§ 83. — Azione dello Stato.
Nel parlare della missione attuale dello Stato
per il miglioramento della condizione dei contadini in Sicilia, non intendiamo
occuparci di tutte quelle questioni astratte ed astruse sui limiti ideali
dell’azione di uno Stato ideale, che tanto hanno agitato le menti in Italia in
questi ultimi tempi, e con così poco profitto per chicchessìa; ma ci proponiamo
invece di esaminare fino a che punto lo Stato italiano possa e debba, senza
ledere nessun precetto dell’Economia politica, e in forza dei principii di
questa scienza, giovare col suo intervento al miglioramento economico di una
classe importante della popolazione; e di studiare dove esso abbia lo stretto
dovere di riformare la sua azione presente, perchè contraria all’interesse
generale.
Il campo dell’azione dello Stato è ristretto, non
perchè essa sarebbe illegittima, anche se dovesse intaccare l’istituzione della
proprietà privata territoriale nella sua forma attuale, ma perchè riescirebbe
generalmente inefficace, e perchè gli ordinamenti e gli strumenti dello Stato
nostro sono ancora di molto troppo imperfetti.
Teniamo però sgombra la mente da ogni
preconcetto.
Proprietà privata del
suolo.
La
proprietà della terra è un monopolio, poichè la terra «esiste in quantità
limitata, e non è suscettibile di aumento. Ora, quando lo Stato permette che un
monopolio o naturale o artificiale cada nelle mani di privati, ha il diritto e
l’imprescindibile dovere di sottoporre l’esercizio di quel monopolio a
qualunque regola sia richiesta dal pubblico bene. Tale regola è più
particolarmente necessaria, quando lo Stato ha permesso a persone private di
appropriarsi la sorgente da cui l’umanità deriva, e deve necessariamente
continuare a derivare la propria sussistenza»263.
Ammenochè
si voglia far riposare il diritto sulla forza, la proprietà privata del suolo
si fonda sul solo principio che l’interesse individuale sia lo stimolo più
potente alla produzione, e che quindi la proprietà privata sia il mezzo più
efficace per ricavare dal suolo quanto più possibile per il bene della
comunità. «Ma questa teoria, sebbene abbia fondamento nella verità, non è però
affatto vera in assoluto; e i limiti alla sua verità debbono essere i limiti
alla sua pratica applicazione»264. E se dal punto di vista della stessa
produzione fa difetto talvolta la coincidenza tra l’interesse privato dei
proprietari, e l’interesse pubblico; tanto meno una tal coincidenza si ritrova
costante per quel che riguarda la distribuzione.
Onde risulta che lo Stato ha il dovere di
regolare quell’istituto della proprietà privata della terra da lui creato e
sanzionato, in modo da renderlo consentaneo al fine stesso che solo può
giustificarlo, cioè al bene generale. Ciò diciamo fin da ora, non per
argomentarne come logica conseguenza che debbano necessariamente o possano
utilmente introdursi importanti restrizioni al diritto della proprietà privata
territoriale come ora esiste, ma per spazzare il terreno da quei preconcetti
tanto comuni, i quali come per tanti altri privilegi, hanno creato una specie
di diritto divino della proprietà privata del suolo.
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