partecipazione per quelli del soprassuolo.
Sebbene in qualche singolo fondo tenuto da
qualche ricco proprietario d’indole generosa, questa forma di contratto possa
riuscire utile al contadino non meno che al padrone, non crediamo che, ove
venisse più estesamente praticata, si potrebbe non andar incontro a molti tra gl’inconvenienti
che abbiamo già segnalati come propri dei contratti di natura mista. Ed invero
qui, oltre la mancanza di uniformità nei patti della partecipazione per le
diverse colture, evvi la coesistenza dell’elemento di fitto, la quale espone il
contadino a tutta la pressione della concorrenza, che inevitabilmente, se pure
lentamente, ridurrà ogni giorno più in basso la sua condizione, e lo priverà di
tutti i vantaggi propri della mezzadrìa. Il caso è precisamente analogo a
quello già citato dell’alto Milanese. E come là così pure in questo contratto
siciliano abbiamo tutti i danni che vedremo or ora esser propri del fitto
piccolo, e più specialmente di quello con canone in generi.
Vigne.
Per la coltura delle vigne abbiamo veduto come la
partecipazione del contadino al prodotto sia l’eccezione in Sicilia, e come la
regola generale sia la conduzione per parte del proprietario a economia,
sia direttamente con salariati, sia a estaglio cioè per mezzo di un
cottimante dei lavori. Ma anche nei rari esempi in cui vi è vera mezzadrìa per
la vigna, essa è limitata a questa sola coltura, onde rimane esposta a tutti i
pericoli già segnalati per questo caso; e difatti abbiamo veduto come presso
Alcamo bastasse un ribasso nei prezzi del vino, perchè si dovesse in gran parte
abbandonare per i vigneti il sistema della mezzadrìa. Inoltre, nei casi isolati
di mezzadrìa, tutto dipende quanto ai patti, dall’arbitrio e dall’apprezzamento
del padrone, il quale rilascerà a volontà 1/2, 2/5 o 1/3 del prodotto al
coltivatore; il solo limite minimo essendo quello sotto il quale cesserebbe
l’interesse sufficiente per il contadino di curare zelantemente la coltura dei
vitigni.
Raccolta delle olive, ecc.
Se poi si considerano le partecipazioni speciali
per i lavori di raccolta delle olive, delle mandorle, o delle carrubbe, i quali
si fanno in tutta l’Isola colla preventiva stima del frutto per opera del
perito, e coll’assicurazione della sua quota al proprietario nella quantità
stimata del perito stesso, è facile lo scorgere come qui la partecipazione non
sia che una larva, e come si tratti di una specie di contratto di cottimo per i
lavori di raccolta, in cui la misura del guadagno del cottimante dipende
sovrattutto dalla maggiore o minore perizia o onestà del perito. S’aggiunga poi
che il caso più comune è che quegli che prende a far la raccolta a gabella,
ossia il cottimante, non sia un contadino, ma uno speculatore che impiega poi
dei giornalieri per eseguire il lavoro. Nè quel poco di elemento di
partecipazione che possa esservi in contratti siffatti presenta alcuna di
quelle condizioni che valgano a frenare l’azione libera della concorrenza, la
quale se non si mostrerà sempre quando si contratti con speculatori
capitalisti, non mancherà di farsi valere ognivoltachè si tratti di semplici
villani.
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